Questa coda d’inverno ci sta regalando giorni veramente particolari: o ricchi di pioggia o, al più, poveri di sole. I giorni della merla sono trascorsi ormai da qualche settimana, ma sembra che il freddo, quello tosto, solo adesso si è ricordato di farci visita. In cielo un sole “malato” che non riscalda nessuno, forse neppure se stesso, e la terra rimane ancora bagnata, fradicia per le recenti ed abbondanti piogge.
Chi di noi deve uscire di casa per un servizio o per vedere qualcuno, se non si intabarra a dovere rischia seri malanni e, nella migliore delle ipotesi, soffre per il freddo pungente.
Sono questi i giorni del caminetto, della gioiosa fiamma, netta contrapposizione visiva al grigiume che si osserva dalle finestre e dai balconi. E’ questo il tempo di oziare in casa avendo cura di se stessi e del proprio spirito: un buon libro ed una fumante tazza di tè possono essere i migliori compagni. La televisione in tale contesto può anche non esserci, può veramente essere degradata a mero “complemento di arredo”; tuttavia in queste situazioni, ci avete fatto caso? …il peggiore dei nemici è il telefono, fisso o cellulare che sia. La suoneria stridula interrompe quell’atmosfera calda ed accogliente che con tanto impegno hai cercato di creare, ed allora le alternative sono due: o ignorarla correndo il rischio che il rompiscatole di turno, impaziente com’è, ti venga a cercare addirittura a casa, o rispondere.
Se si è scelta l’opzione B, i guai cominciano appena dopo il “pronto”, con un capo che ti rammenta ogni tuo impegno per la giornata a seguire, paventando conseguenze disastrose in caso di mancato tempestivo adempimento, oppure con un parente a cui sembra che i propri giorni stiano per terminare a minuti, tanta è l’ansia delle richieste espresse; ed hai voglia di dire “state tranquilli”, “sono qui per questo”…non funziona! Che dire poi delle chiamate contemporanee sul fisso e sul cellulare: si deve sul momento generare una gerarchia per optare a chi rispondere per primo, e mentre sei impegnato in tale “amletico dubbio”…ecco, ci mancava solo il citofono! Per fronte alla necessità ti trasformi in uno di quei “one man band” che suonano tre o quattro strumenti in contemporanea, utilizzando con singolare efficienza ogni parte del corpo: un tamburo a zaino suonato con un tirante legato alla caviglia, un organetto tra le mani e tanti campanellini appesi ad un cappello, fatti suonare con movimenti ripetuti della testa. Sei così: il citofono con la destra, la cornetta del fisso con la sinistra, il cellulare aperto appoggiato su un tavolo che gracchia come se niente fosse…
La voglia più impellente che scaturisce dalle meningi è quella di dire che stai riposando, che vorresti ritemprarti di una settimana agitata, ma, come al solito, si ascolta, si annuisce e si prega che il supplizio termini al più presto, ed una volta che la cornetta è stata riposta, parte il liberatorio: “lassatem’ sstà”.
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