Il vento stamattina è freddo, ostile, e ti ulula contro quasi a volerti rimproverare qualcosa. Il suo borbottio, a volte sussurrato, a volte intenso richiama “le voci di dentro”, per usare un’espressione eduardiana.
A piedi o in bici, cammini contro vento, ascolti e ti ascolti. Allontanandosi dal paese i rumori prodotti dall’uomo si fanno sempre più sommessi, attenuati e quando rimani solo, nel bel mezzo dei campi, rimane solo la voce del vento e ti sembra che qualcuno ti cammini accanto e ti parli a volte con accenti amichevoli, a volte con piglio severo; se alzi lo sguardo verso l’alto le nuvole, poi, disegnano geometrie insolite, sempre mutevoli. Sono momenti di umore altalenante, affascinato come sei dalla bellezza che ti circonda ma, al tempo stesso, colpito dal freddo pungente e dai pensieri cupi che ti suggerisce il contesto.
Mentre ragiono, tra me e me, mi ritorna alla mente un adagio sentenzioso, molto da filosofo “del pensiero debole” , letto tanti anni fa in un quadretto appeso alla parete: “pigl’ o juorn comme vvè, a femmina comm’ è… e o vient’ comme soscia”
N.d.r. : …per chi ha poca confidenza con il napoletano, il proverbio si traduce più o meno così “prendi il giorno così come viene, la donna secondo il suo verso e il vento nella sua direzione”
Bellissima! Complimenti!!!
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