Passare un giorno con gli amici per vivere una piccola avventura è una di quelle cose che ti riconcilia con la vita. Stamattina ascensione alla cima del Monte Maggiore, Pizzo San Salvatore, quota metri 1037 slm, ma non è di questo che vi voglio parlare, e neppure delle tante cose belle ed emozionanti, viste e vissute lungo il cammino, reso faticoso dalle asperità, dal dislivello da colmare e dagli anni che cominciano a farsi sentire. Cinque ore filate a camminare, discutere, ridere, osservare, non essere quasi mai d’accordo su nulla. Tuttavia un piacere intenso che porterò nel cuore ancora per tanto tempo: aver trascorso questo tempo con loro mi ha ritemprato di una settimana faticosa, conclusasi ieri, venerdì nel tardo pomeriggio; poi il viaggio in treno con gli annessi e le peripezie del caso.
Della passeggiata in montagna vi dicevo: ero titubante sul parteciparvi, e mi sono convinto solo dietro insistenza, tuttavia devo dire di essere grato a chi queste insistenze le ha fatte, perché oggi, a parte un poco di stanchezza fisica, mi sento veramente ritemprato nello spirito. Chi, tra i miei quattro lettori ne volesse sapere di più troverà immagini e qualche video su fb.
La nota di colore più intensa e che più delle altre ha suscitato ilarità nel gruppo è stata sicuramente lo scollamento progressivo, dapprima solo accennato, e via via sempre più grave della suola delle scarpe da trekking di uno di noi. Dovete sapere che, giunti nella vasta piana denominata “ i sugli ‘a tocca”, una delle suole era appena staccata in punta, invece a poche centinaia di metri dalla cima, la suola penzolava del tutto (come da foto di copertina), rimanendo attaccata solo dalla parte del tacco; sapevo della possibilità di trovare qualche filo atto a riparare alla meglio la scarpa, perciò ho rassicurato il mio compagno di cammino “stringi i denti che arrivati in cima, la sistemiamo”… e così è stato, con uno spezzone di filo elettrico e un coltello sono riuscito ad accomodare l’imprevisto. Inutile parlarvi dell’ironia e dello sfottò a cui il poveretto è stato sottoposto da parte di tutto il gruppo, il nostro per difendersi poteva solo continuar a ripetere: “sono scarpe ottime, le ho comprate da Decathlon”, non voleva proprio rassegnarsi all’idea che con quelle suole aveva “preso una sòla”; l’evidenza inoltre lo ha contraddetto nel modo più plateale, perché poco dopo aver preso la via del ritorno si è staccata (stavolta completamente) l’altra suola, mentre quella riaccomodata resisteva (ancora per poco), infatti altri due o trecento metri dopo, si è staccata completamente anche la suola riparata alla meglio dal sottoscritto: il mio compagno di viaggio, di cui per discrezione non rivelo il nome, ha dovuto quindi coprire la quasi intera distanza del ritorno praticamente scalzo, continuando imperterrito però a ripetere “le scarpe sono buone, le ho comprate da Decathlon”.
Alla fine anche i miei piedi (stavolta non le scarpe) cominciavano a dare segni di cedimento ma, provvidenziale quanto non mai, si è parata davanti a noi l’auto che doveva ricondurci in paese, parcheggiata nei pressi della località Fosse della Neve.
Scribacchiando per me
sabato 9 settembre 2017
lunedì 4 settembre 2017
SAGRA 2017.ANALISI DI UN EVENTO
A una settimana di distanza dalla conclusione, vi sembra un esercizio facile quello del tirare le somme della Sagra al Borgo 2017? Tutt’altro! A giudicare comunque dall’ apprezzamento generale, dagli incoraggiamenti a continuare sul solco tracciato, dai consistenti flussi di visitatori, di cui alcuni giunti da località molto distanti, sembra che tutto sia andato benone. Dico “sembra”, perché qualche critica è pervenuta, via web o così, detta in faccia.
Sia chiaro:il giudizio mio, insieme a quello di coloro che con me hanno condiviso quest’avventura, non è probante, in quanto parti in causa. Ad ogni modo lo sforzo organizzativo è stato veramente enorme, esso ha coinvolto giovani, persone mature, a volte intere famiglie; sono stati utilizzati e trasformati quintali di farina, centinaia di uova, carne saucciciara da sfamare un reggimento, ettolitri di vino e via dicendo. Per non parlare del sudore versato e della fatica fatta!
In nome della trasparenza, per la fornitura della carne è stata inviata una “manifestazione di interesse” a tre macellerie locali, con l’invito a far pervenire l’offerta in busta chiusa.L’apertura delle buste è stata pubblica, e la merce è stata fornita dalla ditta il cui prezzo e le cui condizioni sono risultate più vantaggiose. L’allestimento ha coinvolto il volontariato confluito intorno alla Pro Loco, lodevoli ragazzi animati da una lodevolissima motivazione, insieme a due o tre ditte locali specializzate in servizi di varia natura.
Veniamo alle critiche: la prima e più forte riguardava la natura contadina della sagra; effettivamente si è giocato un poco sulla terminologia, perché più che di una sagra contadina, nelle intenzioni si è trattato di una sagra rurale; su questa differenza ho avuto modo di intrattenermi nel corso del convegno inaugurale, tenutosi al Teatrino “degli Archi” il giorno 24 agosto scorso, la sfumatura non è di poco conto. Il valore della ruralità, ancora presente in vasti strati della popolazione pietramelarese, fonda le sue radici nel millenario borgo, alla cui valorizzazione e riscoperta tende la sagra; tale valore abbraccia i rapporti di vicinato, gli usi, i costumi, le attività economiche, ivi comprese quelle agricole. Pertanto una sagra esclusivamente contadina avrebbe coinvolto solo uno degli aspetti della ruralità, ma non tutti, ed avrebbe automaticamente escluso il borgo, da sempre location naturale e storica della sagra.
Seconda critica: l’organizzazione.Penso di aver in parte già risposto ad essa nella premessa di questo pezzo, comunque un evento così complesso può comportare qualche stonatura e/o imperfezione, ci sta! Si tratta della prima sagra al borgo organizzata da questa pro loco (nata solo qualche mese fa) ed è già in corso un’autoanalisi ed un’autocritica interna che, per l’anno prossimo dovrebbe eliminare tali stonature, con umiltà chiediamo scusa per esse. Va detto tuttavia che alcune criticità, tipo carenza di posti a sedere non potranno mai essere rimosse, a causa della carenza di spazio, che d’altro canto costituisce una delle peculiarità più suggestive del nostro borgo.
Terza critica: l’uso del dialetto. Esso rappresenta uno dei modi più autentici di riaffermare la nostra identità, è stato da sempre il mezzo di comunicazione più usato, ed il fatto che giovani e giovanissime ne conservino l’uso non può che farci piacere; lasciatemelo dire in questo punto (per me) la polemica si è fatta pretestuosa!
Sia chiaro:il giudizio mio, insieme a quello di coloro che con me hanno condiviso quest’avventura, non è probante, in quanto parti in causa. Ad ogni modo lo sforzo organizzativo è stato veramente enorme, esso ha coinvolto giovani, persone mature, a volte intere famiglie; sono stati utilizzati e trasformati quintali di farina, centinaia di uova, carne saucciciara da sfamare un reggimento, ettolitri di vino e via dicendo. Per non parlare del sudore versato e della fatica fatta!
In nome della trasparenza, per la fornitura della carne è stata inviata una “manifestazione di interesse” a tre macellerie locali, con l’invito a far pervenire l’offerta in busta chiusa.L’apertura delle buste è stata pubblica, e la merce è stata fornita dalla ditta il cui prezzo e le cui condizioni sono risultate più vantaggiose. L’allestimento ha coinvolto il volontariato confluito intorno alla Pro Loco, lodevoli ragazzi animati da una lodevolissima motivazione, insieme a due o tre ditte locali specializzate in servizi di varia natura.
Veniamo alle critiche: la prima e più forte riguardava la natura contadina della sagra; effettivamente si è giocato un poco sulla terminologia, perché più che di una sagra contadina, nelle intenzioni si è trattato di una sagra rurale; su questa differenza ho avuto modo di intrattenermi nel corso del convegno inaugurale, tenutosi al Teatrino “degli Archi” il giorno 24 agosto scorso, la sfumatura non è di poco conto. Il valore della ruralità, ancora presente in vasti strati della popolazione pietramelarese, fonda le sue radici nel millenario borgo, alla cui valorizzazione e riscoperta tende la sagra; tale valore abbraccia i rapporti di vicinato, gli usi, i costumi, le attività economiche, ivi comprese quelle agricole. Pertanto una sagra esclusivamente contadina avrebbe coinvolto solo uno degli aspetti della ruralità, ma non tutti, ed avrebbe automaticamente escluso il borgo, da sempre location naturale e storica della sagra.
Seconda critica: l’organizzazione.Penso di aver in parte già risposto ad essa nella premessa di questo pezzo, comunque un evento così complesso può comportare qualche stonatura e/o imperfezione, ci sta! Si tratta della prima sagra al borgo organizzata da questa pro loco (nata solo qualche mese fa) ed è già in corso un’autoanalisi ed un’autocritica interna che, per l’anno prossimo dovrebbe eliminare tali stonature, con umiltà chiediamo scusa per esse. Va detto tuttavia che alcune criticità, tipo carenza di posti a sedere non potranno mai essere rimosse, a causa della carenza di spazio, che d’altro canto costituisce una delle peculiarità più suggestive del nostro borgo.
Terza critica: l’uso del dialetto. Esso rappresenta uno dei modi più autentici di riaffermare la nostra identità, è stato da sempre il mezzo di comunicazione più usato, ed il fatto che giovani e giovanissime ne conservino l’uso non può che farci piacere; lasciatemelo dire in questo punto (per me) la polemica si è fatta pretestuosa!
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