C’è un modo di dire, un espressione ancora abbastanza in uso da noi : “Sparagnammu e cumparimmu” che, tradotto vuol dire “risparmiamo e (al tempo stesso) facciamo bella figura”. La cosa ha da sempre spinto il mio interesse, perché in essa sono racchiusi due capisaldi fondamentali del vivere contadino di un tempo, la civiltà rurale che, per certi versi, ancora ci permea: la parsimonia e il decoro personale nelle azioni, nel lavoro, nella casa. Due paroline ed una congiunzione in grado di esprimere tutta una filosofia, un modo di vivere la realtà, volto si al risparmio, al mettere da parte nell’abbondanza, aspettando tempi più grami, ma anche ad apparire, rifuggire dalla miseria, soprattutto quella morale.
“La cicala e la formica” è una favola famosissima, scritta da Esopo e arrivata a noi grazie a Jean de La Fontaine, in cui l’operosa e diligente, ma dura, formica rifiuta in inverno di aiutare la cicala che ha passato l’estate a cantare (vedi immagine di copertina). Risparmiare ed accumulare permette di affrontare le difficoltà con maggiore serenità, ma a volte rende duri ed egoisti.
Sparagnammu e cumparimmu supera, in qualche modo, anche le due categorie stabilite dalla favola. Si, perché, se è vero com’è vero, che il comportamento che ha portato a coniare il detto di cui si discute è tipico della nostra gente, anche l’atavica abitudine e propensione al risparmio non giustifica l’accostamento netto con la categoria delle formiche. Cumparimmu indica infatti anche un’apertura verso gli altri, uno spirito solidaristico presente nella civiltà rurale tanto quanto il risparmio.
Nessun commento:
Posta un commento