Allora, in quel tempo lontano, le vacanze estive dalla scuola erano veramente lunghe, quasi tre mesi e mezzo, e finivano insieme al mese di settembre. Il primo di ottobre, San Remigio, si ricominciava ed i bambini che per la prima volta varcavano la soglia delle elementari venivano pertanto detti “remigini”; questo fino a quando, in Italia, non fu approvata la legge n.517 del 4 agosto 1977, e l’inizio delle scuole fu anticipato a metà settembre.
Il mio primo giorno da remigino, appunto, cadde esattamente mezzo secolo fa, 1 ottobre 1964! … non ricordo molto di quel giorno, avevo solo cinque anni appena compiuti; immagino che mi accompagnarono in classe i miei genitori, insegnanti, quindi presenti in quel luogo anche per motivi di lavoro, che mi consegnarono al collega a cui ero stato destinato, il carissimo e compianto Maestro Francesco Broccoli, raccomandandomi di fare il bravo, stare a sentire il maestro con attenzione e bla, bla, bla… intanto per me nell’arioso edificio di via Marconi era iniziata una nuova era, una nuova fase della mia giovane esistenza, destinata a concludersi circa vent’anni dopo con l’esame di laurea nella Reggia borbonica di Portici.
Classe rigidamente maschile, come si usava allora, i caratteristici banchi di legno (monoblocco seduta e scrittoio) che recavano ancora il tipico buco destinato ad accogliere il calamaio, nonostante si fosse già da tempo diffuso l’uso delle biro; e tra i banchi i miei compagni, conosciuti in quel lontano primo ottobre di mezzo secolo fa: e quelli sì, che li ricordo ad uno ad uno! … di ognuno ricordo il volto da bambino , e nelle attuali sembianze degli uomini maturi che sono diventati, riesco ancora a scorgere quelle gentili fattezze, anche se in parte corrotte e cambiate dal tempo. Vestivamo in modo semplice: calzoni corti anche in inverno, scarpe lise dall’iperattività frenetica e dai giochi, grembiule nero e fiocco bianco; chi abitava in campagna recava quasi sempre con se un forte e caratteristico odore di stallatico, ma nessuno ci faceva caso: la cosa veniva considerata più che normale. Sono oggi diventati padri di famiglia, imprenditori, operai, professionisti di successo, ma comunque tutti “uomini”, persone cioè in grado di interpretare ed assumersi responsabilità a vari livelli, sempre onerose e connotate dal sacrificio: come si usa dire dalle nostre parti “hanno fatto una buona riuscita”.
Pensate che con tre di loro: Vinicio, Enzo e Fernando il cammino comune è durato fino ai tempi della maturità … Quanti ricordi, quante storie allegre, quante fragorose risate che ancor oggi ci coinvolgono quando (raramente) ci ritroviamo insieme a raccontarci e raccontarci ancora i ricordi di quel tempo felice.
Tra noi, due o tre ci hanno già lasciato da tempo per una malattia, per un incidente sul lavoro, o per altro e sempre perché la Dea Bendata quel giorno si era distratta e non era rimasta accanto a loro: li rimpiango, e sono triste quando ci penso, perché con essi è andata perduta una parte del mio essere fanciullo.
La scuola: un mondo di cui ho respirato profondamente l’aria e il cui retaggio di valori, insegnamenti, sentimenti, regole e sistemi ancora scandisce i miei giorni, da quell’inizio cinquant’anni fa, fino ad oggi.
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