Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

venerdì 26 aprile 2019

MEMORIE PER UN AMICO

Ce l’hai fatta, alla fine, amico mio a liberarti dalla sofferenza: e quando parlo di sofferenza non mi riferisco tanto a quella fisica, che pur deve essere stata intensa, ma soprattutto a quella morale, derivante dalla privazione della piazza, degli amici, delle tante altre attività che la tua mente felice aveva saputo partorire. Ci siamo conosciuti da bambini, quando la tua, la nostra, Pietramelara era ancora un formicaio brulicante di donne, uomini, bambini e ragazzi, indaffarati all’inverosimile ma, come tu amavi ripetere, sereni a speranzosi nel futuro. Ti ricordo, sai, quando ancora abitavi sui gradoni di Via Enrico Leone, un bambino dai calzoncini cortissimi anche d’inverno, allora si giocava insieme a rincorrersi, a celariegliu o altro tra i mille anfratti del borgo; ti ricordo giovanissimo, universitario come me, discutere della nostra comunità e dei suoi mille problemi; un progetto nato allora: studiare il nostro dialetto, la nostra lingua, con il piglio dell’ironia pungente che ti sempre connotato e con l’immancabile nostalgia per le tradizioni allora ancora vive, ma che ci rendevamo conto, andavano scomparendo; purtroppo tale progetto è rimasto nella mia e nella tua mente, e non credo che vedrà mai la luce. Ma non tutto è andato così, infatti venti anni fa circa, nel ‘95, mettemmo in campo l’iniziativa che ha suggellato in modo imperituro la nostra amicizia: Bianco/Nero, la mostra multimediale delle immagini degli ultimi settanta anni in paese. Un successo enorme di pubblico e di critica, immortalato dalla pubblicazione di un libro-catalogo delle immagini, “Fotostoria di una comunità”, curato da te nella parte grafica. Sono andato a rileggermi negli atti del convegno inaugurale (1 settembre 1995) il tuo intervento: eri arrabbiato “la verità è che fino ad oggi è mancata un’attenta programmazione di sviluppo. Ci si è preoccupati solo a soddisfare l’immediato, e speculare politicamente insieme a professionisti scialbi e privi di cultura (…) senza preoccupazione di realizzare opere che segnassero il tempo”.
Purtroppo anche nei radi incontri, che abbiamo avuto nel corso della tua breve malattia, si è dovuto constatare che tale linea di tendenza è continuata, che quella preoccupazione è mancata e continua a mancare, che tutto sommato per l’elettorato pietramelarese la cosa continua a non rappresentare un problema.
L’abbraccio forte che ci scambiammo in occasione di una delle ultime visite mi risuona come un addio anticipato di qualche mese ma, tant’è: la malattia ci ha tenuto lontani e ti ha tenuto lontano dalle attività che non ti stancavi mai di progettare e realizzare. Deve essere stato brutto per te scendere in piazza costretto su una sedia a rotelle, come nell’ultima foto che abbiamo fatto, nel periodo natalizio, ma dietro quella mascherina, sono sicuro, sorridevi ancora felice di ritrovare gli amici, di ritrovare l’amata Pietramelara (vedi foto di copertina).
Ti saluto con un arrivederci, caro Nunzio, spero di tornare insieme un bel giorno a sorridere con un angolo della bocca delle nostre piccole cose, a ironizzare sulla moda del momento, come amavi fare da dissacratore nato, quale eri.

lunedì 22 aprile 2019

VALOGNO C'HA PROVATO

Quanti saranno in Italia i borghi dimenticati, abbandonati, sconosciuti… Poi, all’improvviso per qualcuno di essi qualcosa succede, cambia, si muove. Mai per caso. Occorre un’intuizione, occorre rischiare. È così che è accaduto a Valogno, piccolo paesino arroccato tra montagne e tufo vulcanico, in provincia di Caserta, appena 90 abitanti, non ci sono supermercati, non ci sono farmacie, non ci sono bar : le nostre Statigliano e Santa Croce, al confronto sono importanti realtà urbane. Eppure è un paesino vivo, frequentato da turisti e scolaresche in gita: cos’è successo?
Racconta zio Raffaele – qui lo chiamano tutti così - lui ha 85 anni e da Valogno ha visto andare via tanta gente, quasi tutti, ma lui è rimasto. “Negli anni ’40 c’erano circa 500 abitanti, poi nel ’56 è cominciata la grande migrazione verso il Belgio e altre città europee in cerca di lavoro“. Nessuno è più tornato. Lui, invece è rimasto, a coltivare rose e a fare vino. E’ questo il destino comune di tanti borghi bellissimi ma purtroppo defilati, come il nostro.
Chi arriva a Valogno in genere viene accolto da Giovanni Casale, romano – ma originario del borgo – a cui si deve la rinascita del paesino attraverso l’arte. Casale ha infatti deciso di lasciare Roma e di trasferirsi nella casa paterna di Valogno, per aprila a tutti e farla diventare luogo di incontri, scambio di idee e di condivisione. Ma non solo. Perché grazie alla partecipazione di tantissimi artisti che hanno messo a disposizione il proprio estro creativo, oggi Valogno può contare sulla presenza di oltre 40 murales sparsi per tutto il borgo (e altri ne saranno dipinti). Murales che hanno contribuito a cancellare i danni fatti al paesino da mattoni e intonaco e che gli hanno permesso così di tornare a splendere di colori e atmosfere fiabesche.. Quali sono i soggetti, cosa si raffigura? Non c’è un tema guida a fare da filo rosso per i murales, gli artisti si sono sbizzarriti: si va da scene di lavoro nei campi, alla memoria del brigantaggio, che qui deve essere stato ben presente, a motivi decorativi floreali, a immagini fiabesche, di sogno e altro. Intendiamoci: anche a Valogno non mancano finestre e balconi in “alluminio anodizzato”, e altri particolari non proprio in armonia con il contesto, ma lo spirito che pervade questi luoghi ti lascia intendere che di li a poco saranno rimossi.
E’ stato questo il luogo del mio “lunedì in albis” 2019, un incontro, sotto qualche gocciolina di pioggia, con l’arte, e soprattutto con la volontà della nostra gente di non arrendersi alla sorte avversa . Una nuova vita per questo borgo, tanto simile al nostro per l’atmosfera che vi si respira, ma non per il destino: Valogno e i suoi abitanti c’hanno provato, e pare che la prova abbia dato esito positivo, visti i risultati degli ultimi anni.

venerdì 19 aprile 2019

I VELENI DELLA SETTIMANA SANTA

Nel concludere oggi, sabato, una settimana che di “santo” ha avuto poco o nulla, tanto è stato infatti il veleno versato, ecco le mie “sommesse” considerazioni.
Abbiamo veramente letto di tutto sui social: commenti al vetriolo provenienti soprattutto da fonti di fatto anonime, scambi di post zeppi di accuse gravissime, stavolta firmati. La situazione è tanto degenerata da far scrivere a una giovane locale: “Quello a cui sto assistendo a Pietramelara in questo ultimo periodo, anzi in questi ultimissimi anni è davvero lo schifo dello schifo(…) State toccando il fondo (…) Ci state facendo venire ancor di più la voglia di non fare niente”. Attenzione... i giovani posseggono il futuro, e la sopravvivenza della nostra comunità è legata a quanto amore ed interesse loro riporranno in essa; così non si va da nessuna parte!
Non è affatto piacevole, per chi ha fatto dell’amore per il proprio paese un paradigma di vita, leggere di queste cose. Ci si rende conto purtroppo che, man mano che gli anni avanzano, oggetto di questo amore rimangono solo i luoghi nella loro fisicità, le pietre, perché la gente con il suo comportamento si fa amare sempre di meno.
E’ questo il frutto della dialettica politica, così come sviluppatasi a Pietramelara negli ultimi decenni: “chi non è con me è contro di me”, e merita di essere colpito ed affondato nel più cruento dei modi, facendo leva sulla maldicenza, sul pettegolezzo, sulle accuse gratuite ed infondate, e soprattutto senza alcuna preoccupazione e riguardo per la veridicità di quanto urlato sui vari media.
Esprimere liberamente il proprio pensiero: si tratta della conquista più importante in un sistema democratico: va bene! … esporre perplessità in merito a qualcosa che non va giù, che si ritiene non giusto: pienamente legittimo! Ma sempre apponendo la propria firma e assumendosi ogni relativa responsabilità, altrimenti la protesta si riduce ad una vaga e vigliacchissima produzione di “merda mediatica”; a tanto si riduce tutto il livore che è stato vomitato addosso alla Pro Loco, associazione a cui il sottoscritto ha aderito con orgoglio, nei commenti “rigorosamente anonimi” ad un articolo della stampa locale (cfr. http://www.paesenews.it/?p=156036).
E’ regola generale, per chi vuole dare spessore alle proprie idee e critiche, mettersi in discussione e apporre una firma sulla carta stampata, come sui social e/o ogni altro media: si vede che gli autori di tali e tante “affettuose affermazioni” sono primi a non dare alcuna importanza a quanto vomitato con tanto gratuito livore, l’importante per loro è obbedire ad un ordine imposto, costi quello che costi, anche sparare le più sonore corbellerie.


lunedì 8 aprile 2019

MERCATO: QUALE FUTURO?

Quale sarà il destino del mercato domenicale, dopo il referendum? Ritornerà nell’area apposita oppure si manterrà nel centro storico? Quali considerazioni si possono trarre a margine della vicenda?... Andiamo con ordine. Hanno preso parte alla consultazione meno di 500 elettori, per l’esattezza 495: 308 hanno votato sì, 180 no, 3 le schede nulle, 4 quelle bianche, questi i risultati.
Prima di tutto non ritengo, come sostenuto da qualcuno che per l’Amministrazione Di Fruscio si sia trattato di una “sonora batosta”, sono i numeri a dimostrare il contrario! La compagine consiliare di maggioranza è composta da 8 consiglieri, eletti nel 2017, con una percentuale del 53,64%, pari a 1.721voti, una media che va oltre 200 voti espressi per candidato. Se fosse stato vero, al di là dei proclami sui social, che l’amministrazione era favorevole al mercato in centro, si sarebbe dovuto osservare che almeno la metà di quei 1.700 voti fossero stati espressi in tal senso, invece, poco più di un decimo: è evidente che l’interesse, quello reale, è mancato! Lo scarno comunicato in “politichese”, dato alla pagina fb del Comune, è una conferma della freddezza con cui ci si è approcciati alla cosa: “Il referendum consultivo indetto dal Consiglio Comunale riguardante l'individuazione del luogo in cui tenere il mercato domenicale ha fatto registrare una scarsa affluenza degli aventi diritto al voto.
Hanno preso parte alla consultazione meno di 500 elettori che rappresenta un numero insufficiente a renderne valido l'esito (art. 14 del regolamento richiede la partecipazione di almeno la metà più uno degli aventi diritto).
La questione ritornerà, nei prossimi trenta giorni, in discussione nella sede istituzionale del Consiglio Comunale per le previste valutazioni connesse”
.
Eppure lo stato drammatico in cui versa la zona centrale del paese, avrebbe dovuto spingere ad un impegno maggiore. E’ questa una delle questioni in cui mostrare gli attributi, decidere anche correndo il rischio dell’impopolarità e … adesso cosa ci dobbiamo aspettare? Veramente non saprei, penso che il dibattito si trascinerà a lungo, dentro e fuori dalle sedi istituzionali, sperando che, nel frattempo, qualcosa di inatteso possa succedere, spingendo chi ne ha la responsabilità ad assumere finalmente una posizione. Di più a momento non emerge.

lunedì 1 aprile 2019

PESCE D'APRILE

Primo aprile, giorno di scherzi, di tiri mancini destinati a suscitare l’ilarità. Le origini del “pesce d'aprile” non sono note, anche se sono state proposte diverse teorie. Una delle più remote riguarderebbe il beato Bertrando di San Genesio, patriarca di Aquileia dal 1334 al 1350, il quale avrebbe liberato miracolosamente un papa soffocato in gola da una spina di pesce; per gratitudine il pontefice avrebbe decretato che ad Aquileia, il primo aprile, non si mangiasse pesce. Un'altra teoria tra le più accreditate colloca la nascita della tradizione nella Francia del XVI secolo. In origine, prima dell'adozione del Calendario Gregoriano nel 1582, in Europa era usanza celebrare il Capodanno tra il 25 marzo e il 1º aprile, occasione in cui venivano scambiati pacchi dono. La riforma di papa Gregorio XIII spostò la festività indietro al 1º gennaio, motivo per cui sembra sia nata la tradizione di consegnare dei pacchi regalo vuoti in corrispondenza del 1º di aprile, volendo scherzosamente simboleggiare la festività ormai obsoleta. Il nome che venne dato alla strana usanza fu Poisson d'Avril, per l'appunto "pesce d'aprile"
Nel capiente contenitore della mia memoria, non mancano gustosi ricordi legati a tale ricorrenza. A scuola qualcuno attaccava un foglio di carta con un pesce disegnato alle spalle del “soggetto” di turno, che poi era capace di portarlo in giro per l’intera mattinata. Ma questo era il meno: della rurale comunità della mia gioventù conservo qualcosa di ben più feroce, architettato con minuzia e nei particolari. Solitamente si trattava di gruppi di persone, buontemponi che in combutta fra loro, prima designavano la vittima, quindi tenendo presente il carattere, le abitudini e l’attività esercitata da costui progettavano e mettevano in atto la burla.
Scherzi feroci, che a volte hanno rischiato anche di avere conseguenze serie:il mitico e compianto Rocco, edicolante storico di Piazza, un primo aprile di qualche decennio fa, subì uno scherzo davvero memorabile. Il nostro aveva chiuso l’edicola per la pausa pranzo e riposava a casa, a poche centinaia di metri; approfittando della sua assenza, chi aveva progettato lo scherzo, attaccò alla saracinesca abbassata un cartellino che recava la scritta “chiuso per la morte del titolare”. La piazza allora era viva e non mancava mai, in qualunque ora del giorno, qualcuno in transito da quelle parti; chi passava gettava un’occhiata, ed incredulo si avvicinava all’avviso, per vedere se aveva letto bene, sinceratosi poi del contenuto si precipitava a casa della vittima per informarsi di come era potuto accadere qualcosa di tanto tragico ed improvviso, visto anche che molti avevano parlato con Rocco nella mattinata, vedendolo attivo e in buona salute. In poco tempo si generò una ressa nella sua casa, che infine si risolse in una generale risata. A scherzo concluso e, scoperti gli autori, Rocco però si lamentava di averci dovuto anche rimettere vari bicchierini di cognac, per rianimare qualcuno che, a leggere l’annuncio, si era sentito male.
La goliardia è un altro dei valori (forse) definitivamente perduto, in un mondo che, abbandonati o resi secondari i contatti personali, si consuma fra contatti spersonalizzati e telematici.