Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

lunedì 29 novembre 2021

UN' ALTERNATIVA AL BIVIO DI RIARDO

 

Curve pericolose, dossi a distanza ravvicinata, attraversamento del centro abitato di Riardo con strettoie non eliminabili, frequenti allagamenti nella stagione piovosa: raggiungere la S.S. Casilina in tali condizioni è divenuto molto più difficile rispetto a qualche decennio fa! Il bivio di Riardo da oltre un secolo e mezzo sbocco naturale del traffico proveniente da Roccaromana, Pietramelara e dalla stessa Riardo, non sembra più sufficiente. Sono maturati i tempi per un secondo sbocco sulla Casilina, più a sud, che possa in qualche modo rimuovere le criticità di cui sopra. Una nuova arteria stradale, che permetta con rapidità e sicurezza di immettersi sulla Casilina, all’altezza della contrada Torricelle, in agro di Teano, nei pressi dell’area di servizio, diviene di giorno in giorno più impellente.
Ci penso da molto tempo, e può sembrare velleitario se non utopistico, ma sono convinto che l’impegno, lo spirito costruttivo e collaborativo fra i vari soggetti istituzionali da coinvolgere, possano portare alla realizzazione dell’opera entro questo decennio; il vero problema, infatti, risiede nella sfiducia e nella rassegnazione.
I comuni di Roccaromana, Pietramelara, Riardo e Rocchetta e Croce, insieme agli enti sovracomunali Comunità Montana del Monte Maggiore e Provincia, si dovrebbero fare promotori di un partenariato che commissioni uno studio di fattibilità, valuti i costi connessi, reperisca le risorse finanziarie e proceda alla realizzazione dell’opera. I vantaggi che ne deriverebbero sono molteplici, in primo luogo l’aumento della sicurezza. I cittadini di Riardo non si vedrebbero costretti a passeggiare con l’incombente pericolo di un’auto o di un automezzo pesante che li possa investire, inoltre nel loro comune si registrerebbe una notevole riduzione del inquinamento da traffico; ritengo che le attività commerciali riardesi non ne soffrirebbero più di tanto, esse infatti si basano soprattutto su una clientela locale che, data la diminuzione del traffico, la diminuzione del caos e l’aumentata possibilità di parcheggio nei pressi dei negozi sarebbe indotta ancor di più a frequentarli.
Un’occhiata alla foto di copertina può offrire un idea di massima del percorso: si parta dal "quartiere svizzero", località Mancini, lungo l’omonima strada, si continui in località Saiano, con apertura di un braccio ex novo (meno di mezzo chilometro) che sbocchi presso la Madonna della Stella, da dove si riprenda con qualche variante il percorso attuale verso Valdassano e da qui alla Casilina. E’ ovvio che la carreggiata e le sezioni attuali vadano adeguate a un carico veicolare molto più intenso, si tratta infatti di vicinali larghe non più di un paio di metri, da portare almeno a cinque.
Tra i vantaggi che ne deriverebbero vi è da considerare inoltre la riduzione dei tempi di percorrenza, con circa due chilometri in meno necessari a raggiungere lo stesso punto (da Google Earth 11,16 chilometri percorso attuale/ 9,42 chilometri con la nuova strada). Infine si consideri che si ventila da tempo l’eventualità di un casello autostradale a Teano, proprio in località Torricelle, punto che costituisce proprio, come detto, l’estremo sud-ovest della nuova arteria. I nostri comuni, defilati come sono, risentono ormai da troppo tempo di ogni problema tipico delle aree interne: spopolamento, mobilità problematica, penuria di servizi reali; la realizzazione di tale opera contribuirebbe di sicuro alla loro soluzione.
I veri politici devono saper sognare… dai sogni infatti scaturiscono idee destinate a rivoluzionare gli equilibri attuali.
 

sabato 27 novembre 2021

LA TORRE DI BABELE

 

E’ proprio vero che la storia si ripete: Giambattista Vico, grande pensatore del Settecento e nostro conterraneo, non potrebbe avere per questa sua teoria filosofica più conferme, nell’epoca attuale. E’ successo anche, ad esempio, che a 45 anni dalla sua pubblicazione, abbia fatto ritorno uno dei più grandi capolavori della discografia rock italiana: LA TORRE DI BABELE, album iconico della carriera di Edoardo Bennato. Correva l’ormai lontano 1976, ed il cantautore di Bagnoli pubblicò quel disco cult, destinato ad un successo che ha delineato i tratti artistici somatici del grande rocker italiano. La “Torre di Babele” rappresenta la metafora biblica, ripresa in musica e versi da Bennato, di un’umanità sempre alla ricerca del progresso economico, scientifico e tecnologico ma che, alla fine, non riesce neanche più ad utilizzare un linguaggio comune.
Erano anni quelli caratterizzati da forti inquietudini sociali, la contestazione sessantottina non si era ancora spenta, e si era alle porte di quelli che sarebbero stati definiti gli “anni di piombo”. La copertina dell’ellepì (così chiamavamo i dischi che contenevano più brani, a 33 giri), disegnata dallo stesso Edoardo, ex studente di architettura, rappresentava la progressione dell’uomo nella sua ricerca e costruzione delle armi in tutta la sua fase evolutiva: “costi quel che costi”, gli uomini dovevano costruire una torre che arrivi fino al cielo per sfidare l’entità divina e dimostrare la superiorità dell’uomo “su ogni altro animale” (cfr. foto di copertina).
Cosa faceva e pensava Pietramelara in quel periodo? Nonostante il clima generale abbastanza fosco, a livello nazionale, come già sopra delineato, il nostro paesello defilato e dedito a pensare cose più concrete, manteneva la sua serenità interna. La Democrazia Cristiana, dopo decenni di egemonia, aveva ceduto la guida del Comune a una sinistra che vedeva in Gianni Sorbo un leader credibile, oggetto di stima e considerazione, anche al di fuori del suo elettorato. Il vostro blogger scribacchiante, fra tempeste ormonali e alti/bassi frequentava il quarto anno di liceo, in una Vairano Scalo non ancora trafficata, caotica e commerciale come quella odierna. Il juke box in piazza risuonava spesso e volentieri i pezzi tratti da “La torre di Babele”: come dimenticare brani densi di significato come “Venderò”, “Franz è il mio nome”, “Cantautore” (dedicato da Edoardo con autoironia a se stesso)?  Il successo del disco fu forte, a tal punto che solo l’anno dopo, nel ’77 usci “Burattino senza fili”, altro capolavoro che avrebbe consolidato Edoardo Bennato fra i maggior interpreti del Rock italiano. 
Si sostava fra i tavoli in piazza, divertiti ad osservare le persone più anziane a storcere il muso ascoltando quei pezzi graffianti; noialtri, giovani di allora, eravamo ben disposti ad investire, invece, quelle cinquanta/cento lire per riascoltare quegli stessi brani, che qualche influenza sul nostro ego in via di formazione dovettero pur avere.
 

 

 

lunedì 15 novembre 2021

CASERTA, POCO MOBILE IN CLASSIFICA


Novembre, penultimo mese dell’anno: comincia il periodo dei ricorrenti bilanci, delle classifiche che usualmente grandi quotidiani nazionali come “Il Sole 24 ore” e “Italia Oggi”, usano fare come conseguenza giornalistica di studi statistici effettuati sui vari territori del Paese. In una precedente nota, scribacchiata su questo blog due anni fa, non era ancora iniziata la pandemia, ma sarebbe esplosa di li a poco (http://scribacchiandoperme.blogspot.com/2019/12/qualita-della-vitaottimismo-giustificato.html), osservavo “lo sconforto rimane: 93simo posto. Che dire? ... poco o nulla: frotte di giovani che fanno valigia e partono alla ricerca di nuovi orizzonti e migliori fortune, lasciano presagire che di qui a poco il nostro Mezzogiorno d’Italia, inteso come comunità, corre seri pericoli di sopravvivenza. E non mi consola affatto il dato relativo alle altre province campane, che se la cavano peggio di noi: Avellino e Benevento, 94simo e 95simo posto”.
E’ proprio di stamattina, 15 novembre, l’uscita dell’ennesima classifica tra le province italiana, questa volta redatta da Italia Oggi, sulla base di tale studio “La qualità della vita viene definita "buona" o "accettabile" in 63 province su 107, lo scorso anno erano 60 su 107. Tradotto in termini di popolazione, 22 milioni 255 mila residenti (pari al 37,4% della popolazione italiana) vivono in territori contraddistinti da una qualità della vita scarsa o insufficiente, contro i 25 milioni 649 mila residenti della passata edizione, pari al 42,5% della popolazione”. Un miglioramento se ci si riferisce alla scala nazionale, ma se si va ad approfondire ecco le dolenti note: “La provincia di Parma conquista la vetta della classifica sulla qualità della vita, seguita sul podio da Trento e Bolzano. Tutte del Sud le ultime (…) Quest'anno la maglia nera va a Crotone, preceduta da Napoli e Foggia (che era ultima lo scorso anno). A metà classifica Roma, che scivola al 54/simo posto (l'anno scorso era al 50/simo), seguita dalla prima provincia meridionale per qualità della vita, che è Matera. Si collocano in fondo alla classifica 4 delle 5 province campane (nell'ordine Benevento, Salerno, Napoli e Caserta)”.
Cosa fa la nostra provincia? … niente di buono! Prima di tutto l’ordine si è invertito, e se come detto sopra due anni fa la nostra provincia in Campania era quella più performante, attualmente è solo la penultima in tema di qualità della vita, seguita solo da Napoli, area metropolitana che sprofonda negli ultimi posti posizionandosi addirittura al 106simo; e poco consola che se nello scorso anno Caserta occupava la 94sima posizione, oggi essa si accontenta nello scalare un solo ed unico gradino, passando al 93simo posto (cfr. immagine di copertina). I grandi temi della qualità ambientale, dell’efficienza dei servizi resi alla popolazione, dello sviluppo economico sostenibile restano al palo. E’ fin troppo facile individuare nella classe politica la responsabilità, solo che non basta, molte negatività sono prodotte dalle comunità e dai loro singoli individui: basta fare un giro per le campagne anche breve per imbattersi in improvvisate discariche e in fossi usati abitualmente come ricettacolo occasionale di rifiuti (ma questo è solo un esempio). Manca il senso civico del rispetto dei beni comuni, e dell’ambiente che di tali beni è il più importante in assoluto. Ma ciò che vedo come assolutamente negativo è il distacco della gente dalle istituzioni, specie dei giovani! La cittadinanza attiva latita, e così si perde anche quel controllo sulle istituzioni teso ad ottenere servizi diffusi e capillari e migliore qualità della vita.

venerdì 5 novembre 2021

LE VICINALI NELLA POLEMICA

 


Con un post su Facebook uscito nel pomeriggio di ieri la sig.ra Teresa Marsocci, facente parte dello staff del noto ristorante Villa Solatio, lamenta la mancata manutenzione della strada che conduce al proprio luogo di lavoro, sito in località Pantani, in agro di Pietramelara, con grave pregiudizio per l’attività economica. La foto di copertina, ripresa dal post, d'altronde lascia poco spazio all'immaginazione. 
Questo il nucleo del post: “I mesi invernali costituiscono per la mia attività la pianificazione, con visite alla struttura Villa Solatio, degli eventi per gli anni 2022 / 2023. Quali risultati potrei avere, se il primo impatto che ha il cliente è quella di una strada comunale fangosa e dissestata? Vi assicuro scarsi!!!
"La strada è davvero brutta", "ci siamo spaventati", "abbiamo avuto paura di perderci". Questi sono solo alcuni commenti di chi viene a visitare Villa Solatio. Sono ben oltre 15 anni che viene fatto presente alle amministrazioni passate e presenti questo problema, ad oggi ho visto solo ripulire le siepi per le varie vie del paese, recupero e pulizia dei fossi, ma questo non mai è accaduto in questa strada fangosa e dissestata del comune di Pietramelara”.
Seguono piccate risposte del vicesindaco, assessore ai lavori pubblici, che in sostanza sostiene la tesi che la strada è privata, e che pertanto si genera un’impossibilità a manutenerla impiegando risorse pubbliche.
Per la verità il problema non è limitato al solo tronco stradale in questione; se si percorre infatti il tratto alto di via Mancini e l’adiacente via Saiano, la situazione è ancora più grave rispetto a quanto lamentato dalla Marsocci, e ritengo che l’evento piovoso di mercoledì pomeriggio, nella sua eccezionalità (120 mm di pioggia in poche ore), abbia causato inconvenienti anche altrove.
Ritornando alla vicinale che conduce al noto ristorante, ritengo che vada fatta chiarezza. La situazione giuridica della strada vicinale è solitamente questa: il resede della vicinale, compresi accessori e pertinenze, è privato, di proprietà dei titolari dei terreni latistanti, mentre l’ente pubblico è titolare di un diritto reale di transito.
Per le strade vicinali ad uso pubblico il Comune, è tenuto a concorrere alle spese per la manutenzione, sistemazione e riparazione della strada vicinale, ai sensi dell’art. 3, del D.Lgs. Luogotenenziale 01.09.1918, n. 1446. Detto articolo prevede, infatti l’obbligo del Comune di partecipare agli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade vicinali, nella misura variabile da 1/5 fino a metà della spesa a seconda dell’importanza delle strade, purché la strada sia soggetta a pubblico transito. Sussiste tale requisito ogni qual volta la strada vicinale possa essere percorsa indistintamente da tutti i cittadini per una molteplicità di usi e con una pluralità di mezzi, mentre è irrilevante che la stessa si presenti disagevole in alcuni tratti e poco frequentata nel complesso. L’uso pubblico, assimilabile a una servitù collettiva, legittima i comuni a introdurre alcune limitazioni al traffico, ad esempio vietando l’uso di alcuni mezzi (specie di quelli molto impattanti) in modo continuativo o in particolari periodi, come per il resto della viabilità comunale.
L’ufficio tecnico Comunale deve tenere un “elenco delle strade vicinali” consultabile dagli interessati. Tale elenco ha valore meramente “dichiarativo” e non “costitutivo”, ovvero il fatto che una strada sia inclusa come vicinale ad uso pubblico non determina automaticamente l’acquisto di tale caratteristica. Secondo la giurisprudenza (si veda ad esempio T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 12 dicembre 2007, n. 16202) occorre fare riferimento alla situazione reale in cui si trova la strada.
 

giovedì 4 novembre 2021

4 NOVEMBRE.VALORI ANCORA ATTUALI?


Oggi, 4 novembre, ricorre la data dell’entrata in vigore dell'armistizio di Villa Giusti (firmato il 3 novembre 1918), che sancì la resa dell'Impero austro-ungarico all'Italia.
La Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate è una giornata celebrativa nazionale italiana. Fu istituita nel 1919 per commemorare la vittoria italiana nella prima guerra mondiale, evento bellico considerato completamento del processo di unificazione risorgimentale.
La festa e la ricorrenza furono istituite nel 1919, la celebrazione del 4 novembre è l'unica festa nazionale che abbia attraversato decenni di storia italiana: dall'età liberale, al Fascismo, all'Italia repubblicana. Nel 1921, in occasione della celebrazione della Giornata dell'Unità Nazionale e delle Forze Armate, il Milite Ignoto venne sepolto solennemente all'Altare della Patria a Roma.
Fino al 1976 il 4 novembre è stato un giorno festivo, dal 1977, in pieno clima di austerity, la ricorrenza è stata resa "festa mobile", con le celebrazioni spostate alla prima domenica di novembre.
Del milite ignoto italiano si diceva: l'idea di onorare una salma sconosciuta risale in Italia al 1920 e fu propugnata dal generale Giulio Douhet. Il relativo disegno di legge fu presentato alla camera italiana nel 1921 e ne fu relatore l'onorevole De Vecchi, che affermò fra l'altro: "Deve essere rivendicata ai nostri uomini d'arme la priorità del proposito di trasportare solennemente a Roma i resti di un caduto ignoto, perché ivi ricevano i più alti onori dovuti a loro e a seicentomila fratelli". Approvata la legge, il Ministero della guerra diede incarico a una commissione di percorrere i campi di battaglia per raccogliervi undici salme d'impossibile identificazione, fra le quali la sorte ne avrebbe designata una, da tumulare in Roma sul Vittoriano. La commissione esplorò attentamente tutti i luoghi nei quali si era combattuto e fu scelta una salma per ognuna delle zone visitate. Le undici salme ebbero ricovero, in un primo tempo, a Gorizia, di dove furono poi trasportate nella basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921. Quivi si procedette alla scelta della salma destinata al riposo sull'Altare della patria. La scelta fu fatta da una popolana, Maria Bergamas di Trieste, il cui figlio Antonio era caduto in combattimento senza che il suo corpo potesse essere identificato.
Il viaggio si compì sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma e la cerimonia ebbe il suo epilogo nella capitale. Il Milite Ignoto, che da un gruppo di decorati di medaglia d'oro fu portato a S. Maria degli Angeli, sulla cui porta era stata apposta questa epigrafe: "Ignoto il nome - folgora il suo spirito - dovunque è l'Italia - con voce di pianto e d'orgoglio - dicono - innumeri madri: - è mio figlio". Il 4 novembre 1921 vi fu la definitiva deposizione all'Altare della patria.
I miei ricordi, che vanno molto indietro nel tempo, mi parlano di una Pietramelara attenta e partecipativa per le cerimonie che di anno in anno venivano organizzate: santa messa “al campo”, celebrata da Don Pasqualino Izzo, già tenente cappellano nel secondo conflitto mondiale, che all’omelia rievocava le esperienze vissute al fronte, discorso del sindaco del tempo che sottolineava l’importanza della manifestazione e dei valori connessi ad essa, intervento di qualche reduce, la banda che intonava inni patriottici. Nel sessantotto, anno di contestazione, vi fu la celebrazione del cinquantenario della vittoria (cfr. foto di copertina) e, in tale occasione, furono fatti sfilare i reduci della Prima Guerra Mondiale ancora in vita, a ognuno di essi fu consegnata una piccola medaglia.
Quanto sono ancora attuali i valori sottesi a tali eventi? La Patria e l’Unità Nazionale sono concetti che sfidano il tempo, e lo fanno soprattutto quando, politicanti di basso profilo ed elevata visibilità mediatica, predicano (senza successo) che l’Italia debba continuare a procedere “a due velocità”, e che il ruolo del mezzogiorno rimanga simile a quello di colonia, nonostante l’elevatissimo tributo di sangue da esso versato nel corso degli ultimi conflitti mondiali.