A conclusione del ciclo ferragostano a Pietramelara, quali sono le considerazioni che sorgono spontanee?
Va in primo luogo lodato l’impegno di quei custodi di antiche tradizioni che sono i comitati festa; la loro abnegazione ed il loro disinteresse sono universalmente (o quasi) riconosciuti.
Ci si deve chiedere: “Ma qual è il senso della festa nel terzo millennio?”.
Provo a rispondere: la festa, patronale o meno che sia, deve essere momento di coesione, di gioia di riunirsi e di riunire famiglie e gruppi vari; un’occasione fuori dell’ordinario per rivedersi, per stare insieme a riscoprire valori che, sebbene vecchi di secoli, ed un poco spenti nella loro forza, mantengono immutata tutta la loro profonda positività. Il senso di appartenenza ad una famiglia, ad un luogo, ad un gruppo di amici, nel clima festoso deve recuperare forza ed energia. Le ragioni della Fede (quasi un ossimoro, questo, ndr), che hanno indotto il culto di quel particolare Santo, vanno riscoperte e rivalutate, anche allo scopo di non banalizzare la Festa in quanto tale.
Convinto come sono dei benefici che può apportare il periodo festivo, faccio notare, tuttavia,che il numero delle feste a Pietramelara è divenuto veramente eccessivo; inoltre, atteso che il costo viene sostenuto dalla intera cittadinanza, ritengo opportuno che qualche evento di importanza minore venga magari cancellato, anche alla luce del momento poco florido che ognuno sta attraversando.
Infine va sottolineato un aspetto di importanza tutt’altro che secondaria: gli eventi devono avere ricadute positive sull’economia locale. Pertanto essi vanno pubblicizzati con ogni mezzo, servendosi di tutti i Media: dai più tradizionali, quali la carta stampata, ai più innovativi come i social networks (facebook ecc.). Le Feste devono rappresentare richiamo per Pietramelaresi altrove residenti e per persone di altre realtà, locali e metropolitane.
A tale scopo, sono del parere che vada esaltato il carattere di ruralità del nostro Paese, del nostro territorio, del nostro borgo, e che si debba far leva sulla nostra enogastronomia e sul nostro proverbiale senso di ospitalità, ancora pregni di quella civiltà contadina da cui noi tutti proveniamo.
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