Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

giovedì 21 luglio 2022

PIAZZA S. ROCCO. I COSTI DI UN DANNO


L’incidente di ieri mattina in piazza San Rocco che, solo per una serie di circostanze positive, non si è risolto in dramma, pone l’attenzione sul verde pubblico e il modo di gestirlo in paese. La corona di lecci che circonda la piazza è un bene di inestimabile valore perché “Gli alberi vanno considerati come elementi di un paesaggio, utilizzati per le loro specifiche capacità di fornire ombra, intercettare inquinanti, smussare il calore, guardando alla storia dei luoghi e agli obiettivi che è necessario raggiungere”, come ha spiegato recentemente Cristina Tullio, presidente dell’Aiapp, l’Associazione italiana di architettura del paesaggio. Ed è proprio in virtù di tale elevatissima valenza che devono essere concentrati gli sforzi di tutela, da parte di ognuno dei soggetti istituzionali coinvolti: enti territoriali e associazioni in primo luogo. Acclarato che la responsabilità dell’incidente è frutto di un misto di imperizia e pressapochismo nel condurre un mezzo di grosse dimensioni, si dovrebbe ora correre ai ripari per evitare che episodi del genere non si ripetano e, al limite ripristinare l’alberatura nello stato precedente l’evento.
Dall’esame visivo (senza ausilio di strumenti), ho potuto notare che, in prossimità della banca, a carico di un leccio di una certa mole, una branca di elevate dimensioni è stata strappata e che il tessuto ligneo che si è trovato esposto in seguito all’incidente denota uno stato vegetativo della pianta ottimale (assenza assoluta di carie ed altri attacchi di patogeni a carico del legno); è evidente che la forza di trazione esercitata dal mezzo meccanico che ha causato l’incidente deve essere stata elevata. L’effetto ottico conseguente non è tra i migliori, si è creata una accentuata “soluzione di continuità”, una sorta di buco nel continuum che presenta l’alberata (vedi foto di copertina).
La formazione vegetale di piazza San Rocco dovrebbe risalire all’immediato dopoguerra e, nonostante sia sottoposta annualmente a potature abbastanza incisive, ha raggiunto nei decenni uno stato di equilibrio, sia rispetto ai cittadini che ne fruiscono che alle specie di uccelli che vi nidificano. L’esemplare danneggiato, poi, sembra uno dei migliori di tutta la serie: tronco cilindrico, diametro cinquanta centimetri circa, chioma lussureggiante.
Come ripristinare allora tale equilibrio e, con quali costi?
L’università Bocconi di Milano ha calcolato il valore del verde in termini di produzione di cibo, sequestro di carbonio, regolazione del clima e del ciclo idrico, risparmio energetico, riduzione del rumore, capacità di attrarre turismo, benefici psicologici. Sommando queste voci, risulta che un metro quadrato di parco urbano vale da 13 a 18 euro all’anno, un metro quadrato di tetto verde dai 16 ai 28 euro l’anno, un metro quadrato di frutteto urbano da 11 a 20 euro l’anno. Tanto premesso, per il calcolo del danno apportato alla cittadinanza e all’Ente comunale, non basta tener conto solo della spesa di poche centinaia di euro per estirpare il leccio danneggiato e sostituirlo con uno giovane acquistato da un vivaio; si devono altresì considerare i  benefici che, nell’intervallo di tempo intercorrente fra l’attualità e il momento in cui l’equilibrio di cui sopra sarà ripristinato, non potranno essere fruiti.

giovedì 14 luglio 2022

UN GRADITO RITORNO

E’ tornato a farsi notare in più di un campo coltivato, si tratta del grano, un tempo la coltura più presente sul nostro territorio. Tra i cereali il grano (genere triticum) è di sicuro il più importante e studiato, fino agli anni sessanta/settanta mantenne la sua importanza, successivamente la globalizzazione, fenomeno economico, sociale e politico che ci ha condizionato sempre in modo crescente, ha fatto sì che i prezzi di mercato divenissero sempre meno remunerativi. I grandi utilizzatori, mulini e pastifici, trovavano sempre più conveniente il grano proveniente da USA, Canada e Ucraina; reggere per i nostri produttori la concorrenza di questi paesi diveniva sempre più difficile, se non impossibile, anche se poi per ragioni di marketing si propagandavano i prodotti (pane e pasta) “da grani italiani”.

la mietitura

L’aggressione russa all’Ucraina ha in qualche modo mutato lo scenario ed allora, con i prezzi di marcato in risalita è divenuto di nuovo conveniente coltivare grano in Italia, specie nelle regioni meridionali. Torneremo a rivedere le grandi distese gialle del grano maturo, con tutto il patrimonio immateriale di cultura legata ad esso? Chissà, se cesserà il conflitto, come ci auguriamo, i prezzi delle materie utilizzate (sementi, carburanti e concimi) scenderanno ma, del pari tornerà a scendere anche il prezzo di questo cereale che è uno dei cardini dell’alimentazione mediterranea, pertanto i margini di guadagno collegati alla coltura del grano si assottiglieranno fino ad annullarsi, pertanto almeno in zone marginali come le nostre il grano tornerà ad essere un ricordo.  Ed è un ricordo di bambino il rituale che si sviluppava intorno alla trebbiatura: uomini che sfidavano il caldo del giugno inoltrato, la polvere e la fatica, per alimentare la trebbia (cfr. foto di copertina), o come la si soleva chiamare “a machina”.

la trebbiatura

 E che si trattasse di una macchina per antonomasia lo si capiva perché al momento della trebbiatura si raccoglievano le soddisfazioni (e le delusioni, sigh) di un anno intero dedicato alla preparazione del terreno, alla semina, al diserbo (allora assolutamente manuale), alla concimazione e alla mietitura (cfr. foto di copertina). Terminate le fatiche della trebbiatura, si poteva far festa… ed allora per gli uomini impegnati era tradizione allestire un pranzo da re, con antipasti di salumi e formaggi, pasta al ragù, pietanze di carne varie il tutto con abbondanti libagioni dei nostri generosi vini.

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venerdì 8 luglio 2022

50 ANNI DI PIZZE PIETRAMELARESI

 

La recente inaugurazione del locale 𝐏𝐢𝐳𝐳𝐞𝐫𝐢𝐚 𝐓𝐨𝐭𝐨̀ & 𝐅𝐢𝐟𝐢̀", sito in Pɪᴀᴢᴢᴀ Mᴀᴢᴢɪɴɪ, 149 -, avvenuta nella serata di mercoledì scorso, offre al vostro blogger scribacchiante l’occasione per tracciare la storia della pizza nel nostro territorio. Si tratta di aver realizzato accanto a una preesistenza, un locale di tono ben più elevato, realizzato con positivo spirito di marketing. Ad occuparsi della comunicazione e della tecnica degli impasti il giovane Pietro, figlio del titolare Antonio Squillacioti, per il quale anche la pizza deve stabilire un forte legame con il territorio, come avviene, ad esempio, con la “fore carpene”, offerta ai clienti con una vellutata di broccoletti,  e rifinita con carne saucicciara.
Per fare un passo indietro, la storia della pizza in Pietramelara parte nei lontani (ahimè) anni sessanta: pochi lo ricorderanno ma in piazza Sant’Agostino, nei locali accanto al bar attualmente gestito dalla famiglia Russo, fu allestito il primo timido tentativo: durò poco! Nei primi anni settanta, invece, rientrò dalla Svizzera Giacomino Rozzi, uomo con idee abbastanza chiare che, dopo un breve periodo di formazione presso qualche pizzeria del napoletano, allestì in via Angelone, a pochi passi da casa mia, un locale di poche pretese: un’unica sala e un forno a vista, ma destinato a crescere nelle dimensioni, nel fatturato e nella fama. L’offerta del menù si basava solo su due/tre pizze: la napoletana classica, con pomodoro e origano, la margherita e, a volte, la quattro stagioni. Man mano che il tempo passava gli avventori e le famiglie cominciarono ad interessarsi, affidando al caro Giacomino anche l’organizzazione di banchetti nuziali; la consorte, signora Angelina collaborava attivamente in sala e, quando sulla coppia cominciò a farsi sentire il carico degli anni, la pizzeria fu ceduta; attraversò due o tre cambi di gestione, dopodiché, fu definitivamente chiusa agli inizi del terzo millennio. Sono convinto che il fattore che maggiormente influenzò il declino del locale fu la limitata possibilità di parcheggiare nei paraggi, la qualità delle pizze, infatti, mantenne fino alla fine uno standard di buon livello.
Si attraversò poi un periodo di qualche anno non esistevano pizzerie in Pietramelara, il Pagliarone del vulcanico Gianni Casillo era aperto solo nel week end e, chi voleva gustare il famoso alimento, trasformatosi nel frattempo da fatto puramente campano in international food, doveva spostarsi su Caianello, Vairano o altri paesi limitrofi.
Arriviamo così ai giorni nostri: accanto alla citata 𝐓𝐨𝐭𝐨̀ & 𝐅𝐢𝐟𝐢̀, in un locale del corso che molti ricorderanno come sede del cinema, troviamo (appunto) la Pizzeria del Corso, da un'idea di Cosimo Chiodi, il quale ha dichiarato di volersi muovere su tre direttrici: diversificazione, identità e sostenibilità.
“La ricerca delle mie farine è indirizzata verso l’esaltazione delle diverse personalità e posso esprimermi al meglio e dare un dato carattere alle mie pizze perché conosco i diversi sapori, le specifiche tecniche e le potenzialità di ciascuna farina proposta” aggiunge Cosimo, che recentemente ha partecipato a eventi di portata nazionale destinati a far conoscere i pizzaioli campani e il sistema produttivo che gira loro intorno.
Infine, appena fuori Pietramelara, di fronte al campo sportivo la Pizzeria 5 Castelli di Antonio Peluso, in cui si può gustare un'ottima pizza ancora fatta secondo i canoni classici tipici della città di Napoli.

domenica 3 luglio 2022

DIFRUSCIARDO: 25 ANNI DI PROBLEMI IRRISOLTI

 

Le elezioni sono ormai passate da un pezzo e… onore a chi ha saputo vincerle! Di analisi social/comunicate ne sono state fatte a iosa, alcune puntuali, altre meno, non è questo che conta. Pertanto non è intenzione del vostro blogger scribacchiante farne di ulteriori; ciò che preme sottolineare al proposito è solo quel certo senso di fastidio emergente in quelle analisi, da varie parti della lista numero due, nei confronti di affermazioni che si staccano fortemente dalla media dei voti ricevuti dai singoli candidati: fatevene una ragione, cari assessori e caro sindaco… kest’è!
Piuttosto sembra opportuno, dato il momento, elencare alcune problematiche da inserire in agenda, problematiche che ben 25 anni ininterrotti di amministrazioni “difrusciardo” (di fruscio/leonardo in acrasi), non hanno saputo ne voluto affrontare. Che si tratti di 25 anni di amministrazioni variate solo nel nome del sindaco lo ha dimostrato il responso delle urne, giorno 13 giugno: i nomi variano ma rimane fisso chi tira i fili. E’ l’alternanza democratica quello che manca da decenni. (cfr. http://scribacchiandoperme.blogspot.com/2016/06/gattopardi-pietramelara.html)
Negli ampi giri fatti in campagna elettorale, nonché da alcuni post che continuano ad imperversare sui social, va citato in primo luogo il problema dell’approvvigionamento idrico che affligge le famiglie abitanti nei piani più alti e nel borgo. Il problema è annoso e presenta più di un aspetto da considerare; forse le potenzialità del corpo idrico disponibile non sono più adeguate a un paese che, se nella popolazione rimane stabile, aumenta a dismisura nell’estensione del perimetro urbano. Non si capisce per quale motivo l’acquedotto rurale in località Casino (finanziato con fondi europei) non funzioni: spiegatelo, o quantomeno spiegate per quale motivo non vadano in funzione il pozzo e il serbatoio collegato. Continue perdite affliggono la rete, alcune rimangono li a scorrere per anni, come è accaduto in quella sita a valle dell’abitazione Mozzi, sulla panoramica per Rocchetta; attualmente tale perdita, in periodo di prolungata siccità, ha determinato un vero e proprio pantano in un fondo appartenente a mia zia, a confine con la citata abitazione (sono a disposizione di chiunque munito di stivali voglia verificare); si badi bene che il sottoscritto con cadenza almeno mensile ha segnalato la cosa al responsabile della manutenzione acquedottistica, ottenendo promesse di provvedere quasi immediatamente ma… niente.
Il centro storico, laddove per esso non si intende solo il borgo, ma tutto il sistema urbano che fa perno sull’asse Piazza San Rocco/Via Roma, langue di desertificazione economica e sociale, determinata da scelte che definire demenziali risulta particolarmente benevolo: lo spostamento del mercato è solo una di esse ma, vogliamo parlare di “case a un euro”? Progetto scopiazzato da chissà dove, senza tener conto delle peculiarità del nostro borgo, e senza esercitare alcun potere di coercizione nei confronti dei proprietari, che, a più di un anno dal varo, rimane lettera morta. Si può dire, al proposito, che i defrusciardo temono l’impopolarità più di qualunque altra cosa! (cfr. http://scribacchiandoperme.blogspot.com/2021/04/case-un-euro.html).
Il traffico e le soste selvagge sono abbandonati a se stessi, e chi, per esempio, da via Angelone come il sottoscritto deve immettersi su via San Pasquale, ogni volta deve raccomandarsi l’anima, tanto inesistente è la visibilità, per non parlare dello stop primo/secondo tratto di via Angelone, laddove il parcheggio in seconda e terza fila è costume diffuso, e non ci si fa scrupolo neppure di parcheggiare proprio ai piedi dello stop. Forse mi posso vantare di essere stato fra i pochi (caso più unico che raro) ad aver dovuto pagare una multa per divieto di sosta, qualche anno fa. Ci si gloria con l’immancabile j’ammu annazi accussì anche per motivi futili e paradossali, ad esempio per l’apposizione di qualche lampadina in quella che è stata definita “area di parcheggio”, accanto al mercato, irregolare, va detto per i pericoli di inquinamento della falda, dovuto ad assenza di pavimentazione: i veicoli in sosta possono rilasciare oli, carburanti ed altri inquinanti sul suolo, solo che gli ambientalisti, tanto visibili sui social non se ne accorgono o fanno finta di non accorgersene.
Ce ne sarebbe tanto altro, cari miei quattro lettori, ma ve lo risparmio, per non tediarvi e perché so che il vostro senso di osservazione è acuto, solo che in prossimità del voto diviene un po’ appannato.