I ragazzi del '99 furono
i coscritti di leva italiani che, nel 1917, al compimento dei diciotto anni,
furono mandati in prima linea sui campi di battaglia della prima guerra
mondiale. Furono precettati quando non avevano ancora compiuto diciotto anni. I
primi contingenti italiani, 80.000 circa, furono chiamati nei primi quattro
mesi del 1917 e, frettolosamente istruiti, vennero inquadrati in battaglioni di
milizia territoriale. I primi ragazzi del ‘99 furono inviati al fronte solo nel
novembre del 1917, nei giorni successivi alla battaglia di Caporetto. Il loro
apporto, unito all'esperienza dei veterani, si dimostrò fondamentale per gli
esiti della guerra.
A loro, ed ad uno di essi in particolare, Carlo Antuono da Teano, è dedicato un breve saggio scritto “a quattro mani” dai nipoti Liberato Izzo (da Pietramelara) e Enzo Antuono, che mi hanno donato una copia.
A loro, ed ad uno di essi in particolare, Carlo Antuono da Teano, è dedicato un breve saggio scritto “a quattro mani” dai nipoti Liberato Izzo (da Pietramelara) e Enzo Antuono, che mi hanno donato una copia.
Al proposito devo dire che, da cultore della memoria
collettiva nelle pagine scribacchiate di questo blog, sono particolarmente
d’accordo con Carlo Antuono jr, redattore della presentazione al pregevole
testo, quando scrive: “la conservazione
della memoria non è mai solo questo, né si imita a racchiuderne i fini, essa si
allarga sempre, più in generale, ad una restituzione di caratteristiche sociali
innumerevoli”.
In linea con tale
assunto la narrazione della vicenda bellica del protagonista inizia dal
febbraio 1917, allorquando nel Distretto Militare di Caserta fu assegnato alla
Brigata Gaeta, con compiti di milizia territoriale. Nel successivo mese di
giugno, dopo l’addestramento, fu trasferito nella valle del torrente Judrio,
considerata strategica. Qualche mese più tardi, dopo la disfatta di Caporetto,
il nostro si trovò a combattere gli austriaci insieme a tanti coetanei. Il
saggio si articola in varie descrizioni del contesto storico, politico e sociale
in cui si dovettero trovare il fante Carlo Antuono e i suoi coetanei: vi si
descrive, fra l’altro, la cocente satira a carico del generale Cadorna,
dileggiato in una canzoncina a causa dell’inadeguatezza dell’ufficiale al ruolo
di Capo di Stato Maggiore, formato nelle accademie sabaude e fautore di una
concezione elitaria dell’esercito. La ferrea disciplina propugnata dal Cadorna
determinò l’uccisione di tantissimi giovani italiani, commilitoni dell’Antuono,
o perché destinatari di ordini sbagliati o perché falcidiati per punizione
dalle stesse mitraglie italiane, con l’accusa di vigliaccheria.
Le angherie subite dai soldati, insieme alle sconfitte, indussero il governo nazionale a nominare come nuovo Capo di Stato Maggiore il generale Armando Diaz, fautore di una dottrina molto più tollerante, a cui fu demandato il compito di riorganizzare un esercito ormai decimato negli uomini, a causa delle inefficienze descritte. Il saggio continua con minuziose descrizioni delle armi utilizzate dagli eserciti belligeranti, dell’onore di cui si coprì l’Antuono, destinatario di ben due promozioni, della benevolenza da parte dei superiori. Dopo la fine delle operazioni belliche, il Diaz elogiò pubblicamente il comportamento dei Ragazzi del ’99; tra l’altro l’Antuono meritò la terza promozione a sergente. Per delineare la personalità del protagonista e sottolineare l’attaccamento alla famiglia e alla propria terra, egli amava narrare che, alle insistenze dei superiori a raffermarsi e rimanere nell’esercito con il grado di sergente maggiore, egli rispose “a casa mia sono un generale”. Riprese il mestiere di contadino, e divenne mezzadro del Dr. Rinaldi, filantropo fondatore dell’Ospedale di Roccaromana. Carlo sposò nel maggio 1923 Domenica Rapa (Menicuccia). La vicenda dell’Antuono si svolge fra alterne fortune, in gioventù come nell’età matura: richiamato in guerra agli inizi del secondo conflitto mondiale, fu congedato definitivamente nel 1941, perché a capo di una famiglia numerosa.
Ciò che più colpisce di questo racconto è l’atteggiamento sereno del protagonista, di fronte a mille traversie che l’hanno coinvolto: soldato poco più che bambino, l’aver dovuto assistere a migliaia di commilitoni caduti, il duro lavoro dei campi, il richiamo alle armi, elementi che delineano il quadro di un popolo e una intera classe sociale, prima ancora che di un uomo, il cui destino è stato demandato a fatti e personaggi più grandi ed esterni alla propria esistenza.
Le angherie subite dai soldati, insieme alle sconfitte, indussero il governo nazionale a nominare come nuovo Capo di Stato Maggiore il generale Armando Diaz, fautore di una dottrina molto più tollerante, a cui fu demandato il compito di riorganizzare un esercito ormai decimato negli uomini, a causa delle inefficienze descritte. Il saggio continua con minuziose descrizioni delle armi utilizzate dagli eserciti belligeranti, dell’onore di cui si coprì l’Antuono, destinatario di ben due promozioni, della benevolenza da parte dei superiori. Dopo la fine delle operazioni belliche, il Diaz elogiò pubblicamente il comportamento dei Ragazzi del ’99; tra l’altro l’Antuono meritò la terza promozione a sergente. Per delineare la personalità del protagonista e sottolineare l’attaccamento alla famiglia e alla propria terra, egli amava narrare che, alle insistenze dei superiori a raffermarsi e rimanere nell’esercito con il grado di sergente maggiore, egli rispose “a casa mia sono un generale”. Riprese il mestiere di contadino, e divenne mezzadro del Dr. Rinaldi, filantropo fondatore dell’Ospedale di Roccaromana. Carlo sposò nel maggio 1923 Domenica Rapa (Menicuccia). La vicenda dell’Antuono si svolge fra alterne fortune, in gioventù come nell’età matura: richiamato in guerra agli inizi del secondo conflitto mondiale, fu congedato definitivamente nel 1941, perché a capo di una famiglia numerosa.
Ciò che più colpisce di questo racconto è l’atteggiamento sereno del protagonista, di fronte a mille traversie che l’hanno coinvolto: soldato poco più che bambino, l’aver dovuto assistere a migliaia di commilitoni caduti, il duro lavoro dei campi, il richiamo alle armi, elementi che delineano il quadro di un popolo e una intera classe sociale, prima ancora che di un uomo, il cui destino è stato demandato a fatti e personaggi più grandi ed esterni alla propria esistenza.