Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

martedì 12 gennaio 2016

FABER, UN ANTICONFORMISTA MUSICALE

L’11 gennaio di diciassette anni fa moriva Fabrizio De André, il più celebrato fra i cantautori italiani: per l’approccio al proprio mestiere e una serie di elementi di stile, di momento e di modo in cui i suoi brani sono arrivati al successo, De André può essere indicato come l’artista più rappresentativo per un intero genere di canzone.
Nacque nel 1940 nel quartiere genovese di Pegli, e Genova ha rappresentato per lui almeno nella prima fase della carriera una fonte di ispirazione (Via del Campo, La città vecchia, ecc.); inoltre il legame mai sciolto con la città natale lo indusse a pubblicare nel 1984, già maturo, un meraviglioso album in dialetto genovese: Crêuza de mä. Un episodio ne segnò la vita ed il percorso artistico: il rapimento avvenuto nella sera del 27 agosto 1979, in Sardegna, dove si era ritirato da qualche anno insieme alla sua compagna Dori Ghezzi; la prigionia durò quattro mesi, ma Fabrizio non se la prese troppo a male anzi, in onore del fiero popolo sardo, compose, a vicenda conclusa, un album senza titolo in cui paragonava la sorte del popolo sardo a quella delle tribù indiane del Nord America; in seguito fu anche tra i firmatari della domanda di grazia rivolta al Presidente della Repubblica, nei confronti di uno dei sequestratori, un pastore sardo condannato a 25 anni di prigione .
Ho conosciuto la musica di Faber, come amava chiamarlo l’amico Paolo Villaggio, non molto presto, verso la fine degli anni ’70, già maggiorenne; un incontro voluto più dalla necessità che dal caso. Erano quegli gli anni delle grandi contestazioni, del terrorismo organizzato, con forti spinte ideologiche che pervenivano da ogni dove: dagli amici che frequentavo, dall’università e dai mass media. Fu un incontro dapprima a interesse freddo e limitato, che poi man mano si accrebbe grazie alle tematiche affrontate e al modo così anticonformista di trattarle. Ammirai il coraggio di De Andrè nell’avventurarsi addirittura nel campo religioso, come con l’album “La buona novella”, ispirato ai vangeli apocrifi, fatto assolutamente al di fuori della linea comportamentale della sinistra di allora, generalmente dettata da un conformismo imposto dalle federazioni comuniste. A tale proposito ricordo che il nostro Don Roberto, sacerdote innovatore ed impegnato, promosse un ciclo di incontri fra giovani che vertevano sulle tematiche dei pezzi del nostro cantautore e che venivano preceduti dall’ ascolto di brani scelti. Ho avuto anche il privilegio di ascoltare Fabrizio De Andrè dal vivo, in un memorabile concerto a Vairano Patenora, nel settembre dell'84: un’emozione unica, in cui diede il meglio di se stesso, promuovendo si “Crêuza de mä”, appena uscito, ma non privandoci del piacere di farci ascoltare moltissimi brani che lo avevano reso famoso. Posso dire di conoscere oggi in modo abbastanza diffuso il mondo delle canzoni di De Andrè, una conoscenza che quando posso cerco sempre di approfondire con l’ascolto.

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