Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

giovedì 27 marzo 2025

UNA TRADIZIONE, UN'OPERA

 

Tra le note introduttive al pregevole lavoro di Elpidio Fiano, “Pietramelara-Castelpetroso. Memorie e racconti sulle strade dello storico pellegrinaggio”, mi ha colpito in particolare quella a firma di Don Giosuè Zannini, e non me ne vogliano per questo Don Pasqualino, Don Paolo e Lello Amendola, che hanno voluto introdurre il lavoro letterario; in un passo che ritengo di somma importanza Don Giosuè tiene a sottolineare: “Sono pagine scritte con l’inchiostro dell’Amore, incancellabile all’usura del tempo, e per questo sono consegnati a quanti, dopo di noi, continueranno a camminare come pellegrini di speranza”. Sono espressioni veramente condivisibili, conoscendo bene l’autore dell’opera, lo si vede infatti prodigarsi per animare liturgie, per allietare eventi vissuti nella gioia, con quella sua voce potente ed armoniosa. Il suo legame con la tradizione non si esaurisce affatto nell’esperienza di fede del pellegrinaggio, che ogni anno coinvolge tanti fedeli; potremo, senza tema di smentita, definire Elpidio un campione di quel valore che chiamiamo, con un pizzico di orgoglio e senso di appartenenza, PIETRAMELARESITA’.
Già in un passato ormai lontano, ben quarant’anni or sono, il compianto Pietro De Simone, diede alle stampe un lavoro analogo sullo stesso argomento dal titolo “Cronistoria di un Pellegrinaggio” (1985), ed il nostro pellegrinaggio è stato inserito anche, in tempi recenti, nell’Inventario del Patrimonio Culturale Immateriale Campano (IPIC); tutto questo sta a testimoniare quanto solida e compenetrata nella comunità sia questa tradizione, risalente alla fine dell’Ottocento.
Fondamentale nell’evolversi del Pellegrinaggio negli anni, come evento di Fede e Tradizione popolare, la figura dell’Arciprete Don Domenico Lombardo, che spese risorse ed energie anche per dare un contributo fattivo alla costruzione del monumentale Santuario dell’Addolorata, situato a ridosso della SS 17 su un’altura. Chi percorre quell’importante arteria vive una profonda emozione nel vedere la prima volta l’armonica architettura neogotica di quell’edificio... un’emozione difficile da spiegare a chi non l’ha ancora vissuta!
Rintonando all’opera di Elpidio, va detto sicuramente che essa si inserisce in quel filone di letteratura popolare già percorso da altri a Pietramelara: per citarne qualcuno Mario Panebianco, Luisa Moretti, Teresa Regna e, recentemente Eleonora Landi; ciò conferma l’esistenza, laddove e ne fosse bisogno, di un ricco humus culturale nella nostra terra, capace di generare interessi ed opere di assoluta importanza. In un’epoca in cui le informazioni sono veicolate soprattutto tramite il web, lasciare ai posteri un’opera cartacea significa sfidare il tempo e l’oblio, al quale ogni uomo ed ogni cosa è soggetto.
Che dire? … bravo caro Elpidio, chi leggerà il tuo libretto troverà una fonte veramente ricca di ricordi, personaggi, immagini legati indissolubilmente alla secolare tradizione del Pellegrinaggio che, ogni anno si rinnova, e bravo a chi, come Don Paolo, credendo in te, ha sostenuto l’onere della pubblicazione.

sabato 15 marzo 2025

22 DICEMBRE 1862. UN PREFETTO IMPAURITO

 

Una nota a firma del Prefetto della Provincia di Terra di Lavoro, datata 22 dicembre 1862, rinvenuta presso l’Archivio di Stato, sollecitava il Sindaco di Pietramelara a trasmettere “i lavori mensuali del movimento della popolazione a tutto il cadente anno” (vedi immagine di copertina). L’unità nazionale era cosa fatta da appena un biennio, e venne proclamata a Torino solo il 17 marzo 1861; cosa spingeva il solerte funzionario a tanta premura? Nella lettera spedita al nostro comune si legge di analoghe pressioni esercitate dal Ministero Agricoltura, Industria e Commercio, e va detto che l’anno 1862 non era ancora concluso. Ciò che interessava, e lo si legge con chiarezza era il documento denominato “statino sulle emigrazioni ed immigrazioni”.
L’unità nazionale era stata diversamente percepita nei vari strati della popolazione e, se da un lato la nobiltà aveva guardato con favore ad essa, intravedendo un consolidamento dei secolari privilegi che le erano stati da sempre riservati, i contadini, che costituivano la “spina dorsale” dell’economia meridionale, avevano visto un sostanziale peggioramento delle loro condizioni economiche, anche in quel breve lasso di tempo che era trascorso. La preoccupazione, pertanto, era legata all’emigrazione alimentata dai tanti contadini che abbandonavano le terre, in cerca di fortuna (soprattutto) nelle “lontane Americhe”; se si fosse andati avanti così alla fine non sarebbero rimasti che in pochi ad esercitare quell’attività.
D’altronde il Brigantaggio attraversava il momento di più elevata auge, e tanti uomini e donne, delusi delle promesse garibaldine, specialmente popolani, si erano dati alla macchia e, in quel periodo, stavano dando filo da torcere all’esercito piemontese; costoro non potendo apparire nei documenti anagrafici richiesti dal Prefetto, configuravano le carte richieste come elemento utile alle indagini di polizia.
Ed allora il solerte Prefetto passava alle minacce di adozione di “opportune misure, specialmente verso I Segretari Comunali, che esser debbono i principali coadiutori delle Giunte di Statistica”.
Nello stretto linguaggio burocratico di un funzionario, di evidenti origini piemontesi (C. Mayr), o quanto meno non meridionali,  si leggeva il timore per il completo fallimento politico e militare dell’unificazione nazionale.

giovedì 20 febbraio 2025

TONI DA CAMPAGNA ELETTORALE ED ATTACCHI PERSONALI

E’ cosa risaputa che solo occasionalmente dedico le pagine di questo blog scribacchiato alla politica locale; preferisco gli usi, la storia, le tradizioni, il dialetto di questa gente pietramelarese a cui orgogliosamente sento di appartenere.
Tale premessa è riferita al vivace scambio di ieri sera con il Prof. De Robbio Giovanni, il quale, alla stregua dei suoi compagni di cordata, quando si vede alle strette butta la cosa sul “personale”. Per carità ritengo più che legittimo difendere sui social il proprio operato, ma io chiedevo delle risposte che non sono giunte.
Il tono utilizzato è da campagna elettorale, e la onnipresenza personale sui social, da parte di qualcuno, lascia trapelare che qualcosa, nel gruppo di maggioranza, non funzioni al 100%, nonostante l’abbondante spreco di incenso mediatico ripetuto sui social più diffusi.
Beh… al posto di risposte puntuali a puntuali domande, il ricordo quanto mai fuori posto della mancata elezione di Elio Barriciello in consiglio comunale, risalente, udite udite, al lontano 1998. E poi ancora un interminabile elenco di persone rispettabilissime che, nel corso dei decenni, si sono alternati in amministrazione. Senza contare poi che proprio tra loro vi sono donne e uomini che, visto il modo di amministrare, e ritenutolo infondato, insipiente e non in grado di affrontare problematiche serie, sono ritornati sui propri passi. Tra essi noto persone che sono state parte attiva nella formazione della lista “Cambiamo Pietramelara”, con candidato sindaco il caro Andrea, del quale De Robbio e compagni, in dispregio di ogni regola democratica, oggi chiedono le dimissioni; o anche chi apertamente ha sostenuto la lista “Cambiamo Pietramelara”, facendo propaganda elettorale alla luce del sole.
Le domande poste dal sottoscritto blogger scribacchiante, erano riferite alla situazione finanziaria dell’Ente, alla risoluzione del problema dell’approvvigionamento idrico, che seppur cinquantennale oggi come non mai si fa sentire, alla precaria sicurezza nel percorrere le stradine del Borgo. Queste le domande, ma al posto delle risposte giri di parole che dimostrano, laddove ve ne fosse bisogno, che tali problemi sono lontani anni luce dall’essere eliminati.
Caro Professore, sono decenni che fai politica, pertanto dovresti sapere che le invettive, le catilinarie, gli attacchi diretti a chi non condivide le tue idee e il tuo operato, non portano da nessuna parte, sarebbe meglio impegnarsi con maggiore serietà. Ti saluto 

domenica 5 gennaio 2025

DEMANI COMUNALI: NORME ED USO

 


L’ideologia liberale ispirava le corti napoleoniche: Gioacchino Murat, con Decreto 3 dicembre 1808. Istruzioni per l’esecuzione della legge 1° settembre 1806 e del Decreto 8 giugno 1807, sulla divisione del demani, aveva stabilito che ai privati fosse affidata quella gran massa di terre affinché esse, messe a coltura, generassero benessere e sviluppo economico. In particolare l’articolo 21 prevedeva che: “L’agente distrettuale, ed il decurionato di ciascun Comune, faranno nella loro prima unione lo stato di tutte le terre comunali []. Essi divideranno tutte le suddette terre in due classi, cioè in terre coltivabili, ed in terre riservate al demanio. Nella prima classe saranno comprese tutte le terre capaci di coltura, ancorché attualmente si tengano ad altro uso. Nella seconda si comprenderanno i boschi, le terre inondate e lamose, e le falde troppo erte dei monti. Le prime saranno esposte alla divisione. Le seconde saranno misurate e descritte con tutte, le loro circostanze ed accidenti di località …”.
A tal proposito tale Nicolò di Fusco redigeva un verbale in data 18 marzo 1810, incaricato dall’agente demaniale Fabrizio D’Amore, per procedere alle incombenze dettate dal decreto in Pietramelara. Si tratta di un documento ritrovato nell’archivio di Stato a Caserta, prezioso per fornire una descrizione dettagliata dell’uso del suolo all’epoca, in verità non troppo dissimile dall’attualità.  
Nel verbale viene annotato che “in questa Comune non vi sono demani ex feudali, né di Chiese né di luoghi pii”, semplicemente vi sono demani comunali da suddividere, distinti in quattro diverse aree geografiche: al Montemaggiore, al Monticello, al Pelatiello, in “un territorio pantanoso, sotto acque, le Pratole” ovviamente non divisibile in quanto sommerso per oltre sei mesi l’anno. Il demanio di Montemaggiore nella parte più pianeggiante (contrade Gurvo, Sorienze, San Pancrazio ecc.) già all’epoca si trovava divisa fra i cittadini, occupata e ridotta a coltura; la parte superiore era a bosco, erto, petroso e non divisibile, si aggiungeva correttamente che il disboscamento e la messa a coltura di queste ultime avrebbe potuto dar luogo ad alluvioni; tale parte, circa mille moggia,  era condotta in fitto per l’esbosco, con Regio assenso, da tale signor Raimondo Maddaloni per il canone di 350 ducati annui. Similmente le terre dei demani Monticello e Pelatiello erano già divise e messe a coltura, fatta eccezione al Pelatiello per un luogo di “circa moggia otto, tutto petroso, situata tra i confini di Don Crescenzo Montanaro, il Marchese della Pietra, e il Duca di Roccaromana, dal quale luogo la comune non ne ritrae rendita veruna”. Infine il demanio delle Pratole “il quale per l’erba che dà dal mese di maggio e Giugno, essendo luogo piano né da rendita alla Comune di ducati 60”.
L’operosità dei nostri concittadini li aveva indotti a disboscare e mettere a coltura vaste zone, forse già da Medioevo. Quali le differenze da annotare rispetto ad oggi? In primo luogo, gran parte delle coltivazioni ai piedi del Monteggiore e l’intero Monticello, le cese, sono ritornate a rimboschirsi, per le difficoltà di coltivazione e per l’emigrazione; inoltre la zona dei pantani, oggi privata, viene correntemente coltivata, grazie ad un abbassamento della falda freatica e alla diminuita piovosità.

(Sullo stesso argomento in questo blog cfr. https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2021/03/una-sorpresa-portata-di-mano.html)

 

venerdì 20 dicembre 2024

UNA TASSA SULLA SALUTE DI 170 ANNI FA

 

Gli archivi del nostro comune, a causa di trasferimenti dell’Ente da una sede all’altra (negli anni settanta e ottanta dello scorso secolo), si sono pressoché dissolti ed annientati, la mancanza di sensibilità da parte di chi di dovere ha fatto il resto. Qualche documento, a un appassionato di queste cose come me, è giunto per puro caso, tramite qualche amico venutone in possesso in circostanze altrettanto fortuite.
Vi voglio parlare oggi di un interessante reperto: la lista di carico della “tassa protomedicale” esatta per l’anno 1851 nel nostro comune, che ci può offrire un’immagine del sistema sanitario del tempo.
Leggo dal web che sin dal secolo XVI il Protomedicato generale vigilava sull' "esercizio dell'arte salutare" nel Regno di Napoli, la cui funzione principale era vigilare sugli "esercenti le arti sanitarie" e in particolare sui farmacisti. Con rescritto del 22 settembre 1822 furono nominati in ogni distretto un vice protomedico e uno speziale verificatore perché visitassero le farmacie dei rispettivi comuni. A questi ufficiali spettava verificare la legalità degli esercenti, ispezionare drogherie e spezierie e vigilare sulla percezione della tassa protomedicale, destinata per due terzi alla Casa Santa degli incurabili, per un terzo ai vice protomedici, agli aiutanti e ai farmacisti visitatori a titolo di rimborso spese. Il Protomedicato operante nei domini continentali fu riordinato con r.d. del 24 aprile 1850 e con l'annesso regolamento, della cui esecuzione furono incaricati il Ministro degli affari ecclesiastici e della pubblica istruzione e quello delle finanze. E proprio a tale norma fa riferimento l’intestazione della lista di carico in questione. L’importo totale di cui alla lista ammonta a 14 ducati e 10 grana (pari a un centesimo di ducato). Le commissioni comunali infine, costituite dal giudice di circondario, dal sindaco e dal parroco, vigilavano sulla salute pubblica, accertavano i titoli degli esercenti.
La lista di carico, di cui sopra, consta di ben tre farmacisti, due levatrici e sette “salassatori”. Non è dato sapere se, 173 anni or sono, esistevano sul nostro territorio tre farmacie, o se, molto più probabilmente, i dottori Gaetano Porfirio, Giovanni Belmonte e Beniamino Belmastro, abitavano in Pietramelara e/o esercitavano l’attività professionale anche nei dintorni.
Le levatrici, alla stregua delle moderne ostetriche, assistevano le donne nella delicata fase del parto; il fatto che Maria e Michelina Zarone portassero lo stesso cognome ci fa pensare a una “arte di famiglia”, tramandata da una generazione alla successiva.
Chi era infine il salassatore? La "professione" di Salassatore (o flebotomo) corrispondeva a quella di chi praticava i salassi. In genere era sempre il barbiere che interveniva anche nelle estrazioni dentarie. Nel Meridione, specie nei paesi piccoli dove il medico condotto era costretto a girare di villaggio in villaggio, era sempre il barbiere che interveniva nel primo soccorso in attesa che arrivasse il "Dottor Fisico". Ci si arrangiava come meglio si poteva, come si vede e i signori Giovanbattista Regna, Raffaele Casillo, Tommaso Panella, Antonio Abrucci, Pasquale Centore, Luca Nusco e Francesco Di Somma, barcamenandosi, grazie più all’esperienza che a una vera e propria formazione teorica, riuscivano a sbarcare il lunario.
 

lunedì 16 dicembre 2024

IL PAPPAGALLO EVASO, IPOTESI E RISCHI

 

La simpatica vicenda del pappagallo avvistato e fotografato nei pressi del Monumento a San Rocco, in località Casino, mi pone di fronte a un dilemma: si tratta di un fuggitivo, stanco di accettare la reclusione su un trespolo e in un’angusta gabbia, oppure l’ennesima conferma di avifauna aliena nel nostro territorio? (cfr. foto di copertina, da FB)
Nel caso si trattasse di un fuggitivo, la memoria mi riporta alla sparizione   del pappagallo “Garibaldi”, nel film “Così parlò Bellavista”; nella vicenda apparteneva al portiere del palazzo del professore/filosofo Gennaro Bellavista, e un giorno, forse per amore, forse per desiderio di libertà volò via, generando un’affannosa ricerca a cui parteciparono gli inquilini e gli allievi del professore; uno di loro, il poeta estemporaneo Luigino, pronunciò versi divenuti poi famosi: “… ‘a libertà, ‘a libertà, pure o’ pappavallo l’adda pruvà”. La fama e la diffusione del film, divenuto nel tempo un cult, hanno fatto il resto.
La seconda ipotesi, è molto meno simpatica e suggestiva! Si, perché da tempo si sente parlare di pappagalli e pappagallini, specie di origine sub tropicale che, grazie al mutamento climatico che stiamo vivendo, hanno trovato in Italia, nelle alberature urbane e nelle zone rurali, un habitat più che accettabile. Tali uccelli sono divenuti in molte zone, ad esempio nei pressi di Firenze o nelle zone rurali della Puglia, pericolosi e dannosi. A lanciare l’allarme è Coldiretti Firenze che segnala come questi sgargianti pappagalli stiano provocando perdite di raccolti sempre più pesanti. L’associazione di categoria parla di vera e propria “calamità” destinata a creare problemi anche nelle città e mette in guardia da possibili pericoli anche per la salute dei cittadini, potendo questi uccelli trasmettere malattie come la salmonellosi e l’influenza aviaria.
“L’invasione dei parrocchetti rischia di scappare di mano così come è scappata di mano quella dei cinghiali, dei cani inselvatichiti, dei colombacci, dei piccioni e di altre specie” avverte il presidente di Coldiretti di Firenze. Anche nell’ampio parco che circonda il mio ufficio è ormai normale la loro presenza. Sembra, inoltre che gli stessi possano trasmettere agli uomini malattie come la psittacosi (malattia infettiva), l’influenza aviaria o la salmonellosi. Infine la loro capacità competitiva potrebbe determinare conseguenze devastanti anche per le ripercussioni sull’avifauna autoctona (passeri, merli, pettirossi e usignoli) e portare alla sua estinzione a causa della pericolosa e impari competizione innescata.
L’allarme sociale è giunto al punto che l’Unione Europea dal 2007  vieta l’importazione di alcuni pappagalli.

martedì 3 dicembre 2024

PIETRAMELARA: DA BORGO MARINARO A “CITTA’ DEI MORTI”

 

Divertente… non trovate, la storia di Pietramelara/Borgo Marinaro. Che volete, sono più portato ad assolvere che condannare; sono cose che succedono e non c’è niente di male o di illegittimo nell’usufruire di quella funzione tanto comune nei moderni PC, chiamata “copia e incolla”. Succede quando la fretta detta i tempi, e non c’è modo di riguardare il tutto prima di renderlo ufficiale. L’opposizione consiliare d’altronde fa il proprio mestiere, ed è naturale e doveroso, da parte loro, puntare e colpire ad ogni passo falso ed inciampo della controparte.
Assolvo, dicevo, in questo caso l’Amministrazione; tuttavia condanno la stessa per un motivo, a mio parere, ben più importante: lo scempio di quello che è stato per secoli il “giardino dei monaci” a San Pasquale. La storia di questo appezzamento di terreno, esteso circa tremila metri (un moggio scarso), originariamente coltivato a vigna ed orto dagli stessi frati, si perde nella notte dei tempi: adiacente alla Masseria San Pasquale, era di proprietà dei Duchi Caracciolo, che lo davano in comodato gratuito ai frati per ritrarne sostentamento e vino, destinato alla Messa e alla mensa conventuale; nel giardino si conservava fra l’altro l’ultimo pezzo di quella che era stata la “vigna dei duchi”, definitivamente estirpata negli anni trenta del XX secolo.  La memoria popolare parla di vicende alterne, il “giardino dei monaci” veniva concesso e tolto ai monaci a fasi alterne, e questo per secoli, secondo la volubile volontà dei signori di quel tempo. Negli anni settanta del secolo XX, la svolta: i Paternò, eredi dei Caracciolo, vendettero la masseria e l’annesso orto dei monaci; la nuova proprietà, memore di tali “alterne vicende”, pensò bene e finalmente di donare alla Famiglia Francescana l’appezzamento di cui si parla; vennero poi gli anni dell’abbandono del Convento da parte dei frati e le vicende che tutti conoscono. Ad opera dell’instancabile Don Roberto e alcuni suoi collaboratori, fu fondato un oratorio che aveva sede nel piano terreno del Convento e utilizzava quello che era stato il “giardino dei monaci” come spazio per attività ludiche e sportive.
Alla fine di quest’ultima esperienza, dopo qualche anno, vi è stato l’acquisto da parte dei Comune di Pietramelara dell’intero bene, in testa alla Provincia Francescana, con stipula di un atto di compravendita. L’idea alla base dell’acquisto allargare ulteriormente il cimitero, dopo decenni di allargamenti consecutivi; lo scopo, è lampante, quello di “fare cassa”, per un Ente in perenne difficoltà ed affanno, con i proventi derivanti dalla vendita dei loculi e delle zonette per le cappelle; d’altronde le numerose fosse vuote nel cimitero stanno a dimostrare che l’esigenza di allargare il cimitero si riduce ad una sorta di “artificio contabile”. Tutto qua? ... vi chiederete voi; beh, il ragionamento è più articolato: provate ad immedesimarvi nei panni di un viaggiatore che in auto, in bici o a piedi percorre la provinciale che da Riardo conduce verso Pietramelara. Il primo impatto visivo, a lavori conclusi, che avrà di fronte affrontando la curva sarà un cimitero! Bella storia questa: Pietramelara da Borgo Marinaro, nelle intenzioni dei nostri beneamati amministratori a “città dei morti”. Il nostro paese che dite di amare tanto, a mio modesto parere, non merita un così funereo biglietto da visita, cari amici dell’Amministrazione!