Ci riempie senz’altro di gioia e soddisfazione la recente notizia della concessione del congruo importo da destinare ai lavori per il restauro del nostro Palazzo Ducale e, allo stesso tempo, fa sorridere la polemica tra la maggioranza e l’opposizione consiliare, per contendersi l’effettivo merito del finanziamento: per chi scrive, l’importante è che il finanziamento sia realmente disponibile, per fare in modo che il bene riacquisti la dignità perduta in un sessantennio di abbandono.
Il progetto di restauro e valorizzazione del Palazzo Ducale di Pietramelara era già stato inserito nell’elenco degli interventi ammessi al finanziamento nell’ambito del progetto “Bellezz@ – Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati” a cui il governo nazionale ha destinato circa 150 milioni di euro. Alcune farraginosità burocratiche hanno fatto temere la perdita del finanziamento ma, con l’emanazione di un nuovo decreto per la proroga dei termini per la presentazione della documentazione, e la trasmissione di essa per una valutazione complessiva, è stato emesso il DPCM 3 settembre 2019, pubblicato di recente, con il quale vengono definitivamente assegnati 987.600 euro al Comune di Pietramelara.
Fatto iniziare nel tardo rinascimento dai Monforte, prima ancora che gli aragonesi assediassero e saccheggiassero la terra, arricchito da un sontuoso giardino, conservatosi sino agli anni sessanta, il “Pomaro”, e da una chiesa satellite, l’Annunziata, il nostro Palazzo Ducale è un monumento imponente nel vero senso della parola: pochi edifici della nostra provincia, infatti, possono competere con esso per dimensioni. Dal momento della sua realizzazione, ultimata presumibilmente verso la metà del XVI secolo, è cominciata l’espansione urbanistica di Pietramelara nella parte pianeggiante. Suggestive ed antiche leggende popolari parlano di passaggi segreti e trabocchetti nei suoi sotterranei; quella che è certa è senz’altro la sua destinazione d’uso: dalla documentazione disponibile emerge che esso nel periodo di massimo splendore era un’unità produttiva agricola, una sorta di brulicante villaggio all’interno del quale convivevano il signore e la sua famiglia, insieme ad amministratori, stallieri, giardinieri e contadini.
Nel XIX secolo il palazzo fu teatro della visita ivi compiuta da Ferdinando II, sovrano delle Due Sicilie, il giorno 7 maggio 1836, il cui ricordo (sbiadito) si ritrova sulla piccola lapide posta all’ingresso del nostro Palazzo Ducale. Il sovrano si voleva accertare delle condizioni di salute del Duca Lucio Caracciolo, ma in fondo voleva anche sincerarsi della sua fedeltà alla corona borbonica.
Ritengo che la denominazione “Palazzo Paternò-Caracciolo”, attribuita dalla stampa locale e dall’uso comune al monumento sia impropria : il palazzo, dal settecento in poi è stato dei Caracciolo! Più corretto sarebbe pertanto parlare di Palazzo Caracciolo, prova ne sia il fatto che il grande stemma nella volta dell’androne rimane quello dei Caracciolo, anche se per molti resta più semplicemente “ju palazzu r’ju marchese”.
Per la storia, nel 1867 Don Giovan Battista Paternò , Marchese del Toscano, sposò a Napoli Donna Teresa Maria Annunziata Caracciolo, V Duchessa di Roccaromana: gli eredi, pertanto portavano il cognome Paternò ma recavano un titolo ed un patrimonio da secoli dei Caracciolo. Nel patrimonio anche il palazzo e i latifondi di Pietramelara; negli anni ’60 del XX secolo, a causa di difficoltà finanziarie della famiglia, il palazzo fu smembrato e venduto, e gli arredi si dispersero in mille rivoli. Il resto è storia recente, di abbandono e degrado, fino all’acquisizione qualche anno fa parte del piano nobile effettuata dal comune.
Si spera che le risorse economiche derivanti dal finanziamento vengano spese con scrupolo e rigore, allo scopo di restituire a Pietramelara un monumento con grande valenza di identità comune.
Ottimo commento !
RispondiEliminaHo riletto volentieri quest'interessante articolo..
RispondiEliminaHo riletto volentieri questo interessante articolo.
RispondiElimina