Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

venerdì 2 maggio 2014

C'ERO ANCH'IO A CARDITELLO

Che grande festa! Stamattina a Carditello, località del comune di San Tammaro, sede di uno dei più autentici simboli del Regno del Sud, sembrava veramente sepolto il passato. La Reggia, ritornata oggi ufficialmente nel patrimonio dello Stato, dopo un periodo buio fatto di abbandono, degrado, vandalismo era la vera protagonista. La Sga, società strumentale del Ministero da qualche giorno aveva incamerato la Reggia e, giovedì mattina, firmato un contratto preliminare per cedere la dimora settecentesca al ministero dei Beni culturali e del Turismo, e tutti oggi volevano fotografarla, vederla, vistarla, ammirarla.
La Reale Tenuta di Carditello, progettata dall'architetto Francesco Collecini, allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli, nelle intenzioni di chi l’ha voluta, ospitava una dinamica azienda agricola, ben progettata nelle infrastrutture edili e ben organizzata negli allevamenti di pregiate razze equine, nella produzione e commercializzazione dei prodotti agricoli e caseari. E’ un complesso architettonico sobrio ed elegante di stile neoclassico, destinato da Carlo di Borbone a luogo per la caccia e l'allevamento di cavalli e poi trasformato per volontà di Ferdinando IV di Borbone in una fattoria modello per la coltivazione del grano e l'allevamento di razze pregiate di cavalli e bovini. Era immersa in una vasta tenuta ricca di boschi, pascoli e terreni seminativi, e si estendeva su di una superficie di 6.305 moggia capuane, corrispondenti a circa 2.100 ettari. Carditello era uno dei siti reali che si fregiava del titolo di "Reale Delizia" perché, nonostante la sua funzione di azienda, offriva una piacevole permanenza al re e alla sua corte per le particolari battute di caccia che i numerosi boschi ricchi di selvaggina permettevano. Quando ci passò Wolfgang Goethe restò incantato spiegando che bisognava andare di lì «per comprendere cosa vuol dire vegetazione e perché si coltiva la terra. (...) La regione è totalmente piana e la campagna intensamente e diligentemente coltivata come l’aiuola di un giardino».
Stamattina la musica, logica (quasi ovvia) cornice di un giorno festivo, si avvertiva da lontano: quella popolare delle tammurriate e delle pizziche , e quella più moderna, pop e jazz, suonata con soli strumenti acustici (fiati e percussioni). Associazioni varie di valorizzazione del territorio, di volontariato, formazioni politiche, istituzioni, tutti volevano essere presenti al “grande giorno”. Nutrito anche il “parterre”: migliaia di donne e uomini comuni, felici e soddisfatti per il traguardo raggiunto, sindaci di ognuno dei comuni del comprensorio, il presidente della Provincia, assessori provinciali e regionali, e poi la grande vedette, il vero protagonista, il Ministro dei Beni Culturali Massimo Bray, a cui va senz’altro ascritto il merito di aver compreso l’importanza del salvare dal degrado il gioiello di architettura; la sensibilità che ha dimostrata può veramente essere premonitrice del cambiamento in atto e della positività del momento che, voglio sperare, si protragga nel tempo.
Un sole tiepido,da fine inverno, riscaldava appena appena l’aria, e nell’atmosfera che si era andata a creare, quasi ci si dimenticava di essere nel pieno centro di quella che, a volte con poco rispetto, da qualche mese va sotto il nome di “terra dei fuochi”. Sembrava che quella campagna fosse tornata ad essere percorsa solo da schiere di operosi contadini, consapevoli del proprio ruolo e della propria importanza sociale, e non da biechi affaristi senza scrupoli, collusi alla politica ed alla camorra, colpevoli di aver ridotto a pattumiera la terra più bella e più fertile di tutta l’Italia. C’ero anch’io, in rappresentanza dell’Ordine Professionale a cui appartengo, ed in qualità professionista impegnato nel sistema agricolo, ma anche e soprattutto per manifestare la soddisfazione mia personale nel veder risorgere una delle vestigia più luminose di quello che fu il “Regno del Sud”. In mezzo a tanta gioia l’amarezza per la scomparsa di Tommaso Cestrone, il volontario della protezione civile che aveva dedicato la vita, negli ultimi anni, a proteggere ciò che restava della Reggia, scomparso la notte dello scorso 25 dicembre, pochi giorni prima che finisse l’incubo.

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