Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

sabato 24 marzo 2018

AVANTI CON BRIO

I risultati dell’attività della Pro Loco Pietramelara sono sotto gli occhi di tutti. Ritengo che ormai sia priva di qualsiasi senso la distinzione fra vecchia e nuova Pro Loco Pietramelara, e chi la fa ha il solo scopo di continuare a creare attriti e divisioni. E’ un fatto che ognuno degli appartenenti alla Pro Loco che ha preceduto l’attuale, laddove l’abbia voluto, è stato accolto a pieno titolo nel gruppo più operativo tra i partecipanti. Le attività che si cerca di portare avanti, con grande sforzo, sono state finora solo frutto di autofinanziamento e sponsor che hanno creduto in esse. La più viva gratitudine va ai titolari delle ditte che, anche in un momento di difficoltà e crisi, hanno voluto tenere alto il nome di Pietramelara, sostenendo materialmente le iniziative che di volta in volta venivano proposte.
E’ tornata la primavera ed allora si deve cominciare a fare sul serio, programmando e mettendo in campo iniziative già collaudate e introducendone di nuove. Sarebbe comodo riproporre sempre lo stesso, ma il direttivo ha accettato a pieno titolo la sfida dell’innovazione, e sono sicuro che il pubblico, l’Amministrazione Comunale, e gli altri soggetti cointeressati apprezzeranno lo sforzo.
Il tesseramento si è appena concluso con risultati incoraggianti, a chi la cosa è sfuggita e fosse interessato a divenire socio Pro Loco, comunichiamo di essere ancora in tempo: avverta il Presidente Tabacchino, o altri componenti del Direttivo e sarà accolto. Il bisogno di energie rinnovate ed estese è generalmente avvertito, perché di “ carne a cuocere” ce n’è tanta, quindi ben vengano coloro che vogliono dare una mano, collaborare, suggerire, realizzare.
Dopo il successo di un Carnevale appena scalfito dalla pioggia, pieno di spettacolo, tradizione e innovazione, che ha visto, tra l’altro, il gradito ritorno del “Gruppo Scenico dei 12 Mesi" (in versione motorizzata), il prossimo primo maggio si rinnoverà l’appuntamento con un evento innovativo e coinvolgente, denominato “Montemaggiore Festival”, una sintesi di natura, tradizioni, fisicità e musica. Una rilassante passeggiata tra i boschi e i sentieri del nostro Monte Maggiore, in mattinata, sulle orme dei Pietramelaresi di ieri che la montagna l’hanno vissuta e che da essa sono stati nutriti, riscaldati e protetti, nel corso dell’ultimo conflitto mondiale.
L’impegno della Pro Loco andrà nel corso del 2018 con i consueti appuntamenti primaverili ed estivi: Pietramelara Village e la Sagra al Borgo, evento clou della stagione. Il video promo della Sagra 2017, realizzato con poche risorse, ha avuto un effetto dirompente sulla conoscenza di Pietramelara, delle sue bellezze e delle tradizioni gastronomiche del territorio; un plauso ai giovani che l’hanno realizzato mostrando un talento fuori dal comune.
Un calendario denso di appuntamenti, che richiederà un impegno organizzativo intenso e costante, perché mentre si realizza un evento si è già con la mente al prossimo.

sabato 17 marzo 2018

IL CONDANNATO

Le cronache e i tg di questi giorni sono state contraddistinte da una nota ricorrente: la rievocazione a 40 anni di distanza del cosiddetto “caso Moro”.
Poco più che diciottenne “di paese”, frequentavo, “spaesato” mo ce vò, il primo anno di università in una facoltà estremamente politicizzata: il collettivo filocomunista impegnato in un continuo braccio di ferro con quello filo maoista, più estremo nelle tesi, a ciò si aggiungeva la presenza di un gruppo nutrito, ma più silenzioso di “ciellini”. Assemblee che interrompevano le lezioni con metodi abbastanza spicci, continui comunicati scritti a pennarello ed affissi alle bacheche, la bellissima Reggia di Portici, trasformata dalle circostanze, da luogo di studio e ricerca in laboratorio politico: erano così quegli anni!
Mi trovavo a Pietramelara la mattina del 16 marzo 1978, perché trattenuto da un’influenza, ascoltai la notizia dalla radio, dapprima incredulo, poi via via sempre più persuaso del fatto che quei 55 giorni a venire sarebbero entrati a far parte della storia. Quel giorno il nuovo Governo guidato da Giulio Andreotti stava per essere presentato in Parlamento per ottenere la fiducia. In pochi secondi, sparando con armi automatiche, i brigatisti rossi uccisero i due carabinieri a bordo dell'auto di Moro (Oreste Leonardi e Domenico Ricci), i tre poliziotti che viaggiavano sull'auto di scorta (Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) e sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana. Onore a loro per sempre!
Dopo una prigionia di 55 giorni, durante la quale Moro fu sottoposto a un processo politico da parte del cosiddetto «tribunale del popolo» istituito dalle Brigate Rosse e dopo aver chiesto invano uno scambio di prigionieri con lo Stato italiano, il presidente della DC fu ucciso, il suo cadavere fu ritrovato a Roma il 9 maggio.
Su Pietramelara pochi riflessi, se si prescinde dei commenti nei capannelli della piazza: il paese era retto da una Amministrazione vicina al PSI, partito che voleva una soluzione umanitaria del caso Moro, trattando con le B.R., il sindaco era Gianni Sorbo, qualche omelia in chiesa accennò a quello che stava succedendo.
Ho assistito ieri sera in TV all’interessante documentario curato da Ezio Mauro, dato su RAI 3: “Il condannato, cronaca di un sequestro”; buona la qualità giornalistica, tuttavia ritengo che siano state le parole di Giovanni Moro, figlio del politico rapito, dette in conclusione del documentario, la parte saliente delle discussione: “… è ammissione comune che vi siano zone d’ombra, contraddizioni, questioni non chiarite e spiegazioni non ragionevoli date a fatti, fenomeni ed eventi”. In altre parole, a distanza di un quarantennio, nonostante processi, sentenze e condanne il “caso moro” resta aperto, ma allora, chi volle veramente il rapimento e l’uccisione di Moro?
Un bieco intreccio di interessi, poteri forti, potenze straniere, servizi deviati, in cui le B.R. appaiono come burattini senz’anima i cui fili vengono tirati, secondo una sapiente regia. Al proposito trovo plausibile la tesi di Antonio Ferrari , settant’anni, storica penna del Corriere :"Aldo Moro? Voleva emancipare l’Italia dall’abbraccio soffocante degli americani. Così come Berlinguer voleva emancipare il Pci dall’abbraccio soffocante di Mosca. Per questo il leader della Dc è stato rapito e ucciso". (vedi immagine di copertina)
La storia, con l’abbattimento del muro di Berlino e la rimozione della “cortina di ferro”, ha dato torto ai veri mandanti del delitto Moro, interessati ad impedire il “compromesso storico” fra DC e PCI? Da un mondo fatto di frontiere rigide e due blocchi, sé passato ad un “villaggio globale” senza confini insuperabili, in cui guerre locali e terrorismo hanno buon gioco, il caso moro resterà aperto ancora per anni, prima che emerga l’effettiva verità, che a riprendere ancora le parole di Giovanni Moro “…è l’unica forma di giustizia possibile!”.



domenica 4 marzo 2018

L'ULTIMO CARRETTIERE

La recente scomparsa di Gaetanino ci priva dell’ultimo ed unico rappresentante ancora vivente di una categoria ormai da tempo estinta: quella dei carrettieri. Lui si che l’ha rappresentata con spirito autentico: sembra di rivederlo in piedi, fiero sul carretto, con lo scuriato (frusta in legno e corda, n.d.r.) in una mano e le redini nell’altra, passare fiero per le strade del paese.
Un mestiere antico quasi quanto l’uomo, oggi del tutto estinto, si diceva: correva il secondo dopoguerra, il conflitto aveva causato immani distruzioni, ed un’ economia che voleva rialzarsi aveva bisogno di un flusso di merci continuo, costante e veloce; la figura romantica del carrettiere unita alla bassa capacità di trasporto del carretto, pertanto non bastavano più. D’altronde c’era stata la guerra, gli eserciti, soprattutto gli americani, avevano lasciato dietro di se molti residuati, i famosi “camion” (cami nel nostro dialetto), disponibili a buon mercato ed in grado di rispondere a tale esigenza; ed allora ecco che proprio tra le fila dei carrettieri qualcuno, forse più giovane e più dotato di senso del progresso e spirito d’iniziativa, si riconvertiva a camionista, ne abbiamo conosciuto tanti esempi : intere famiglie passate dalle redini e i finimenti, al volante di un camion.
Una scelta anche di comodità -diciamolo- nella cabina di guida si soffriva meno il caldo, il freddo e soprattutto la pioggia, anche se poi era richiesta una maggiore concentrazione alla guida. Quanti carrettieri si addormentavano lungo il viaggio ed il cavallo, esperto, a volte vecchio, continuava per la sua strada, il tutto senza che si fossero creati pericoli di sorta… quale camionista potrebbe permettersi oggi di fare altrettanto?
Per chi restava carrettiere nell’animo le alternative erano quindi due, lasciare il carretto e darsi alla guida di un camion, oppure sopravvivere con gli ultimi sprazzi di un mestiere, come tanti, destinato inevitabilmente all’oblio. E’ trascorso così quasi un cinquantennio ormai dalla definitiva scomparsa delle carrette dalle nostre strade.
Il romanticismo della figura del carrettiere era tale da eccitare anche la fantasia e l’estro di un grande poeta come Giovanni Pascoli , tanto da dedicargli una breve poesia contenuta nella raccolta “Myricae”, intitolata appunto “Il carrettiere”, da cui ho tratto questi versi:
….Ma tu dormivi sopra il tuo carbone.
A mano a mano lungo lo stradale
venìa fischiando un soffio di procella:
ma tu sognavi ch'era di natale;
udivi i suoni d'una cennamella.

il poeta s’immerge nella vita della natura, obliando ogni pena, a volte nella contemplazione della semplice vita degli umili. In questa lirica, il carrettiere che fra la tempesta dorme e sogna la semplice gioia del Natale, diviene il simbolo di questa condizione, aperto ancora al fascino della vita.
Buon viaggio Gaetanino, placidamente addormentato sul tuo carico di carbone, proprio come il carrettiere pascoliano!