Ogni giornale stampato o telegiornale ne ha parlato: sono trascorsi ben quarant’anni da quella terribile domenica sera del 23 novembre 1980. Il terremoto dell’Irpinia non fu solo devastante per le province coinvolte e per la Campania; si è trattato di un vero e proprio spartiacque storico nell’economia, nella socialità e nella politica per l’intera nazione. Il nostro comune ne uscì bene senz’altro o, quantomeno, i danni si limitarono a qualche luogo di culto che rimase chiuso per anni, le dimore del borgo plurisecolari dimostrarono una insospettabile solidità, dovuta alla solida roccia calcarea sulle quali erano state edificate. Questo blog scribacchiato non poteva esimersi dal parlarne, affidandosi alla memoria di Domenico Caiazza, allora giovane avvocato, oggi archeologo e studioso dei territori.
"La scossa fu interminabile – esordisce - i solai delle stanze al primo piano da piani che erano fecero una gobba, non si riusciva a stare in piedi senza appoggiarsi ad un muro. Poi andò via l'energia elettrica e rimanemmo al buio”
Danni a Pietramelara?
“se ben ricordo lesioni distacchi di intonaco, crollò il campanile della Capella della Madonna di San Giovanni”
La comunità di Pietramelara come reagì e quali furono le azioni solidali?
“ci furono generose donazioni in natura (alimentari e indumenti) e in denaro”.
Come si intervenne nell’immediato?
“Si interpellarono i volontari si raccolsero adesioni, si organizzano un pò di auto e il comune ci diede il supporto di un vigile. Insieme ad amici del luogo ci recammo in Prefettura ma a sera, constatato che non ci davano istruzioni, partimmo sulla base delle notizie radiofoniche. Uscimmo a Campagna dall’autostrada, poi raggiungemmo san Gregorio Magno a notte fonda. La gente del posto aveva acceso dei fuochi e passava la notte attorno ad essi. Un carabiniere mi disse che non giungevano notizie da Ricigliano, un paesino non lontano e ci chiese di raggiungerlo. La strada era sulla pendice di una collina, in parte era franata, in parte ingombra di massi , il buio totale avanzavano con molta difficoltà. Poi un macigno ci fermò. Era troppo grande per rimuoverlo. Mentre aspettavamo l'alba dietro di noi giunse una colonna di autocarri: una famiglia di Bari, un padre con figli e operai, volontari aveva caricato sui camion le ruspe e scavatori e giungevano in soccorso, in breve una ruspa cominciò a sgombrare la strada. Giungemmo a Ricigliano, un paese vicino a Balvano più o meno nell'epicentro, era l'alba e faceva molto freddo. Il paese era distrutto. solo una scuola e un edificio dove era un panificio e un telefono funzionante erano praticabili. Era un paesino di emigranti: vi erano nonni e bambini, mancavano i giovani . Poi arrivano dì i Boy scout e un giovane medico appena congedato che si era rimesso la divisa e veniva dare una mano. Poi arrivarono una squadra di ferrovieri manutentori volontari. Furono loro che recuperarono cavi e fanali e riportarono un po di illuminazione trovando nelle campagne una linea ancora attiva. Dopo qualche giorno arrivò l'esercito. e poi camion interi di cibo e indumenti. Ma vi era grande confusione. e i volontari erano più organizzati e operativi delle forze dello stato. Noi di Pietramelara restammo cinque o sei giorni. Abbiamo dato una mano dove serviva e poi siamo tornati a casa in buon ordine e in silenzio senza rimborsi o medagliette. Ma quando è servito noi c'eravamo!”
Una bella storia di solidarietà che emerge nei momenti di estrema difficoltà e del bisogno.