Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

venerdì 2 dicembre 2016

CASERTANO: ATTENTI ALLE TRUFFE

Da qualche tempo e sempre più frequentemente capita che in ristoranti, bistrot, agriturismi o esercizi affini vengano proposti agli avventori piatti e pietanze a base di carne suina di “maialino casertano”. Va detto al proposito che prima di tutto che vi è una grossa imprecisione nella dizione pluriabusata “maialino casertano”, che maialino non è in quanto si tratta di un animale di una certa taglia e i cui soggetti giungono generalmente al macello ben oltre la stazza di cento chilogrammi, e che sarebbe molto più corretto, anche non volendo usare l’acronimo scientifico Tga (tipo genetico autoctono), parlare di “suino di razza casertana”, denominato nel territorio di origine anche Pelatella, Napoletana e Teanese. E’questo un animale dalle caratteristiche molto particolari e diverse dai soliti suini alla cui immagine siamo abituati: di taglia medio-piccola, con pelle nera o grigio-ardesia,setole rade e sottili, talvolta raggruppate a formare ciuffetti specialmente sul collo, sulla testa e all’estremità della coda.
Ma la cosa veramente curiosa è questa: siccome dalle nostre parti è sempre più rara la proposta di carni suine di origine“dichiaratamente diversa” dalla casertana, vuoi vedere che le altre razze sono in corso di estinzione o, addirittura, estinte?
Bando alle facezie e alle battute, ritengo che l’interesse mostrato da ristoratori e consumatori nei confronti della razza suina che ha preso origine proprio dalle nostre parti, sia ormai un fatto consolidato. E quando qualcosa diventa di moda è ovvio che la si corra ad imitare; attenzione quindi alle eventuali truffe: non tutto ciò che viene spacciato per “casertano” lo è in realtà!
Al contrario, la sensazione che ho colto nel guardami intorno è che le aziende che si dedicano a tale di tipo di allevamento, dopo un iniziale boom risalente a circa un decennio fa, vanno sempre più contraendosi nel numero e, di conseguenza, anche le produzioni divengono di giorno in giorno sempre più esigue.Il problema maggiore consiste nella limitata redditività di tale tipo di allevamento, perché i costi di produzione sensibilmente superiori alle altre razze non vengono remunerati adeguatamente da un prezzo maggiore rispetto a quello degli altri suini commerciali; ne deriva una scarsezza di soggetti da immettere sul mercato delle carni fresche o da trasformare in pregiati salumi. Il sogno di qualche allevatore di trovar fortuna allevando il “casertano” si è infranto quindi contro una dura realtà. Certo, in talune condizioni particolari, quali ad esempio estesi boschi di querce o di castagno selvatico, il costo di produzione scende notevolmente e il pregio delle carni ne guadagna, perché un maiale allo stato semibrado, che grufola ghiande o piccole castagne trovate direttamente sul terreno, cresce quasi a costo zero producendo carni saporitissime. Ma sono veramente poche le aziende in cui ciò può avvenire!
La razza suina casertana, si avvia pertanto a rimanere la materia prima per uno o più prodotti“di nicchia” e difficilmente si possono prevedere espansioni notevoli del comparto, con positive ricadute diffuse sull’economia locale. Come difendere i consumatori e gli operatori economici effettivamente interessati alla valorizzazione di questo particolare allevamento? La “parolina magica” è anche in questo caso la tracciabilità: solo con la conoscenza dell’intero percorso dalla stalla al banco del supermercato, si possono offrire credibili garanzie ai consumatori.L’originale suino di razza Casertana, oggi è tutelato dal Registro Anagrafico (RA) dei Tipi Genetici Autoctoni dell’Anas (Associazione Nazionale Allevatori Suini) e gestito in Campania dall’Arac (Associazione Regionale Allevatori della Campania), ma manca un disciplinare di produzione per le carni fresche e per i salumi, che definisca con chiarezza la materia prima e la tecnica di trasformazione. In passato qualche istituzione sul territorio ha cercato di intraprendere tale percorso, ma poi esso non è stato mai portato a compimento. Un certo disinteresse degli allevatori, derivante dalle cocenti delusioni subite,ha fatto il resto, e oggi incombe il pericolo di un comparto in cui ci guadagna solo chi è meno onesto.

Sullo stesso argomento, in questo blog: "IL DIO NIGLIU" (http://scribacchiandoperme.blogspot.it/2012/12/il-dio-nigliu.html) e "Una mattina di gennaio un sacrificio pagano" (http://scribacchiandoperme.blogspot.it/2012/01/una-mattina-di-gennaio-un-sacrificio.html)

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