Agricoltura e cultura: la rima non è casuale. Oggi più che mai agricoltura e cultura sono destinate a incontrarsi, influenzarsi, contaminarsi. Offrire e far conoscere il sapore dei campi significa divulgare la storia della civiltà. Il consumatore diventa quindi “turista del gusto”, quel tipo di turista che negli ultimi anni ha scelto in modo sempre più massiccio l’esperienza dell’agriturismo, consolidata fonte di business in zone quali la Toscana, l’Umbria, la Puglia, e che in provincia di Caserta presenta esperienze sempre più interessanti per la professionalità degli operatori nonché per la particolarità e la diversificazione delle offerte.
Oggi sotto il termine “agriturismo” sono comprese varie forme di ospitalità incardinate intorno ad un’azienda agricola: la concessione di alloggio e la prestazione di determinati servizi che vanno dalla somministrazione di pasti alle lezioni di equitazione e di ecologia, fino a realtà particolarmente complesse ed attuali che prendono il nome di “fattorie didattiche”: unità produttive agricole a tutti gli effetti, che nell’ottica della “multifunzionalità” esercitano nei confronti delle scolaresche, specie di quelle provenienti da aree urbane e metropolitane, una importante funzione di riavvicinamento alla natura. Senza podere, quindi, niente agriturismo: da qui una sempre maggiore divaricazione da altre attività definibili di “turismo rurale”, all’affannosa ricerca della qualifica di “agriturismo”, per godere dei vantaggi – fiscali in primo luogo- connessi alla cosa.
Ed è proprio nella multifunzionalità, parolina magica, che si esplicita l’agriturismo come fenomeno di massa e di elite: un concetto di unità produttiva agricola non dedita esclusivamente alla produzione di alimenti, ma che comincia ad erogare, con soddisfazione economica crescente, anche e soprattutto servizi.
Certo molto tempo è passato dai primi anni ’70, che videro la nascita del fenomeno: allora operai, studenti ed altri vacanzieri di limitate possibilità ricevevano spartana ospitalità dai contadini in qualche camerone senza servizi, o addirittura nel fienile, per poche lire a notte; oggi si stanno progettando i primi eliporti a servizio di aziende agrituristiche per consentire lo sbarco di avventori, evidentemente di ben superiori possibilità finanziarie. Chi scrive ha potuto per motivi di lavoro, o per semplice diporto, visitare un gran numero di aziende agrituristiche della provincia e, anche se, come si diceva all’inizio, il panorama non si rivela particolarmente desolante, ancora molta strada va percorsa nel cammino verso la vera qualità totale dei servizi offerti, strategica per uno sviluppo foriero di soddisfazioni economiche e professionali. Prima di tutto gli operatori agrituristici veri dovrebbero isolare e relegare in un angolo il gruppo di coloro che, ritenendosi furbi, propinano ai propri avventori prodotti da supermercato o, peggio, da “hard discount”, cucinati in assenza di norme igieniche e per i quali vengono presentati conti salatissimi. Un ruolo fondamentale lo hanno i comuni: ad essi la legge regionale in materia delega il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività e il controllo sull’osservanza delle norme.
Sono del parere che, inoltre, vadano sempre di più incrementate le sinergie esistenti fra aziende agrituristiche produttrici di alimenti e servizi diversi: in virtù di ciò, ad esempio, il viticoltore cederà il proprio vino al pastore che lo ripagherà con i suoi formaggi, l’azienda con maneggio potrà offrire lezioni agli ospiti del vicino a condizioni concorrenziali, e via discorrendo sino alla costituzione di una vera e propria rete che, tra i fini perseguiti, metta al primo posto la valorizzazione del territorio e delle sue produzioni tipiche.
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