Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

sabato 26 ottobre 2019

I RETROSCENA DI UN INCONTRO

26 ottobre del 1860...già, fu questo il giorno: esattamente 159 anni or sono, Giuseppe Garibaldi, che aveva sostanzialmente ultimato la conquista del Regno delle Due Sicilie, incontrò nei pressi di Teano il monarca sabaudo Vittorio Emanuele II, il quale avendo già occupato i territori pontifici nelle Marche ed in Umbria si affrettò a dirigersi verso sud. La disputa annosa, ed a tratti ridicola, fra i comuni di Vairano e Teano sul luogo esatto dell’incontro, non mi interessa più di tanto, così (come penso) ai miei “quattro lettori” .
Lo scopo del re era molto preciso e doveva essere conseguito celermente: evitare che Garibaldi e le camicie rosse si spingessero fino a Roma. Fu così che Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II s’incontrarono.
Il sovrano grazie ai servigi ed alle armi dei garibaldini, ma soprattutto grazie alle speranze del popolo meridionale (destinate a rimanere deluse) riuscì ad inglobare tra i possedimenti della sua corona lo stato borbonico; il condottiero nizzardo dopo aver consegnato al re l’autorità sulle regioni meridionali, ottenne che i suoi uomini entrassero nell’esercito regolare sardo conservando il medesimo grado che avevano ottenuto durante la spedizione nel Mezzogiorno d’Italia – promessa che, per inciso, non fu poi mantenuta dal monarca.
L’incontro contrariamente a più di un secolo di storiografia ufficiale, non si svolse in modo affatto idilliaco; si chiudeva così una guerra politica persa da Garibaldi, democratici e rivoluzionari e vinta da Cavour, monarchici e moderati: prova ne sia che il 6 novembre successivo Garibaldi schierò 14.000 uomini, 39 artiglierie e 300 cavalieri davanti alla Reggia di Caserta, attendendo invano che il Re li passasse in rassegna, ma costui aveva fretta e preferì entrare a Napoli da trionfatore; sdegnato e deluso Garibaldi, com’è noto, si ritirò a Caprera
Da quel 26 ottobre di 159 anni fa le sorti della penisola non furono più le stesse. Dal momento in cui Garibaldi strappò il Mezzogiorno d’Italia ai Borbone, nel consegnarlo a Vittorio Emanuele II, diede iniziò alla storia di un nuovo paese. Un’Italia che da lì a poco sarebbe divenuta certamente unitaria, ma che avrebbe avuto dei mali endemici. Divisioni e disomogeneità, oggi come allora, la caratterizzarono. Le condizioni misere delle classi più povere peggiorarono ulteriormente, la borghesia, i cosiddetti “galantuomini”, fece affari d’oro acquistando a “prezzi stracciati” i latifondi ecclesiastici ed ex demaniali messi all’asta; lo stesso Garibaldi, deluso e amareggiato nel 1880, due anni prima della sua morte arrivò a scrivere “Tutt’altra Italia sognavo, non questa miserabile all’interno e umiliata all’estero e in preda alla parte peggiore della nazione”.
Il continuo di questa storia va sotto il nome di brigantaggio, emigrazione, sottosviluppo e “questione meridionale”, ancora aperta oggi, dopo più di un secolo e mezzo.

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