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(foto 1) |
Ci siamo appena lasciati
alle spalle i cosiddetti
‘giorni della merla’, considerati i più freddi
dell’anno, ed ecco ieri
la Candelora che, secondo la tradizione, sarebbe un
giorno premonitore della bella stagione del tempo che ci aspetta. La Chiesa
Cattolica in tale giorno celebra la presentazione di Gesù al Tempio: dai
Vangeli, il vecchio Simeone, che attese per tutta la vita il Messia e non
sarebbe morto prima di vederlo, si accorge che è lui la luce della rivelazione,
e benedice le candele
(cfr. foto 1, Giotto: Cappella degli Scrovegni) da qui l'origine del nome Candelora, ed in questa
occasione vengono perciò benedette le candele.
In realtà questa festa,
poi assorbita dal Cristianesimo, veniva già celebrata nell’antica Roma e in
varie parti d’Europa. Nella tradizione precristiana, per i celti era la festa
di Imbolc, che segnava il risveglio della luce dopo il massimo momento di buio.
Per gli antichi romani questa era la festa di Giunone. La festività cristiana
viene perciò istituita in coincidenza con questa festività pagana non a caso,
proprio per sostituirsi ad essa.
Il due febbraio si
trova a metà tra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera, e a questo
giorno che segna secondo alcune credenze il passaggio dall'inverno alla
primavera, sono legati riti e simbolismi. Sono anche detti i ‘giorni dell’orso’
perché se il tempo è buono, l’animale uscirebbe dalla tana dopo il freddo e il
gelo dell’inverno
Oggi, invece, 3
febbraio si festeggia San Biagio, medico vissuto a Sebaste in Cappadocia tra il
III ed il IV secolo d.C. Tale Santo vescovo oltre ad essere venerato dai
cardatori è invocato contro il mal di gola e altri malanni dell’apparato
respiratorio, perché durante la sua prigionia salvò un bambino che stava per
morire a causa di una lisca di pesce conficcata nella gola
(cfr. foto 2), dandogli da
mangiare una mollica di pane. Durante la liturgia dedicata a San Biagio si
impartisce la benedizione della gola dei fedeli con due candele benedette
incrociate ed unite tra loro da un nastro rosso.
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(foto 2) |
La fantasia e la
saggezza popolare, alla luce della immediata sequenza dei due giorni, hanno
generato il curioso proverbio:
“Rice Cannelora ca viernu è fore, risponn’
Santu Biase ca viernu mò trase” (trad.: Dice Candelora che l’inverno è
passato, risponde San Biagio che l’inverno inizia solo adesso). La contraddizione
meteorologica fra la prima volontà, che è quella di lasciarsi alle spalle ed
esorcizzare l’inverno e le sue ristrettezze, e la seconda che ci riporta alla
dura realtà di un inverno ancora da venire, ci svelano come le anomalie
meteoclimatiche erano all’ordine del giorno anche nei tempi antichi in cui si è
generato il proverbio, e che poteva allora darsi benissimo che ad un giorno di Candelora, luminoso e caldo, seguisse un giorno di San Biagio uggioso e freddo.
D’altronde i nostri progenitori, che vivevano per lo più di agricoltura, erano
legati a doppio filo a tali stranezze ed anomalie, e il figurato dialogo fra i
due giorni personalizzati nella Candelora e in Santo Biase, rappresentavano
tendenze che si alternavano in momenti temporanei estremamente vicini fra loro.
Nell’animo semplice e schietto di quegli uomini si alternavano, infatti,
momenti di fiducia nel futuro ad altri di sfiducia e depressione.
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