La società dell’immagine, che viviamo quotidianamente, impone come valori chiave la ricchezza economica e la visibilità; non è una assoluta novità: rivangando nella nostra memoria comune ci imbattiamo in personaggi per i quali la ricerca spasmodica di visibilità e riconoscimenti pubblici a volte ha condotto ad un tale livello di ridicolo che neppure la fine della vita è riuscita a cancellare. Può anche sembrare un paradosso, ma è storia!... chi voleva essere ricordato per meriti e fama viene piuttosto additato per il ridicolo di cui si è coperto, come dimostra la vicenda che vado a raccontarvi!
Si racconta infatti che, tempo fa, un anziano contadino, avendo notevolmente migliorato la propria posizione economica, grazie al lavoro e ai sacrifici, man mano che diventava vecchio sentiva crescere in sé la voglia di visibilità e prestigio sociale. In particolare, tra le sue massime aspirazioni vi era che coloro i quali fino a quel momento si erano rivolti a lui chiamandolo semplicemente “Zì Pietro” (Zì è un appellativo affettuoso che si dava alle persone anziane e, pertanto, degne di rispetto, NDR), sostituissero quell’appellativo con “Don Pietro”, promuovendolo, almeno nelle intenzioni, nella rigida scala sociale del tempo andato.
La voce e la nomea si diffusero, e la cosa stava ben assumendo i contorni del ridicolo a cui, di solito, queste situazioni ed ambizioni espongono i soggetti: si vuole che, incontrandolo per strada a bordo del suo bel calesse, se si voleva ottenere da lui un passaggio bisognava assolutamente chiamarlo Don Pietro, altrimenti il protagonista della nostra storia fingeva di ignorare la richiesta; se nello svolgere un lavoro, una commissione uno dei suoi numerosi garzoni e mezzadri, distrattamente o anche volutamente, gli si rivolgeva con l’usato vocativo “Zì Piè”, lui seccato ed indispettito lo riprendeva: “E n’ata vota Zi Piè?”, che significava “Ti ho detto e ripetuto che voglio che tu mi ti rivolga chiamandomi Don Pietro, ed allora perché mi chiami ancora Zì Pietro?”.
L’episodio e la taccia sono divenuti talmente famosi da essere entrati nell’uso comune del nostro linguaggio rurale, ed è facile che qualcuno, ancor’oggi, indispettito e contrariato per l’ennesimo e noioso ripetersi di una qualsiasi contrarietà esclami, tra il serio e il faceto: “E n’ata vota Zi Piè…”, richiamando alla memoria un uomo a cui il destino fece un brutto scherzo, consegnandolo alla storia come emblema e modello di presunzione sociale e frustrata voglia di visibilità.
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