“Quantunque gradevole sia sempre a Maria o che si venerino con parzialità le sue allegrezze, o che si onorino i suoi dolori, sendo (essendo, ndr) sempre segno di vera amicizia congratularsi coll’amico sì delle sue gioie che prender parte alle di lui sventure , tuttavia, a parere di Sant’Agostino, mostra più attenzione chi viene in soccorso degli affanni, che quegli che faccia compagnia nei gosimenti” con questo pensiero Monsignor Vincenzo de Ponte, Protonotario Apostolico e Penitenziere della Cattedrale di Teano, inizia il suo diario, tenuto dal 1853 fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1885. Il diario tratta della propria donazione del gruppo scultoreo dell’Addolorata (cfr. immagine di copertina) alla Chiesa di Sant’Agostino in Pietramelara, opera dello scultore napoletano Arcangelo Testa, nonché della festa civile e religiosa che si è poi regolarmente tenuta anche dopo la sua morte, nel mese di ottobre, con qualche breve interruzione dovuta a fatti storici, come ad esempio avvenne nel 1860, in occasione del processo di unificazione “Nell’anno 1860 a causa delle turbolenze del governo, e perché nel mese destinato alla festività di Maria Addolorata della pietà il paese tribolato dall’orde borboniche, le quali essendo qui accantonate in numero stragrande , e non bastando al loro alloggio le case de privati la nostra Chiesa di AGP, quella cioè di S. Agostino (chiamata anche con quel nome) fu occupata come quartiere, non potetti perciò al solito far celebrare l’annuale festività. Quindi nella speme di una pace duratura all’ombra della sabauda Croce sotto il regime di Savoia la farò, a Dio piacendo, più sontuosa celebrare al prossimo anno 1861”. Il de Ponte nutriva simpatie filounitarie e filosavoiarde, quindi, anche se poi si dovette in qualche modo ricredere quando gli italiani presero Roma, annullando il potere temporale del papato “Coll’occasione di’esser stato in Roma facendo parte del gran pellegrinaggio Italiano, che a prestar omaggio di divozione e filiale venerazione al Sommo regnante Pontefice Leone XIII, e per una dichiarazione del Mondo cattolico di molto affetto alle Sante ceneri del gran Pontefice Pio IX insultate villanamente da taluni miscredenti nella notte del 13 luglio quando dal Vaticano venivano trasportate in S.Lorenzo fuori le mura”. Il triduo nel periodo “precalstelpetrosiano” si tenne sempre e comunque in Sant’Agostino, fatta eccezione per il citato motivo nel 1860, e nel 1863 in cui ci fu un crollo parziale della volta “Caduta la lamia della Chiesa di sant’Agostino nel mese di luglio di quest’anno corrente per celebrare la festa della SS,ma Addolorata ho dovuto portare la statua di notte alla Chiesa di San Rocco , e quindi col concorso di tutto il clero ‘o fatto la solita festa”.
Come già si è potuto scribacchiare su questo blog, il culto dell’Immacolata a Pietramelara, che poi ha dato luogo in tempi più recenti al pellegrinaggio al Santuario Mariano di Castelpetroso (IS), si fa risalire appunto alla donazione dell’opera, ed ha avuto considerevoli sviluppi se, a distanza di circa centosettant’anni resiste imperterrito nel numero. In questi giorni, nella Chiesa di Sant’Agostino, tanto cara a tutti noi, si celebra il triduo solenne che si tiene ogni anno; nell’ottocento in ottobre, attualmente, e da quando è iniziato il pellegrinaggio in marzo, per commemorare, appunto l’apparizione della Vergine a due pastorelli avvenuta precisamente il 22 marzo 1888, cioè a distanza di un trentennio dalla donazione stessa; e proprio tale data “il ventidue di marzo” che viene ricordata nel canto che accompagna sia il triduo che il pellegrinaggio.
In tempi “normali”, precedenti la pandemia che ci affligge da più di un anno, il pellegrinaggio si teneva nel maggio, percorrendo in origine 90 chilometri, oggi ridotti considerevolmente in virtù delle infrastrutture stradali realizzate nel frattempo. Fu la comunità di Roccaromana ad iniziare il pellegrinaggio, tuttavia dopo qualche anno ci fu un passaggio del testimone alla vicina Pietramelara, grazie all’impegno dell’Arciprete Domenico Lombardo e di un gruppo di persone a lui vicine, tra le quali va ricordata la figura di Zì Salvatore Vitale, un contadino che, con semplicità e grande spirito aggregativo, ha guidato il pellegrinaggio sino alla sua morte .
Le notizie storiche
sono tratte dal diario tenuto da Monsignor de Ponte, e continuato post mortem dal fratello
Domenicantonio (1853/1896), e dalla pregevole pubblicazione di Pietro De Simone
dal titolo “Cronistoria di un Pellegrinaggio” (1985)