E’ una realtà con la quale fare i conti: anche comuni che nell’immediato passato hanno costituito realtà importanti, con premesse di sviluppo economico notevole legato al territorio, e che hanno dato i natali a uomini illustri, come ad esempio la vicina Roccamonfina, oggi soggiacciono ad uno spopolamento che si fa sempre più problematico. E’ il destino dei nostri paesi: occasioni di lavoro sempre più labili, il richiamo sui giovani esercitato da realtà più allettanti (o presunte tali), la popolazione che in tal modo invecchia sempre di più e si assottiglia nel numero.
Al confronto come si comporta la nostra Pietramelara? Bisogna dire che la popolazione almeno tiene, anche se non cresce sensibilmente, e questo da almeno un cinquantennio ad oggi. Siamo in controtendenza, allora? la cosa ci può confortare? Direi di no… quella di Pietramelara è una malattia senza sintomi, ma non per questo meno grave!
La tenuta del numero di abitanti è infatti legata a due fattori: notevole apporto proveniente da paesi esteri, Romania in primo luogo, e in minor misura da qualche famiglia proveniente dall’hinterland napoletano che si è stabilita presso di noi integrandosi, solo in qualche caso nel tessuto sociale in modo lodevole e degno di nota. I primi vivono di lavori umili, i secondi in genere di “terziario”.
Ciò premesso, faccio osservare ai miei cari “quattro lettori” che, se una famiglia rumena è stata costretta dalla sorte ad intraprendere l’avventura italiana, difficilmente si sentirà legata al posto ove ha trovato accoglienza e un luogo di lavoro; si vede con chiarezza che le comunità che si sono formate hanno stabilito relazioni quasi esclusivamente al loro interno, senza “gettare ponti” con il resto di Pietramelara. Ciò comporta una “residenzialità di passaggio”, e noi, che siamo stati emigranti nel passato, sappiamo bene che il primo desiderio di chi emigra è quello di ritornare ai luoghi d’origine.
Che dire invece, delle famiglie di “pietramelaresi partenopei”? Si tratta per lo più di impiegati e professionisti, ed il loro legame con il terziario, come si diceva sopra, induce uomini e donne in età attiva ad una pendolarità verso Caserta, Napoli o altri luoghi ove svolgere i loro incarichi. Ne deriva che alcune di queste famiglie, anche se presenti in paese da più di un decennio sono sconosciute ai più. I loro figli - è vero- frequentano le nostre scuole e i nostri locali di ritrovo, ma il loro apporto in senso di “cittadinanza attiva” è quanto mai limitato.
In tale scenario si inserisce la crisi economica che da noi si è fatta e si fa sentire. L’edilizia, insieme alle attività artigianali ad essa legate (falegnami, idraulici, imbianchini ecc.), langue. L’agricoltura anche se vitale non esercita alcun fascino tra i giovani e, d’altronde, non consente grandi occasioni occupazionali. Il commercio sconta una fase “nera” senza precedenti fatta di scelte politico amministrative folli e di scarso interesse per i negozi locali: per ogni nuova attività che apre almeno due chiudono i battenti.
La risultante dei fenomeni descritti, in estrema sintesi, è un paese già alle sette di sera deserto da far paura, almeno alla pari (se non peggio) di un altro comune dei dintorni meno fortunato del nostro dal punto di vista demografico e nel quale la popolazione continua a scendere in modo vertiginoso. La sicurezza sociale di Pietramelara ne soffre in modo evidente: un paese abbandonato a se stesso è vittima di furti, spaccio e degrado da ogni altro punto di vista.
Le elezioni amministrative sono alle porte e gli uomini, le donne, i gruppi che nella prossima primavera si proporranno alla guida di Pietramelara avranno come primo dovere il conoscere, affrontare e, se ci riescono, risolvere tale stato di fatto.
Un analisi terrebilmente realista
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