Una nota a firma del
Prefetto della Provincia di Terra di Lavoro, datata 22 dicembre 1862, rinvenuta presso l’Archivio di
Stato, sollecitava il Sindaco di Pietramelara a trasmettere “i lavori mensuali
del movimento della popolazione a tutto il cadente anno” (vedi immagine di
copertina). L’unità nazionale era cosa fatta da appena un biennio, e venne
proclamata a Torino solo il 17 marzo 1861; cosa spingeva il solerte funzionario
a tanta premura? Nella lettera spedita al nostro comune si legge di analoghe
pressioni esercitate dal Ministero Agricoltura, Industria e Commercio, e va detto
che l’anno 1862 non era ancora concluso. Ciò che interessava, e lo si legge con
chiarezza era il documento denominato “statino sulle emigrazioni ed
immigrazioni”.
L’unità nazionale era stata diversamente percepita nei vari strati della popolazione e, se da un lato la nobiltà aveva guardato con favore ad essa, intravedendo un consolidamento dei secolari privilegi che le erano stati da sempre riservati, i contadini, che costituivano la “spina dorsale” dell’economia meridionale, avevano visto un sostanziale peggioramento delle loro condizioni economiche, anche in quel breve lasso di tempo che era trascorso. La preoccupazione, pertanto, era legata all’emigrazione alimentata dai tanti contadini che abbandonavano le terre, in cerca di fortuna (soprattutto) nelle “lontane Americhe”; se si fosse andati avanti così alla fine non sarebbero rimasti che in pochi ad esercitare quell’attività.
D’altronde il Brigantaggio attraversava il momento di più elevata auge, e tanti uomini e donne, delusi delle promesse garibaldine, specialmente popolani, si erano dati alla macchia e, in quel periodo, stavano dando filo da torcere all’esercito piemontese; costoro non potendo apparire nei documenti anagrafici richiesti dal Prefetto, configuravano le carte richieste come elemento utile alle indagini di polizia.
Ed allora il solerte Prefetto passava alle minacce di adozione di “opportune misure, specialmente verso I Segretari Comunali, che esser debbono i principali coadiutori delle Giunte di Statistica”.
Nello stretto linguaggio burocratico di un funzionario, di evidenti origini piemontesi (C. Mayr), o quanto meno non meridionali, si leggeva il timore per il completo fallimento politico e militare dell’unificazione nazionale.
L’unità nazionale era stata diversamente percepita nei vari strati della popolazione e, se da un lato la nobiltà aveva guardato con favore ad essa, intravedendo un consolidamento dei secolari privilegi che le erano stati da sempre riservati, i contadini, che costituivano la “spina dorsale” dell’economia meridionale, avevano visto un sostanziale peggioramento delle loro condizioni economiche, anche in quel breve lasso di tempo che era trascorso. La preoccupazione, pertanto, era legata all’emigrazione alimentata dai tanti contadini che abbandonavano le terre, in cerca di fortuna (soprattutto) nelle “lontane Americhe”; se si fosse andati avanti così alla fine non sarebbero rimasti che in pochi ad esercitare quell’attività.
D’altronde il Brigantaggio attraversava il momento di più elevata auge, e tanti uomini e donne, delusi delle promesse garibaldine, specialmente popolani, si erano dati alla macchia e, in quel periodo, stavano dando filo da torcere all’esercito piemontese; costoro non potendo apparire nei documenti anagrafici richiesti dal Prefetto, configuravano le carte richieste come elemento utile alle indagini di polizia.
Ed allora il solerte Prefetto passava alle minacce di adozione di “opportune misure, specialmente verso I Segretari Comunali, che esser debbono i principali coadiutori delle Giunte di Statistica”.
Nello stretto linguaggio burocratico di un funzionario, di evidenti origini piemontesi (C. Mayr), o quanto meno non meridionali, si leggeva il timore per il completo fallimento politico e militare dell’unificazione nazionale.
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