Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

sabato 26 febbraio 2022

UNA NOTIZIA CHE SORPRENDE POCO

 

Per la verità il buon Giancarlo ci aveva abituati a ben altri scoop: la notizia battuta su Paese News era tutt’altro che inaspettata. Il sindaco Di Fruscio che annuncia la sua ricandidatura era un fatto aspettato fino a ieri, altamente probabile dopo la pubblicazione.
Ormai è sindaco “di lungo corso”, il Di Fruscio, avendo già portato a termine ben tre mandati senza scossoni di rilievo, confortato da una tradizione che definire “dinastica” non sembra esagerato, avendo il nonno ed il padre già esercitate quelle funzioni pubbliche.
Quale lo scenario? Qualche frattura si è generata e non c’è stato modo di comporla, prima fra tutte quella con la consigliera Loredana Palumbo, sostenuta dallo zio Enzo Zarone, già sindaco anche lui, e già fra i primi sostenitori del terzo mandato per Di Fruscio; altri consiglieri pare che abbiano rinunciato a ricandidarsi, delusi dall’andamento delle cose, nell’ultimo quinquennio.
Il terzo mandato si è consumato in un’azione politico/amministrativa tesa a conservare, a non stravolgere, e soprattutto a continuare nel solco della realizzazione di opere pubbliche che non apportano evidenti vantaggi, se si prescinde dai tecnici e dalle imprese che vi hanno lavorato. Ogni tanto qualche cittadino affida ai social l’espressione del proprio malcontento, come avvenuto qualche giorno fa a proposito dello stato in cui versa la strada Cinquevie (cfr. foto di copertina), interessata da circa un anno alla realizzazione di un collettore fognario: “Da un paio di giorni è stata messa un po’ di terra e polvere per risolvere…Ricordiamoci di queste foto quando a poche settimane dalle amministrative vedremo tanto asfalto” sono le ironiche considerazioni di un giovane che abita in zona; “ho dovuto cambiare le sospensioni alla mia auto” altra lamentela di un residente.  In relazione a questo cantiere vi è da dire che in prossimità della rotonda Pastanelle/Murro vi sono dei tombini, recanti la scritta (udite, udite) “ermetico”, da cui fuoriesce liquame in continuazione, che poi si riversa nell’adiacente rivolo Murro. Non è neppure questa una novità: chi segue Paese News avrà letto che, nello scorso luglio, Di Fruscio fu indagato in quanto venivano immesse dal depuratore comunale “acque non correttamente depurate direttamente nel rivolo pontevecchio, compromettendone e deteriorandone le acque per la presenza di elevati valori di Escherichia Coli e azoto nitroso”; forse è per tali motivi che un’associazione ambientalista presente sul territorio ha ritenuto di conferirgli un premio.
E poi c’è qualcuno che, anche sfidando l’evidenza, continua con il suo mantra “J’ammu annanzi accussì”.
Il gruppo consiliare di opposizione, che fa capo all’ex sindaco Leonardo, ha latitato durante l’intera attuale sindacatura Di Fruscio, non producendo un solo documento politico che autenticasse la propria importantissima funzione di controllo, forse sperando (invano) in un “cambio di testimone” da parte di Di Fruscio, cosa che invece avvenne in occasione delle amministrative del ‘97, quando il Leonardo conquistò per la prima volta la fascia tricolore, con l’evidente appoggio di Di Fruscio, che non poteva ricandidarsi “ope legis”, avendo già portato a termine due mandati.
Scribacchio queste considerazioni in attesa che qualcosa si muova, anche se in evidente ritardo, che qualche novità si affacci sul panorama descritto.

martedì 15 febbraio 2022

TOTO'

 

E’ questo un giorno importante per Napoli e per noi campani: il 15 febbraio 1898 nasceva a Napoli Antonio de Curtis, in arte Totò. Tanti lo ricordano come attore, in realtà fu un artista poliedrico: in quasi cinquant'anni di carriera spaziò dal teatro (con oltre 50 titoli) al cinema (con 97 pellicole) e alla televisione (con 9 telefilm e vari sketch pubblicitari), lavorando con molti tra i più noti protagonisti del panorama italiano e raggiungendo, con numerosi suoi film, i record d'incasso. La sua carriera, per quanto coronata da un successo di pubblico amplissimo, non ebbe grande fortuna con la critica: spesso fu stroncato dalla maggior parte dei critici cinematografici e, ironia della sorte, fu ampiamente rivalutato dopo la morte, tanto da risultare ancor oggi il comico italiano più popolare di sempre.
Il padre Giuseppe de Curtis, non lo riconobbe per mantenere segreta la relazione clandestina con la madre Anna Clemente, trascorse l’infanzia nel popolare quartiere della Sanità. Dopo il riconoscimento del padre e la regolarizzazione della famiglia, insieme alla madre Anna si trasferirono a Roma, città nella quale avvennero i primi esordi non particolarmente entusiasmanti. Dopo un periodo piuttosto grigio sia in senso emotivo che professionale, incontrò Giuseppe Jovinelli, un impresario teatrale nativo di Caiazzo, che aveva la fama di uomo duro, con il quale dopo una serie di successi teatrali firmò il suo primo contratto. Fu scritturato nel ’27 da Achille Scala, nella cui compagnia conobbe Mario Castellani, destinato a diventare in seguito una delle sue "spalle" più fedeli ed apprezzate. Negli anni trenta giunse al successo diffuso, apprese allora l'arte dei guitti, ossia quegli attori che recitavano senza un copione ben impostato, arte alla quale Totò aggiunse caratteristiche tutte sue, pronto a sbeffeggiare i potenti quanto a esaltare i bisogni e gli istinti umani primari: la fame, la sessualità, la salute mentale; il tutto espresso con distinti doppi sensi senza mai trascendere nella volgarità. A plasmare questa sua forma d'espressione fu il fatto di aver vissuto per anni in povertà, difatti lui stesso era del pensiero che «la miseria è il copione della vera comicità...» che «non si può essere un vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita», tesi che si riscontrano in pieno nel personaggio di Felice Sosciammocca, di “Miseria e nobiltà”.
Nella stagione 1949/1950 ottenne l'ultimo successo a teatro con la rivista "Bada che ti mangio", dopodiché Totò si allontanò dal palcoscenico per dedicarsi esclusivamente al cinema. Dopo "I pompieri di Viggiù", lavorò anche con Eduardo De Filippo nel suo film "Napoli milionaria", che accettò di interpretare senza compenso, in segno dell'affettuosa amicizia che lo legava ad Eduardo. Gli anni cinquanta e sessanta furono quelli del largo successo e della popolarità nazionale, a tale periodo va riferita la trilogia scarpettiana: "Un turco napoletano" (ritenuto scabroso per il tema dell'eunuco), "Miseria e nobiltà" e "Il medico dei pazzi". Una lunga malattia caratterizzò la sua ultima fase artistica. Morì nella sua casa di Roma il 15 aprile 1967 all'età di 69 anni, stroncato da un infarto.
Cos’abbia rappresentato il personaggio di Totò, artista e uomo, per Napoli e la Campania, riguarda una molteplicità di aspetti: l’ironia nel linguaggio e nella prontezza della risposta identificano, l’uomo con la sua città natale; la filantropia che lo riavvicinò a quelle fasce della popolazione da cui aveva tratto origine, e per tutta la sua vita compì molteplici gesti d'altruismo, che includevano sostegno e offerte di viveri ai più bisognosi (vedi foto di copertina); la poesia dei versi composti tra cui spicca il forte richiamo all’uguaglianza contenuto nell’indimenticabile A’ Livella, e tant’altro ancora.

 

giovedì 3 febbraio 2022

CANNELORA E SANTO BIASE


(foto 1)
Ci siamo appena lasciati alle spalle i cosiddetti ‘giorni della merla’, considerati i più freddi dell’anno, ed ecco ieri la Candelora che, secondo la tradizione, sarebbe un giorno premonitore della bella stagione del tempo che ci aspetta. La Chiesa Cattolica in tale giorno celebra la presentazione di Gesù al Tempio: dai Vangeli, il vecchio Simeone, che attese per tutta la vita il Messia e non sarebbe morto prima di vederlo, si accorge che è lui la luce della rivelazione, e benedice le candele (cfr. foto 1, Giotto: Cappella degli Scrovegni) da qui l'origine del nome Candelora, ed in questa occasione vengono perciò benedette le candele.
In realtà questa festa, poi assorbita dal Cristianesimo, veniva già celebrata nell’antica Roma e in varie parti d’Europa. Nella tradizione precristiana, per i celti era la festa di Imbolc, che segnava il risveglio della luce dopo il massimo momento di buio. Per gli antichi romani questa era la festa di Giunone. La festività cristiana viene perciò istituita in coincidenza con questa festività pagana non a caso, proprio per sostituirsi ad essa.
Il due febbraio si trova a metà tra il solstizio d'inverno e l'equinozio di primavera, e a questo giorno che segna secondo alcune credenze il passaggio dall'inverno alla primavera, sono legati riti e simbolismi. Sono anche detti i ‘giorni dell’orso’ perché se il tempo è buono, l’animale uscirebbe dalla tana dopo il freddo e il gelo dell’inverno
Oggi, invece, 3 febbraio si festeggia San Biagio, medico vissuto a Sebaste in Cappadocia tra il III ed il IV secolo d.C. Tale Santo vescovo oltre ad essere venerato dai cardatori è invocato contro il mal di gola e altri malanni dell’apparato respiratorio, perché durante la sua prigionia salvò un bambino che stava per morire a causa di una lisca di pesce conficcata nella gola (cfr. foto 2), dandogli da mangiare una mollica di pane. Durante la liturgia dedicata a San Biagio si impartisce la benedizione della gola dei fedeli con due candele benedette incrociate ed unite tra loro da un nastro rosso.
(foto 2)
La fantasia e la saggezza popolare, alla luce della immediata sequenza dei due giorni, hanno generato il curioso proverbio: “Rice Cannelora ca viernu è fore, risponn’ Santu Biase ca viernu mò trase” (trad.: Dice Candelora che l’inverno è passato, risponde San Biagio che l’inverno inizia solo adesso). La contraddizione meteorologica fra la prima volontà, che è quella di lasciarsi alle spalle ed esorcizzare l’inverno e le sue ristrettezze, e la seconda che ci riporta alla dura realtà di un inverno ancora da venire, ci svelano come le anomalie meteoclimatiche erano all’ordine del giorno anche nei tempi antichi in cui si è generato il proverbio, e che poteva allora darsi benissimo che ad un giorno di Candelora, luminoso e caldo, seguisse un giorno di San Biagio uggioso e freddo. D’altronde i nostri progenitori, che vivevano per lo più di agricoltura, erano legati a doppio filo a tali stranezze ed anomalie, e il figurato dialogo fra i due giorni personalizzati nella Candelora e in Santo Biase, rappresentavano tendenze che si alternavano in momenti temporanei estremamente vicini fra loro. Nell’animo semplice e schietto di quegli uomini si alternavano, infatti, momenti di fiducia nel futuro ad altri di sfiducia e depressione.