La strada dei Pantani è un lungo nastro di asfalto, circa 6 chilometri: realizzata alla fine degli anni sessanta, questa infrastruttura, importantissima e vitale per l’economia e la mobilità dell’intero territorio, fu concepita inizialmente al servizio di un sistema agricolo rurale che, sebbene dotato di potenzialità, stentava a svilupparsi. Venne poi il tempo delle fabbriche e dei miraggi occupazionali, ed allora… l’industria conserviera, la cartiera, la società di autotrasporto e, poco tempo fa, l’area di insediamento artigianale P.I.P.
Il tracciato segue quello delle originarie strade vicinali con poche varianti, ed attraversa ben quattro comuni: Pietramelara, Riardo, Pietravairano e Vairano Patenora.
Lo stato dei luoghi attraversati è molto variato dal secondo dopoguerra ad oggi: uno sguardo alla foto di copertina di quest’articolo, degli anni ’50, ne può dare un’idea; si tratta del punto più basso della piana, e quindi quello in cui le falde acquifere sono più vicine al piano di campagna. Sino agli anni sessanta era molto difficile, a volte impossibile, se non pericoloso e temerario, avventurarsi nella zona dei pantani nei mesi invernali; quelle che si formavano erano vere e proprie paludi, profonde in qualche punto oltre due metri, alcuni raccontano anche di insidiose sabbie mobili . L’aspetto era quello di una zona umida, che ospitava anche trampolieri di passo: oggi si direbbe degno di “forte interesse naturalistico” ma, per le povere famiglie residenti in quelle masserie, la morfologia del territorio rappresentava invece un forte limite, e si concretizzava nell’isolamento per vari mesi l’anno. Si deve dire oggi che gli allagamenti sono ormai un ricordo, perché da una parte opere collettive di drenaggio hanno abbassato la falda, dall’altro ingenti emungimenti di acqua per scopi civili, agricoli e industriali hanno fatto il resto.
Tanto premesso, si capisce quale innovazione rappresentò allora la realizzazione di tale arteria viaria che attraversa l’intera piana in senso sud/nord: i collegamenti si fecero frequenti da impossibili che erano, buona parte di quei contadini prese la patente e si dotò di un’auto e, grazie alle macchine agricole, fino a quel momento poco utilizzabili, la particolare fertilità della piana venne esaltata. Col passar del tempo, poi, l’importanza della strada si accrebbe anche per le immancabili evoluzioni sociali e nell’economia di cui si è parlato sopra.
Qual è all’osservatore di oggi lo stato di manutenzione dell’ opera, che sostiene tutto il traffico verso Vairano, sede di scuole, commerci e uffici? I miei quattro lettori conoscono bene la risposta: buche, profonde a volte 10/20 cm provocano danni meccanici, e se ci si mette la sfortuna anche conseguenze più serie. Rappezzi maldestri un po’ lungo tutto il tracciato, e con le piogge intense la pericolosità si acuisce, perché le buche, una volta piene di acqua, celano del tutto le insidie. La Provincia, ente competente, ha provato a mettere le ennesime pezze e ripavimentare integralmente qualche centinaio di metri ma, sprovvista delle risorse necessarie non è in grado di intervenire in modo risolutivo. In che modo allora far fronte al problema?
Non è il momento di far polemica: ritengo che i quattro comuni debbano mettere insieme uomini e risorse, riportare la strada nelle rispettive competenze, elaborare una progettazione unica e restituire al più presto dignità alla’opera e serenità e sicurezza a chi la percorre.
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