Cos’è un augurio? Dal dizionario leggo: “desiderio espresso a qualcuno affinché si realizzi o che gli accada un evento piacevole”… e stamattina sarà (pioggia permettendo) tutto un risuonare per strade, vicoli e piazze di tali “desideri” espressi, più o meno, con sincerità. Un desiderio di bene proiettato nel futuro, quindi, possibilmente “prossimo”, vicino all’attualità.
Cosa di bello, allora, può desiderare un “blogger di paese” per i suoi quattro lettori, che distrattamente lo seguono ormai da due anni, anche da remoti angoli del pianeta? Come augurare la Buona Pasqua?
Il mio vuole essere, si intenda, un augurio da “pensiero debole”, lontano da riferimenti sociali, già troppo presenti “di loro” su tutti i media… non me ne vogliano tutti gli altri, poi, ma il mio augurio è rivolto alla comunità di Pietramelara, diffusa almeno in quattro continenti, ma il cui nucleo si conserva ancora nel millenario borgo dell’alto casertano…
…ed allora: che possa cambiare il tempo, quello meteorologico, e che esso si rimetta al bello, in modo da poter onorare come dovuto la tradizione della Pasquetta; la pioggia, per quanto benefica ci ha veramente esauriti e non ne possiamo più di alzare gli occhi e vedere cieli grigi.
Che ogni pietramelarese, trapiantato altrove per lavoro, studio o necessità, possa vivere questo giorno memore delle Pasqua e delle pasquette, trascorse in allegria tra i nostri campi, nelle nostre contrade, tra una "‘mposta" (merenda con due fette di pane sovrapposte e companatico tra esse, NDR), e un bicchiere di vino generoso; e chissà, poter ritornare, a breve, ancora una volta nel proprio paese, per respirare quell’aria di casa, a volte umida e fredda anche di questi tempi, calpestare le stesse basole, percorrere le stesse stradine di campagna ed gli stessi vicoli dell’antico borgo, ritrovare i volti deglii amici che hanno resa leggera e piacevole l’esistenza, saperli in buona salute.
Che ogni pietramelarese che ha scelto di restare, invece, trovi sempre le conferme di una scelta opportuna, fatta a suo tempo, senza ripensamenti e/o pentimenti di sorta.
Che ad ognuno giungano tanti auguri sinceri, simbolo di coesione e fratellanza, con ogni mezzo, preferibilmente quello più diretto “de visu”, ma anche via telefono, internet, posta elettronica, sms e quant’altro: il progresso fa ormai parte di noi e non dobbiamo dimenticarlo.
Che la salute, fisica e mentale, “dulcis in fundo”, sia sempre a buon livello, per poter vivere con la propria famiglia la Pasqua, la pasquetta e tanti altri giorni sereni.
BUONA PASQUA PIETRAMELARA
Scribacchiando per me
domenica 31 marzo 2013
domenica 24 marzo 2013
LA SETTIMANA SANTA (o quasi)
Per noialtri “rurales”, ragazzotti cresciuti per strade e vicoli di paese, il ricordo della settimana santa si concretizza in tutto un rincorrersi di appuntamenti sospesi “fra il sacro ed il profano”.
Si cominciava già da molto tempo prima a preparare le “Vie Crucis”, da recitare in piedi su una sedia (ed a memoria) nelle sere di lunedì, martedì e mercoledì. La preparazione, severa ed accurata, si teneva presso la dimora patrizia delle signorine de Ponte, sul paese alto; poi in occasione delle brevi (si fa per dire) processioni ognuno di noi, a turno, recitava le riflessioni che aveva mandato giù a memoria; la statura bassa e la grande folla partecipante avevano indotto l’uso della sedia, un po’ podio ed un po’ palcoscenico ambulanti, e per questo motivo, infatti, ad un adulto veniva affidato l’incarico di recare con se la sedia per l’intera durata.
Poi le funzioni, giovedì, venerdì e sabato santo, precedute dalle cosiddette “prove” imposteci dal compianto Don Pasqualino in mattinata: il parroco non disdegnava di passare alle maniere spicce quando qualcuno di noi chierichetti si dimostrava eccessivamente disinteressato, discolo o distratto. Ancor prima, ad ognuno di noi era stata affidata la “cotta” che, a cura delle mamme veniva previamente lavata ed accuratamente stirata. La sera del giovedì era tutto un andirivieni di famiglie al completo che visitavano, nelle tre chiese i “sepolcri”, addobbati con il caratteristico grano filiforme, fatto germogliare ed allevato nell’oscurità (vedi foto).
La sera del venerdì santo la solenne processione del Cristo Morto insieme all’Addolorata; si trattava di un cammino lungo e faticoso e, siccome si teneva di notte, i partecipanti venivano muniti di fiaccole; dovete sapere, miei cari quattro lettori, che si trattava di fiaccole vere e proprie, capaci di una luce molto intensa, e non delle attuali candele. Qualcuno di noi, dopo la processione, portava con sé la fiaccola non ancora del tutto consumata, perché nel giorno di lunedì in albis, aveva intenzione di farsi luce, mentre esplorava le “rutti” (le grotte di Seiano) circondate, allora come oggi, da un alone di leggenda.
Tutto terminava, infine, con la Pasqua la Pasquetta; quest’ultima giornata era (ed è) dedicata alle uscite in campagna ed in montagna: le “rutti”, appunto e, per i più avventurosi ed atletici, la Madonna a Fradejanne e San Salvatore, passando per le “Fosse della neve” (va sottolineato che allora la panoramica non esisteva neppure come tracciato). Passando accanto ai luoghi dove bivaccavano le comitive si poteva apprezzare l’odore e, a volte, il sapore di quello che avevano portato con sé: avanzi del ricco pranzo pasquale, salumi fatti in casa, frittatoni di asparagi che, solo a vederli, inducevano una abbondante salivazione. E se poi, come di frequente, pioveva, si provava a riparare in qualche masseria abbandonata; “galeotta” quella interruzione della pasquetta per motivi meteorologici! Era frequente infatti il caso di coppie che approfittavano della cosa per appartarsi tra mura crollate e solai semipericolanti, mettendo a repentaglio la propria e la altrui incolumità.
lunedì 18 marzo 2013
19 MARZO
19 Marzo: “Festa del Papà”. E’ una faccenda di recente introduzione, non ricordo infatti la sua esistenza quando portavo i calzoni corti, e penso che chi l’ha istituita ha voluto che venisse celebrata nel giorno di San Giuseppe, in onore del padre “putativo” di Gesù.
Ma cos’è: una ricorrenza, una festa, o un’occasione come un’altra per dar sfogo a quell’anima consumistica che, nonostante la crisi, resiste in noi? Mah…e, per noi, i “festeggiati”, quale significato essa assume?... cosa, infine, comporta l’esser padre, l’essere chiamati papà, o “babbo” come in qualche dimora di gente altolocata?
Per me, prima di tutto, significa tener ben presenti i valori che mi sono stati trasmessi e, nella misura in cui ritengo che essi siano valori forti e positivi, trasmetterli a mia volta: responsabilità.
Essere padre è una fonte inesauribile di emozioni, che partono dalla prima infanzia dei figli e li accompagna man mano che crescono, fino a quando, per lavoro, studio o per amore lasceranno la casa; la febbre di un bambino, un voto a scuola particolarmente bello o particolarmente brutto, i primi amori, la laurea, il matrimonio, sono questi i motivi di trepidazione da condividere: si gioisce e si piange insieme! Emozioni.
Essere padre comporta il rimanere sveglio fino a tarda ora, fingendo di dormire, per aspettare che quel portone di ingresso si apra e appena dopo si richiuda pian piano, nella pia illusione di non essere sentiti: ansia.
Qualcuno ha sentenziato: “I figli si baciano solo quando dormono”, forse non è proprio così!... ma un po’ di severità la si deve pur dimostrare, ed allora quante volte si deve fare il volto scuro per assumere un atteggiamento “da padre”; ed i padri, ve lo assicuro, soffrono per quelle “correzioni di assetto” che sono costretti ad operare, anche di più di coloro ai quali le correzioni stesse sono destinate: affetto.
Un mestiere difficile e delicato, quello del padre, lo è sempre stato; ed oggi di sicuro lo è ancora di più, in un contesto privo di riferimenti e connotato da crisi economiche, culturali e sociali; essere padre oggi e crescere dei figli, il cui avvenire diviene sempre più incerto, si traduce in un’apprensione a media/lunga scadenza, anche perché si corre il rischio che ogni sacrificio destinato alla crescita (in ogni senso) di un figlio, possa essere, prima o poi, da lui rinfacciato alla stregua di una colpa: insicurezza.
Responsabilità, emozioni, ansia, affetto, insicurezza: essere padre è, infine e comunque un’esperienza meravigliosa, degna di essere vissuta, giorno per giorno, attimo per attimo, nella convinzione che coloro che stanno crescendo sono il più grande dono che la vita ci abbia potuto fare.
AUGURI A ME, AUGURI A TUTTI VOI
sabato 9 marzo 2013
MARZO PAZZERELLO
Stamattina sembra proprio che il sole ce l’abbia con me, che mi faccia i dispettucci: sto qui alla tastiera del PC, mio amico e confidente, ed ecco che Lui bello, gioioso e caldo mi attrae con i suoi raggi che entrano dalla finestra di fronte; allora esco, comincio a preparare il necessario per le opere che mi attendono, e Lui – beffardo- si cela dietro un nuvolone grigio cupo e gonfio di pioggia: non ho alcuna voglia di bagnarmi come è accaduto nei giorni scorsi a Caserta e Napoli, pertanto rientro. Mi risiedo al PC, tanto per scrivere qualcosa o leggere qualcos’altro, ed rieccolo tornare a splendere , ma di uno splendore ancora più acceso e caldo.
“Marzo pazzerello, vedi il sole e prendi l’ombrello” recitava un vecchio adagio imparato tra i banchi di scuola… la cosa non dovrebbe destare novità, quindi, ma oggi sembra proprio che si esageri!
Ho imparato con gli anni a metabolizzare le negatività derivanti dalla frequentazione di persone dall’umore mutevole, per molti versi simili, nel comportamento, al sole di stamattina, ma, sul momento, sia le une che l’altro incutono nervosismo, perché non sai quale comportamento adottare con essi.
Per fortuna viene in mio aiuto la preziosa filosofia “del pensiero debole” che mi induce a vivere alla giornata, ad apprezzare il sole bello com’è, quando splende, e ad aspettarlo di nuovo quando è celato dietro le nubi.
MEDITATE GENTE, MEDITATE
sabato 2 marzo 2013
SOGNANDO LA PRIMAVERA
La primavera è alle porte, ma di “rondini al tetto” manco l’ombra. Non è ancora il tempo?... sicuro, si ma almeno un po’ di quel sole caldo, capace di riscaldare lo spirito oltre che il corpo, vorremmo vederlo. E così, gli ultimi strascichi di una stagione più autunnale che invernale si ostinano con protervia a mantenere le posizioni.
Non è un bene!... tutte le attività sono rallentate e anche chi si diletta di “cose di campagna” (res rusticae) è costretto ad una immobilità attendista.
Ed allora, in questi giorni in cui le problematiche di ufficio non ci attanagliano, grazie ad un singolare paradosso, siamo ancor più rosi dalla rabbia e dalla voglia di fare; si, ma questi sono sentimenti positivi, guai a noi quando al loro posto subentra quella ipocondria malinconica e “meteoropatica” che ci rende scuri in volto e corrucciati nell’animo.
A volte mi ritrovo a sognare di sudare sotto il sole cocente di giugno/luglio nelle ore intorno al mezzogiorno, quando i raggi arroventati ed il lavoro fisico che stai cercando di portare a termine , insieme alle mosche più noiose, ti rendono simile a quello che dalle nostre parti viene definito “acciaom’”, versione dialettizzata dello “Ecce Homo” di evangelica memoria (Giovanni 19, 5): il Cristo appena flagellato pronto ad essere condotto sul Calvario.
I miei quattro lettori, tuttavia, sanno bene che questa spasmodica voglia di sole e di caldo è comunque contemperata dall’ormai famosa filosofia del “pensiero debole” che professo con convinzione e che mi induce alla pazienza e alla sopportazione di questa ed altre tante piccole negatività che la vita di ogni giorno ci propina.
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