Cosa ci resta di un
uomo, se non i ricordi che ci legano a lui e le cose che ha fatto per gli
altri? Se costui poi, è stato un sacerdote che ha vissuto (letteralmente) in
prima linea, il suo ministero, allora vale la pena di parlarne.
Don Pasqualino Izzo, (vedi foto 1) nacque negli U.S.A., a Rochester il 27 febbraio 1910, un figlio come tanti dell’emigrazione, quella iniziata appena dopo l’unità nazionale. Tornata a Pietramelara la famiglia, il nostro frequentò il seminario e il 15 luglio 1934, all’età di ventiquattro anni fu ordinato sacerdote. Il contesto politico generale era tutt’altro che tranquillo, in pieno ventennio fascista, e l’Italia si avvicinava alla guerra, accanto alla Germania nazista. Il giovane sacerdote servì la patria con il grado di tenente cappellano, presso l’Ospedale da Campo 571, nella ex Jugoslavia a Grosuplje, cittadina dell’attuale Slovenia che dal 1941 al 1943, durante l'occupazione, ha fatto parte della Provincia Italiana di Lubiana. Con l’armistizio del 8 settembre le cose si misero male per gli italiani in divisa, e la sorte peggiore toccò a coloro che si trovavano al di fuori dell’Italia. Al proposito, dalla documentazione che mi è stata fornita dalla sig. Ada Di Lorenzo, nipote di Don Pasqualino, egli scriveva: “Quando fu compiuto l’armistizio, addì 8 settembre 1943, mi trovavo a Novo Mesto, ove mi ero recato per ragioni di servizio. Il giorno seguente partii sollecitamente. Rientrato superando non poche difficoltà di viaggio a Grosuplje, mi riunii alla mia unità, ed insieme tentammo la fuga. Se non che a Lubiana fu impossibile proseguire, e dovetti rifugiarmi presso quel centro ospedaliero, riuscendo a occultarmi ai tedeschi, che però dopo parecchi giorni mi catturarono, trattenendomi a Lubiana fino al 5 ottobre 1943. Dopo tale data mi inviarono a Verona, da cui proseguii per Roma, rendendomi irreperibile ai tedeschi, ai quali precedentemente avevo fornito falso indirizzo”
Tornato a Pietramelara, Don Pasqualino succedé a Don Michele Angelone, dapprima dal settembre 1944 in qualità di “economo spirituale” e, dal febbraio 1946 come parroco in Sant’Agostino, che allora portava la denominazione parrocchiale di “San Lorenzo Martire”.
Ma veniamo al sacerdote che ricordo io, quello dei giorni più vicini a noi. Ancor prima del compianto Don Roberto, Don Pasqualino si rese conto che la sua missione andava portata fra la gente e soprattutto fra i giovani, interpretandone le esigenze di socialità. Si adoperò per dotare il nostro comune del primo campo sportivo, e fu tra i primi presidenti del calcio Pietramelarese. Acquisì l’ala sinistra del Palazzo Comunale, recuperando parzialmente un bene espropriato agli Agostiniani un secolo e mezzo prima, in epoca napoleonica, e parallelamente realizzò, al primo piano, la sala parrocchiale, che ospitava anche un piccolo cinema per ragazzi; qualche volta in tale sala si tenne anche qualche veglione e feste da ballo. In quegli anni, intorno al ’70, fu anche adeguato l’altare maggiore ai dettami conciliari. Erano quelli gli anni ruggenti per il nostro paese, che allora esprimeva le sue energie in senso più positivo che mai; il momento storico, il carattere sanguigno e l’autorevolezza permettevano a Don Pasqualino di dichiarare apertamente di essere democristiano, e nonostante ciò mantenere i rapporti più che cordiali con coloro i quali in paese professavano fedi politiche diverse; notoria ad esempio era infatti la sua amicizia con Gianni Sorbo, leader socialista del tempo e sindaco negli anni settanta/ottanta.
Don Pasqualino Izzo, (vedi foto 1) nacque negli U.S.A., a Rochester il 27 febbraio 1910, un figlio come tanti dell’emigrazione, quella iniziata appena dopo l’unità nazionale. Tornata a Pietramelara la famiglia, il nostro frequentò il seminario e il 15 luglio 1934, all’età di ventiquattro anni fu ordinato sacerdote. Il contesto politico generale era tutt’altro che tranquillo, in pieno ventennio fascista, e l’Italia si avvicinava alla guerra, accanto alla Germania nazista. Il giovane sacerdote servì la patria con il grado di tenente cappellano, presso l’Ospedale da Campo 571, nella ex Jugoslavia a Grosuplje, cittadina dell’attuale Slovenia che dal 1941 al 1943, durante l'occupazione, ha fatto parte della Provincia Italiana di Lubiana. Con l’armistizio del 8 settembre le cose si misero male per gli italiani in divisa, e la sorte peggiore toccò a coloro che si trovavano al di fuori dell’Italia. Al proposito, dalla documentazione che mi è stata fornita dalla sig. Ada Di Lorenzo, nipote di Don Pasqualino, egli scriveva: “Quando fu compiuto l’armistizio, addì 8 settembre 1943, mi trovavo a Novo Mesto, ove mi ero recato per ragioni di servizio. Il giorno seguente partii sollecitamente. Rientrato superando non poche difficoltà di viaggio a Grosuplje, mi riunii alla mia unità, ed insieme tentammo la fuga. Se non che a Lubiana fu impossibile proseguire, e dovetti rifugiarmi presso quel centro ospedaliero, riuscendo a occultarmi ai tedeschi, che però dopo parecchi giorni mi catturarono, trattenendomi a Lubiana fino al 5 ottobre 1943. Dopo tale data mi inviarono a Verona, da cui proseguii per Roma, rendendomi irreperibile ai tedeschi, ai quali precedentemente avevo fornito falso indirizzo”
Tornato a Pietramelara, Don Pasqualino succedé a Don Michele Angelone, dapprima dal settembre 1944 in qualità di “economo spirituale” e, dal febbraio 1946 come parroco in Sant’Agostino, che allora portava la denominazione parrocchiale di “San Lorenzo Martire”.
Ma veniamo al sacerdote che ricordo io, quello dei giorni più vicini a noi. Ancor prima del compianto Don Roberto, Don Pasqualino si rese conto che la sua missione andava portata fra la gente e soprattutto fra i giovani, interpretandone le esigenze di socialità. Si adoperò per dotare il nostro comune del primo campo sportivo, e fu tra i primi presidenti del calcio Pietramelarese. Acquisì l’ala sinistra del Palazzo Comunale, recuperando parzialmente un bene espropriato agli Agostiniani un secolo e mezzo prima, in epoca napoleonica, e parallelamente realizzò, al primo piano, la sala parrocchiale, che ospitava anche un piccolo cinema per ragazzi; qualche volta in tale sala si tenne anche qualche veglione e feste da ballo. In quegli anni, intorno al ’70, fu anche adeguato l’altare maggiore ai dettami conciliari. Erano quelli gli anni ruggenti per il nostro paese, che allora esprimeva le sue energie in senso più positivo che mai; il momento storico, il carattere sanguigno e l’autorevolezza permettevano a Don Pasqualino di dichiarare apertamente di essere democristiano, e nonostante ciò mantenere i rapporti più che cordiali con coloro i quali in paese professavano fedi politiche diverse; notoria ad esempio era infatti la sua amicizia con Gianni Sorbo, leader socialista del tempo e sindaco negli anni settanta/ottanta.
Resse anche per qualche
tempo la parrocchia di San Felice, nonostante la vecchiaia non si dimise da
parroco, e festeggiò il 60simo di sacerdozio in una bella festa di popolo in
piazza (vedi foto 2) il 15 luglio 1994, dopo qualche mese si spense il 20 settembre dello
stesso anno.
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