L’odore del Borgo, di quello con la “B” maiuscola, del mio antico borgo, è quello di pietre semiammuffite, a volte ricoperte da un muschio sottile, a volte affumicate. Sono pietre quelle che ne hanno visto di tutti i colori: guerre e distruzioni, antiche e moderne, terremoti... certo, ma anche occasioni fauste: matrimoni, nascite di bambini, stabilirsi di legami di vicinato. L’odore del borgo proviene da un ragù lasciato su fuoco per ore a consumarsi. Odore di storia, ma anche e soprattutto odore di vita perché, non dimentichiamolo, il nostro è un borgo vivo!
Sono questi gli odori che ho avvertito in questi ultimi, serrati sei/sette giorni. La preparazione della Sagra al Borgo inizia mesi prima della sua effettiva “celebrazione”, e di celebrazione si tratta perché quest’evento ha ormai assunto il tono e la sacralità di un rito, la 47sima edizione si è consumata e definirla “un grande successo” è forse anche un po’ riduttivo. Sei/sette sono stati i giorni cruciali: dalla domenica precedente, con il convegno di presentazione alla stampa, sino al momento conclusivo, ieri notte. In questi giorni gli animi sono stati tesi, ognuno si è indaffarato per portare a compimento il proprio pezzo di sagra: le cucine, la comunicazione, le coreografie e i costumi, la contabilità, i rapporti con le istituzioni. Si è sudato e tanto, si è imprecato, soprattutto si è faticato, ma tutto poi si è dissolto la sera, quando verso la mezzanotte, la pressione degli avventori si è allentata sulle casse e le cucine, e ognuno ha dato libero sfogo al ballo, al canto e all’allegria; chi non ha visto mai la Sagra “dietro le quinte”, chi non ha mai collaborato a questo evento difficilmente comprenderà quella voglia di cantare, stare insieme, prendersi in giro a vicenda.
Non è compito del vostro blogger scribacchiante riportare espressioni a sensazione quali “risultati insperati perfino dagli organizzatori”, “successo senza precedenti”, sarebbe troppo facile e auto laudativo, tuttavia va riconosciuto il giusto merito a chi di dovere: al presidente Francesco Tabacchino, un ragazzo diventato uomo con il piglio dell’imprenditore, che però ha saputo conservare un cuore da fanciullo, ai tantissimi giovani e ragazzi fonte di un’inesauribile energia, ai dirigenti e soci della Pro Loco.
Lo spirito dell’iniziativa, la filosofia di base che ha portato alla progettazione, all’organizzazione e alla tenuta della sagra, è stato reso evidente dalle considerazioni espresse da Giuseppina: “un perfetto mix di innovazione e freschezza senza togliere spazio a radici e tradizioni, che sono la nostra base solidissima. Grandi e ragazzi insieme, con un costante scambio di ruoli. Ebbene, la nostra forza è il senso di appartenenza, quella "pietramelarite acuta" di cui tutti soffriamo, quel sentirci al sicuro, protetti solo tra le pietre del nostro centro storico”.
Perfetto mix che si ritrova nelle proposte di cucina più recenti, come la richiestissima braciola di Elio, o i fagioli “maiulisi” (da montemaiulo, termine dialettale che indica il nostro Monte Maggiore, ndr) di Agnese, ma anche nell’aver dato spazio accanto all’offerta ludica e gaudente, anche a spazi di cultura ed approfondimento, come per l’allestimento museografico della “casa rurale”, a cura di Antimo e Carmelo, oppure nei tre incontri relativi al “Percorso del Gusto”.
Chi opera bene e se ne rende conto non è mai completamente soddisfatto!... pertanto già da adesso si comincerà a pensare alla Sagra al Borgo 2020, facendo leva sui successi e tenendo in massimo conto gli errori che inevitabilmente si sono commessi.
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