L’Atlante Geografico del Regno di Napoli fu commissionato nel 1781 da Ferdinando IV di Napoli al geografo padovano Giovanni Antonio Rizzi Zannoni.
L'importanza di questo Atlante consiste nell'essere stato il primo tentativo di realizzare per le regioni meridionali una cartografia a grande scala, misurata geodeticamente e rilevata sul terreno, non più basata soltanto su elaborazione di mappe precedenti. Il Rizzi Zannoni, nato a Padova nel 1736 , a Napoli, dove giunse nel 1781, convinse le autorità del tempo sulla necessità di metter mano a una carta del tutto nuova, anziché aggiornare la vecchia carta.
Con tali premesse, ho acquistato recentemente una “ristampa anastatica” dell’atlante, e mi sono messo a curiosare il modo in cui è variato l’assetto del nostro territorio dal 1790 (epoca in cui fu rilevata il foglio 10 denominato Terra di lavoro: Caserta), all’epoca la nostra comunità, stando ai dati di un’altra importante opera coeva la “Corografia di Terra di Lavoro”, di Giuseppe Maria Galanti, contava 1614 abitanti, la vicina Roccaromana 1178 e Riardo 734. Come si può vedere dallo stralcio cartografico riportato, l’estensione del nostro perimetro urbano andava poco al di la della cinta muraria del borgo, e l’aspetto di esso era rotondeggiante; i tre grandi isolati posti a sud est potrebbero identificarsi con il convento agostiniano di Santa Maria della Carità, oggi Municipio, e il Palazzo Ducale, oltre di essi i coltivi presenti per centinaia di ettari dall’abitato alle falde del Monte Maggiore, ove si estendevano i vasti possedimenti dei Cavalieri di Malta; il convento Francescano di San Pasquale, all’epoca era intitolato a San Francesco; un vasto bosco planistico, della superficie di almeno due/trecento ettari era sito a ridosso della Rocca di San Felice, e denominato Mena del Boscarello. La viabilità riportata sulla carta descrive solo un unico asse viario che si diparte da Roccaromana, taglia l’abitato di Pietramelara e si dirige verso la Casilina attraversando Riardo. All’epoca, come si può agevolmente notare l’estensione dell’abitato di Roccaromana era più o meno la stessa di Pietramelara, sensibilmente inferiore l’estensione di Riardo, occupata in gran parte dall’imponente mole del castello. I toponimi sono stati conservati, nonostante il tempo trascorso: palatiello, guarana, boscarello, sono contrade rurali che ancora si chiamano così; l’attuale Acqua Sant’Angelo è riportata semplicemente come “Sant’Angelo” e la carta segnala ivi la presenza di un edificio di culto andato perduto. La fontana “del cerro” segnalata era attiva sino a qualche decennio or sono nei pressi della contrada “Spitalera”, adiacente alla citata Acqua Sant’Angelo, ma in tenimento di Roccaromana.
Il confronto con la realtà attuale ci consegna un territorio ancora integro nelle sue componenti più importanti. Il pericolo più incombente è rappresentato dal consumo di suolo che, a fronte di una popolazione cresciuta di 2 volte e mezza in 230 anni, presenta un’area urbana nel frattempo almeno decuplicata, con una massa di volumi disabitati che comincia a far sentire il suo peso nel borgo, nel centro storico e anche in periferia. I boschi pianistici sono ormai solo un labile ricordo legato alla lettura dell’Atlante.
Lo studio dell’evoluzione del territorio può offrire spunti di riflessione, soprattutto se le fonti sulle quali esso si basa sono scientifiche e palesemente documentabili.
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