Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

venerdì 23 febbraio 2024

ALESSANDRA NASKA'



Scrivevo già così in un articolo pubblicato nel Marzo 2007 sul quotidiano “Il giornale di Caserta”, ultima mia esperienza sulla carta stampata: “Per un piccolo paese partorire un’artista in grado di giungere a calcare scene e portare a compimento opere che lasceranno il segno, è sempre motivo di grande orgoglio: parliamo di Naskà, al secolo Alessandra Merola, che proprio in questi giorni ha fatto uscire il suo primo album, “Dimmi amore”.
Scambiai con lei, allora all’inizio della carriera, due chiacchiere:” Sono felicissima di aver potuto realizzare quello che per me fino a poco tempo fa appariva come un sogno. Di tutto ciò voglio ringraziare la mia preziosissima famiglia, Violet, la pazienza e l’esperienza di Ferd Ghidelli, tutti i musicisti con cui sono cresciuta in questi anni, tutti gli amici che mi hanno s(o)upportato, persone, storie ed eventi che hanno ispirato i miei testi, le mie musiche, le mie gioie, la mia chitarra, il mio mondo…”.
Sono passati anni ed anni, la carriera di Alessandra è andata avanti con forza e determinazione, da tempo non risiede più a Pietramelara, ma la si incontra spesso, nei momenti più autentici, l’ultima volta ci salutammo al mercato, tra le bancarelle dei “panni americani”. Del nostro paese ha conservato indelebili ricordi, come la profonda amicizia che la legava a DoPa, scomparso improvvisamente e troppo presto; in un post su FB per salutare Domenico scriveva: “amico mio, non sto scrivendo a te, tu sai già tutto. Ma a quelli che come me, hanno compreso l’essenza della tua vita e del tuo sorriso. Tutti quelli che hanno percepito quel “genio affamato” e innamorato della vita, tra le montagne grandi del suo amato paese”
Vale la pena ricordare che ha scritto diverse canzoni per la sua amica Emma Marrone - da 'Adesso' a 'Schiena', e spesso ne ha aperto i concerti, con la sua inseparabile chitarra, come nella foto di copertina, rubata da Facebook.  
Le piace ricordare i momenti spensierati accanto alla famosissima cantautrice nata a Firenze, ma di origini salentine; nel frattempo Alessandra è divenuta una donna ed artista matura e sicura di se, e nel commentare le serate nei locali più cool, bevendo vodka e cocktail, dice di non rimpiangerle: “Nel frattempo ho imparato ad apprezzare le tisane e le persone che sanno attendere sorridendo anche quando c'è davvero poco da ridere”.


venerdì 16 febbraio 2024

MDOV: UN UOMO, UNA FIRMA

 

Sono trascorsi venti lunghi anni da quel tragico mercoledì 18 febbraio 2004, quando la vita di Mimmo D’Ovidio, giornalista del Corriere di Caserta, si spezzò contro un palo maledetto a Piedimonte Matese. Ho cercato sul web qualcosa che lo descrivesse: può apparire strano ma, le ultime ore della sua vita D’Ovidio le trascorse in un ristorante di Piana di Monte Verna, il Love Story, leggendo alcuni passi della Bibbia. Quella sera Mimmo era lì non solo per mangiare una pizza, ma soprattutto per lavorare. C’erano le elezioni comunali in paese e Mimmo curava la pagina Piedimonte Matese – Caiazzo. Questo è quanto riportato in un articolo pubblicato sulla pagina del Corriere CE, che porta la data del 18 febbraio 2008.
Diciamo che a Pietramelara tutti lo chiamavano con il suo nome di battesimo Domenico, e che Mimmo è stato un vezzo, una sorta di nome d’arte giornalistico; altri si rivolgevano a lui dandogli del “cavaliere”, altri ancora lo chiamavano “Rummenigge”, come il famoso calciatore tedesco, per la sua grande passione per il calcio.
Ma chi è stato per Pietramelara Domenico? Cosa sopravvive di lui? Certo che dopo un ventennio i ricordi si affievoliscono, e con il ricambio generazionale la memoria a volte si dissolve. Domenico, figlio di Matteo, proveniva da una famiglia contadina, con tutto il portato di valori che la cosa comporta: rispetto, volontà di progredire ed evolversi, umiltà, legame stretto con la famiglia; era gemello di Franco, due vere “gocce d’acqua”, come si suol dire. Ricordo e, chi ha la mia stessa età ricorda la sua ironia, la giovialità, il suo saper mettere a proprio agio coloro che intervistava, e il suo modo di fare stampa, sempre corretto. Studiò da Perito Agrario e conseguì il suo diploma, ma non esercitò mai quella professione. Una grande passione per lo sport, specie per il calcio. Cominciò a farsi strada nel giornalismo locale, con qualche apparizione anche in video per le emittenti del territorio, fino a divenire una delle firme più seguite da coloro, come il sottoscritto, interessati alla vita politica in provincia di Caserta e nell’Alto Casertano; gli articoli che pubblicava recavano la sua sigla “Mdov”.   Le sue cronache hanno sicuramente conferito visibilità al nostro paese un po’ defilato. Nel commentare la sua tragica fine Gianluigi Guarino, scriveva di lui “eravamo fieri di essere “gente di paese” in rapporto a questa arena di livori, colpi bassi e slealtà con cui eravamo costretti a misurarci ogni giorno. Ci piaceva un mondo sentirci contadini, gente abituata a confrontarsi lealmente, guardando negli occhi il proprio interlocutore”
Sembra che in quella drammatica sera d’inverno, a Mimmo toccò di leggere questo passo biblico: “Fatevi trovare pronti, quando il signore vi chiamerà, perché non ci sarà alcun preavviso. Ed allora le vostre opere saranno valutate tutte, sia nel bene che nel male!”. Mimmo incredibilmente si commosse, ma poi riavutosi continuò a mangiare il soffritto di maiale preparato per l’occasione, ed ebbe ad esclamare “Non mangiavo del soffritto così buono da quando la buon’anima di Mamma mia me lo cucinava!” A mezzanotte e mezza Mimmo lasciò il locale e rifornì l’auto di carburante, subito dopo partì per il suo più lungo e intenso dei viaggi!

lunedì 12 febbraio 2024

ANTONIO, SCULTORE PENSIONATO


Scartabellando fra i miei archivi ritrovo un pezzo dell’ormai lontano luglio 2005, scrivevo allora per il “Corriere di Caserta”; l’obiettivo costante del mio scrivere è stato sempre quello di dare lustro a Pietramelara nei monumenti, nei paesaggi, nelle tradizioni e negli uomini: in tale spirito, profittando di una sua breve sosta in paese, intervistai Antonio Laurenza (vedi foto di copertina), scultore allora già affermato.
Una tecnica originale, la predisposizione conferitagli dalla natura, un vissuto articolato trascorso fra Italia, Svizzera e Portogallo: queste le caratteristiche di un singolare artista che ritorna spesso e volentieri a Pietramelara, per ritrovare la madre e gli altri affetti di famiglia, ma anche e soprattutto per dare ulteriore linfa vitale alla propria ispirazione ed estro. Oggi Antonio ha qualche anno in più, e non pratica più la nobile arte del modellare; Pietramelara è comunque orgogliosa di annoverarlo fra i propri figli che gli hanno dato lustro, anche oltre i confini nazionali. Dall’intervista emerse una personalità orgogliosa, ma allo stesso tempo desiderosa e disponibile nell’ esprimere i concetti che sono alla base della propria arte. Donò a Pietramelara un piccolo crocifisso posto attualmente sull’altare maggiore del nostro cimitero. 
Da quanto tempo ti sei dedicato alla scultura, e la consideri una professione? 
“Dalla più tenera età ho modellato la materia, si pensi che, con i fili di ferro arrugginito, da bambino confezionavo le statuine per il presepe; non considero questo mio modo di esprimermi una professione, mi diverte molto farlo e perciò, adesso che ho dovuto lasciare il mio lavoro per un incidente, mi dedico a tempo pieno alla scultura”
Qual è la tua tecnica, e quali materiali impieghi? 
“Per modellare impiego l’acciaio al Nichel, che sciolgo con una saldatrice ad Argon, tecnica che ho appreso perché lavoravo come saldatore per conto di una ditta specializzata in costruzione e manutenzione di centrali nucleari; il metallo così trattato assume una consistenza liquida ed io posso modellarlo a mio piacimento”
Hai mai pensato di studiare arte e quali sono state le tappe più importanti della tua carriera? 
“Sono un autodidatta, non ho mai intrapreso gli studi artistici. Considero come mio debutto la mostra che allestii nel ’82 presso il Museo Cantonale di Aarau, dopo di essa ne ho fatte tante altre, ma quella che considero più importante è quella del ’93 allestita presso la Galleria “6” di Aarau; le mie opere sono presenti in Belgio, Germania e, soprattutto, in Svizzera; in Italia vi sono solo le opere che ho donato ai miei familiari. Ultimamente ho cominciato a conferire alla scultura una nota di impegno sociale e politico, infatti nei miei lavori più recenti si intrecciano i temi dell’emigrazione, dell’ambientalismo e così via”
Conti di ritornare in Italia? 
“Ci sto pensando, vorrei stabilirmi in Toscana, antica terra pregna di arte e cultura, penso che in quel contesto potrei al meglio estrinsecare le mie doti”.
Come dicevo sopra Antonio oggi non scolpisce più, sentito da me, mi ha comunicato che le difficoltà per tenere un atelier, per un artista operante fra tre nazioni, sono molteplici, e poi si considera adesso un tranquillo pensionato

venerdì 9 febbraio 2024

FELICE LEONARDO, VESCOVO

 

“Quando dio ha soffiato sul mio fango per infondergli la mia anima, egli ha di certo soffiato troppo forte. Non mi sono mai ripreso da questo soffio di Dio...”, in queste parole si potrebbe condensare la filosofia di vita e quella pastorale di un uomo che trascorse l’ultimo segmento di vita in Pietramelara, anche se poi morì a Roccamonfina. Parliamo di Mons. Felice Leonardo, Vescovo Emerito di Cerreto Sannita, nato a Pietramelara il 9 marzo 1915. Personalità controversa, pur essendo stato sempre scevro da ogni populismo e poco incline alle esternazioni, riscuoteva simpatia fra la gente comune. Le sue origini non furono particolarmente altolocate, e di sicuro avanzò nella gerarchia ecclesiastica per la sua intelligenza e cultura approfondita con lo studio.
Aveva superato il secolo di vita e, pensando ai lunghi anni di Mons. Leonardo, si capisce che la legge ecclesiastica non riuscì mai ad accantonarlo: chi è incline naturalmente al lavoro non è costretto ad andarne in cerca, lo trova ovunque e sempre. Anche da ultranovantenne studiava sempre i testi sacri, aggiornati o meno che siano, continuava ad incontrare amici, sacerdoti e fratelli che beneficiavano della sua saggezza, della sua dottrina e con i quali – come ha sempre fatto-   amava condividere l’esperienza della vita ed il pane del sapere.
Allo scoccare del novantesimo anno, nell’aprile 2005, le diocesi di Teano-Calvi e di Cerreto Sannita vollero solennemente sottolineare il percorso di vita di un pastore singolare e carismatico, ed anche Pietramelara, città che si onora di avergli dato i natali, volle tributargli un doveroso omaggio: con una solenne concelebrazione officiata dal vescovo di Teano di quel tempo, Mons. Francesco Tommasiello, che era stato suo fedele discepolo, e dal clero locale e diocesano, con le autorità civili.
Come detto in premessa di questa nota, morì a Roccamonfina, il 15 aprile 2015, aveva da poco compiuto un intero secolo di vita, e le solenni esequie si tennero nella Cattedrale di Cerreto Sannita, diocesi che aveva retto dal 1957 al 1991, officiate da Mons. Crescenzio Sepe, allora arcivescovo di Napoli, ed alla presenza delle più alte cariche ed autorità ecclesiastiche, civili e militari, e con la grande partecipazione di gente comune.

venerdì 2 febbraio 2024

SO' F'NUTI KIGLI TIEMPI

 

Nel mio paese “antico ed estinto” i personaggi dai caratteri singolari non sono mai mancati, da sempre. Le pagine di questo blog scribacchiato ne hanno descritto a più riprese i caratteri, e adesso vi voglio parlare di un uomo che ci lasciò circa un ventennio fa.
Carmelindo M., si spense improvvisamente nel dicembre del 2006, privando il paese di un personaggio particolare, polemico e irriverente, ma senz’altro simpatico a tutti, per quel suo modo vociante di manifestare il suo dissenso netto di fronte a fatti, situazioni e personaggi locali. Immigrato in Svizzera da giovane, negli anni ’50, e qui sposato con una donna del luogo, aveva fatto ritorno in paese dopo una trentina d’anni. Si professava marxista e non credente, e nella sua giornata un appuntamento fisso era quello del prendere il suo giornale, “L’Unità”, la mattina presto in piazza: lo si sentiva da lontano arrivare con l’immancabile bicicletta, cantando a gran voce, e Rocco il giornalaio, personaggio altrettanto mitico, si affrettava a portargli il quotidiano fuori, per evitare eventuali alterchi con altri avventori, proprio all’interno dell’edicola. Il suo tormentone, il suo mantra era diventato: “Sò f’nuti  kigli tiempi!” (letteralmente: sono tramontati quei tempi, il passato non ritorna! ndr), quasi ad esprimere un’irriverente insofferenza nei confronti di quella società da cui, in gioventù, si era dovuto e voluto allontanare. Era soddisfatto che quella stratificazione sociale era stata ormai superata, e odiava (o quantomeno diceva di odiare) i preti e tutti coloro che un tempo gestivano il potere; andava anche dicendo che organizzazioni internazionali, tra cui la C.I.A., il controspionaggio americano, lo seguivano e pedinavano, convinte della sua pericolosità rivoluzionaria. Tuttavia era profondamente legato alla sua Italia, e si vantava di aver rifiutato la cittadinanza svizzera che gli era stata offerta da quel paese che lo aveva accolto in gioventù e, ogni anno, con composta fierezza, partecipava alla cerimonia del 4 novembre.
Ricordo bene il suo funerale assolutamente laico, anche se poi il grande Don Roberto, senza paramenti sacri volle assistere alla sepoltura e recitare una silenziosa preghiera per quell’uomo che, più di una volta aveva polemizzato ed inveito anche contro di lui.