Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

venerdì 20 settembre 2024

STORIA DI CARLO, RAGAZZO DEL '99

 

I ragazzi del '99 furono i coscritti di leva italiani che, nel 1917, al compimento dei diciotto anni, furono mandati in prima linea sui campi di battaglia della prima guerra mondiale. Furono precettati quando non avevano ancora compiuto diciotto anni. I primi contingenti italiani, 80.000 circa, furono chiamati nei primi quattro mesi del 1917 e, frettolosamente istruiti, vennero inquadrati in battaglioni di milizia territoriale. I primi ragazzi del ‘99 furono inviati al fronte solo nel novembre del 1917, nei giorni successivi alla battaglia di Caporetto. Il loro apporto, unito all'esperienza dei veterani, si dimostrò fondamentale per gli esiti della guerra.
A loro, ed ad uno di essi in particolare, Carlo Antuono da Teano, è dedicato un breve saggio scritto “a quattro mani” dai nipoti Liberato Izzo (da Pietramelara) e Enzo Antuono, che mi hanno donato una copia. 
Al proposito devo dire che, da cultore della memoria collettiva nelle pagine scribacchiate di questo blog, sono particolarmente d’accordo con Carlo Antuono jr, redattore della presentazione al pregevole testo, quando scrive: “la conservazione della memoria non è mai solo questo, né si imita a racchiuderne i fini, essa si allarga sempre, più in generale, ad una restituzione di caratteristiche sociali innumerevoli”.
In linea con tale assunto la narrazione della vicenda bellica del protagonista inizia dal febbraio 1917, allorquando nel Distretto Militare di Caserta fu assegnato alla Brigata Gaeta, con compiti di milizia territoriale. Nel successivo mese di giugno, dopo l’addestramento, fu trasferito nella valle del torrente Judrio, considerata strategica. Qualche mese più tardi, dopo la disfatta di Caporetto, il nostro si trovò a combattere gli austriaci insieme a tanti coetanei. Il saggio si articola in varie descrizioni del contesto storico, politico e sociale in cui si dovettero trovare il fante Carlo Antuono e i suoi coetanei: vi si descrive, fra l’altro, la cocente satira a carico del generale Cadorna, dileggiato in una canzoncina a causa dell’inadeguatezza dell’ufficiale al ruolo di Capo di Stato Maggiore, formato nelle accademie sabaude e fautore di una concezione elitaria dell’esercito. La ferrea disciplina propugnata dal Cadorna determinò l’uccisione di tantissimi giovani italiani, commilitoni dell’Antuono, o perché destinatari di ordini sbagliati o perché falcidiati per punizione dalle stesse mitraglie italiane, con l’accusa di vigliaccheria.
Le angherie subite dai soldati, insieme alle sconfitte, indussero il governo nazionale a nominare come nuovo Capo di Stato Maggiore il generale Armando Diaz, fautore di una dottrina molto più tollerante, a cui fu demandato il compito di riorganizzare un esercito ormai decimato negli uomini, a causa delle inefficienze descritte. Il saggio continua con minuziose descrizioni delle armi utilizzate dagli eserciti belligeranti, dell’onore di cui si coprì l’Antuono, destinatario di ben due promozioni, della benevolenza da parte dei superiori. Dopo la fine delle operazioni belliche, il Diaz elogiò pubblicamente il comportamento dei Ragazzi del ’99; tra l’altro l’Antuono meritò la terza promozione a sergente. Per delineare la personalità del protagonista e sottolineare l’attaccamento alla famiglia e alla propria terra, egli amava narrare che, alle insistenze dei superiori a raffermarsi e rimanere nell’esercito con il grado di sergente maggiore, egli rispose “a casa mia sono un generale”. Riprese il mestiere di contadino, e divenne mezzadro del Dr. Rinaldi, filantropo fondatore dell’Ospedale di Roccaromana. Carlo sposò nel maggio 1923 Domenica Rapa (Menicuccia). La vicenda dell’Antuono si svolge fra alterne fortune, in gioventù come nell’età matura: richiamato in guerra agli inizi del secondo conflitto mondiale, fu congedato definitivamente nel 1941, perché a capo di una famiglia numerosa.
Ciò che più colpisce di questo racconto è l’atteggiamento sereno del protagonista, di fronte a mille traversie che l’hanno coinvolto: soldato poco più che bambino, l’aver dovuto assistere a migliaia di commilitoni caduti, il duro lavoro dei campi, il richiamo alle armi, elementi che delineano il quadro di un popolo e una intera classe sociale, prima ancora che di un uomo, il cui destino è stato demandato a fatti e personaggi più grandi ed esterni alla propria esistenza.

martedì 3 settembre 2024

BORGO DI PIETRAMELARA. VITA E ANIMAZIONE

 

Luigi, un amico di Teano, residente a Roma, mi scrive ieri mattina: “Bella serata ieri sera. La location è eccezionale. Secondo me si è salvata proprio perché disabitata. Se ristrutturavano come fatto a Teano dopo il terremoto del '80 sarebbe stato un disastro”. Si era recato sul nostro Borgo insieme alla moglie, attirato dalla Sagra al Borgo, ai cui organizzatori anch’io faccio un plauso, ed era rimasto affascinato dallo stato di conservazione delle tipologie architettoniche e delle strutture tardo medioevali.
La cosa mi ha spronato a una, l’ennesima, riflessione su tale argomento. E’ vero, le tipologie continuano a conservarsi, qualche famiglia resiste ancora ad abitarci, nonostante le difficoltà più che evidenti. Ne parlavo con la signora Annarita, legatissima al borgo e convinta di restarci. Tornata dall’estero nel 1976, ha ristrutturato con gusto la sua abitazione, dotandola di comodità senza snaturare il contesto; ricordava con nostalgia le riunioni di vicinato, la sera d’estate, la solidarietà che emergeva in ogni momento di bisogno…la gente del borgo si voleva bene.
Purtroppo anche in occasione della Sagra abbiamo dovuto assistere a intere zone e vichi, caratteristici ed inimitabili, chiusi per motivi di sicurezza. Nonostante tutto: bombardamenti, terremoti, emigrazione, il borgo si è salvato dagli scempi, caro Luigi, proprio grazie alla sua geografia, ai vicoli angusti, alla impossibilità di percorrerlo con mezzi meccanici; se così non fosse stato, anche a Pietramelara avremmo assistito alle negatività a cui ti riferivi, anche perché chi di dovere da sempre ha manifestato disinteresse. 
La Sagra ci ha offerto l’ennesima conferma che per far rivivere questo borgo che tutti amiamo in modo viscerale, c’è bisogno di animazione continua; una volta all’anno è piacevole tornarci, è bello vedere tante persone ammirare qualcosa che sentiamo nostro, tuttavia non basta. Non capisco perché, ad esempio Luca ha preferito servire uno o due clienti in via Europa, e non ha approfittato della Sagra per riaprire il proprio localino, tanto caratteristico, sito all’entrata del borgo, ‘ncoppa ju sieggiu. L’imprenditoria, oltre alla politica, deve fare la sua parte;  anche se può sembrare utopistico e velleitario, tendo a una situazione analoga a quella che si è sviluppata in tanti borghetti dell’Umbria, e a Sperlonga, non lontana; in tali luoghi il commercio e l’imprenditoria in genere hanno riscosso il proprio tornaconto.