E’ proprio vero!.. è venuto il momento di reagire, è questo il momento di riaffermare la positività della nostra civiltà occidentale, a volte un po’ sbiadita e senz’anima; è questo il momento di gridare con orgoglio che essa nel tempo ha prodotto progresso sociale ed economico, innalzamento culturale, emancipazione delle fasce più deboli, democrazia!
Il folle fondamentalismo islamico si è macchiato della “mattanza” di Parigi di venerdì scorso e, accanto alla pietà diffusa, ha scatenato, come effetto collaterale, una catena senza fine, sui principali media, sulla carta stampata, ma specialmente sui social networks fatta di riaffermazioni, a volte – diciamolo - un po’ trite. Tra queste le più frequenti: “si al crocifisso nelle aule scolastiche”, “si al presepe”. Condivido senza riserve, è d’altronde veramente difficile, da parte nostra, non essere d’accordo.
Ma poi, a sangue freddo i dubbi e le perplessità cominciano a montare; ed allora viene da chiedersi: quanti di costoro, che in coro a volte un po’ stonato, si ostinano a ripetere “si al crocifisso nelle aule scolastiche”, “si al presepe”, conoscono e condividono i valori che stanno ad indicare un crocifisso appeso alla parete? … quanti amano il presepe per il simbolico messaggio di amore insito in esso? Non sarà che in tal modo questi due simboli siano stati un po’ sviliti nel loro significato più autentico, solo allo scopo di ridare smalto ad un sistema un po’ sbiadito?
La croce di Cristo, trascinata a stento sul Calvario, è la stessa, per dimensioni, natura e destino, di quella dei due famigerati ladroni crocifissi con lui, racchiude sofferenza estrema e morte; essa sta inequivocabilmente ad indicare la catarsi a cui deve, per forza di cose, sottostare il genere umano se non si vuole perdere.
Il presepe parla di un bambino nato in una povera stamberga, perché il papà e la mamma (oggi sarebbero stati definiti barboni o homeless) non disponevano neppure di quel poco sufficiente per una notte e un parto in un misero alberghetto; ci tramanda di pastori svegliati nella notte che in un moto di solidarietà recano piccoli doni al bambino per alleviarne il freddo; ci racconta di tre sapienti, qualcuno di essi era anche di pelle nera, che viaggiano per mesi (forse per anni) seguendo una stella, da oriente verso occidente. Quanta similitudine con i viaggi della speranza, dal sud al nord del mondo, dall’oriente dilaniato dalla guerra all’occidente opulento e (solo in apparenza) pacifico!
Scribacchiando per me
domenica 22 novembre 2015
venerdì 13 novembre 2015
DAVANTI A UN FALLIMENTO
E’ veramente difficile in questi momenti pensare, agire, parlare e scrivere di ciò che sta accadendo. Il primo pensiero va alle vittime degli attentati, alle loro famiglie e a quanti si sono separati per sempre da queste vite innocenti.
Non è certamente compito di un “blogger scribacchiante” come il sottoscritto, analizzare ciò che sta accadendo sulla sponda nord e sulla quella sud del mediterraneo: un intero bacino comprendente decine e decine di paesi e ben tre continenti, ormai in perenne allarme per guerre guerregiate, guerriglie e atti di terrorismo vari, ma il sangue versato e lo stato di inquietudine generale impongono anche a chi scrive di esprimere con chiarezza le proprie idee in merito .
Purtroppo agli episodi accaduti ieri in Parigi, si deve apporre un aggettivo “ennesimi” a cui nessuno sarebbe voluto giungere. La degenerazione della cosiddetta “guerra santa”, combattuta da vari gruppi estremisti islamici, riempie le cronache purtroppo con cadenza quotidiana. Essa non è altro che il frutto della destabilizzazione di un’area, già di per se ribollente, sulla quale i paesi occidentali si sono innestati, essendone dapprima consapevoli spettatori ben informati dei fatti, dopo protagonisti e quindi vittime. Gli enormi interessi in gioco hanno indotto l’abbattimento di regimi duri e sanguinari, nei quali il diritto era assente ma hanno, al contempo, concesso spazio di manovra a gruppuscoli, dapprima isolati, che si sono man mano organizzati in modo sempre più terribilmente efficiente, fino a giungere a ciò a cui stiamo assistendo.
Riacquistare il controllo pieno delle aree petrolifere, tenere alto il prezzo del petrolio, questo il vero obiettivo, mai dichiarato, delle “campagne di liberazione”, gestite dalle cancellerie occidentali. E adesso? Il controllo sui giacimenti è oggi più che mai lontano, il greggio viene venduto a prezzi stracciati e in più come effetti collaterali abbiamo da una parte un terrorismo islamico sempre più agguerrito, audace ed efficace, dall’altra centinaia di migliaia di profughi innocenti che bussano alle nostre porte in cerca di asilo per se e le proprie famiglie.
Davanti al fallimento completo di una politica estera fortemente condizionata dalle lobbies petrolifere, non possiamo che constatare tale situazione caotica che, per essere riassestata, ha bisogno di decenni.
Liberarsi dalla schiavitù dei combustibili fossili (petrolio e gas naturali) come fonte primaria di energia nei paesi industrializzati, diventa sempre più urgente. Già nel settembre 2002 (13 anni fa!!!) con l’uscita in libreria del best seller di Jeremy Rifkin “Economia all'idrogeno”, furono azzardate varie previsioni sullo scenario che stiamo vivendo e che, purtroppo, si sono rivelate quanto mai profetiche; le strade che conducono all’affrancamento dal petrolio, senza rinunciare a quei minimi a cui la civiltà occidentale ci ha abituato, sono svariate: energie rinnovabili, uso dell’idrogeno, ritorno alla ricerca sul “nucleare pulito”. Tutto ciò indurrebbe nel contempo ad un interesse internazionale sempre minore su quelle aree dove il petrolio si produce e sulle popolazioni che vi vivono; e i gruppi terroristici che si finanziano commerciando petrolio sul mercato nero avrebbero sempre meno risorse da dedicare alle guerre “sante” che combattono. Pensiamoci.
Non è certamente compito di un “blogger scribacchiante” come il sottoscritto, analizzare ciò che sta accadendo sulla sponda nord e sulla quella sud del mediterraneo: un intero bacino comprendente decine e decine di paesi e ben tre continenti, ormai in perenne allarme per guerre guerregiate, guerriglie e atti di terrorismo vari, ma il sangue versato e lo stato di inquietudine generale impongono anche a chi scrive di esprimere con chiarezza le proprie idee in merito .
Purtroppo agli episodi accaduti ieri in Parigi, si deve apporre un aggettivo “ennesimi” a cui nessuno sarebbe voluto giungere. La degenerazione della cosiddetta “guerra santa”, combattuta da vari gruppi estremisti islamici, riempie le cronache purtroppo con cadenza quotidiana. Essa non è altro che il frutto della destabilizzazione di un’area, già di per se ribollente, sulla quale i paesi occidentali si sono innestati, essendone dapprima consapevoli spettatori ben informati dei fatti, dopo protagonisti e quindi vittime. Gli enormi interessi in gioco hanno indotto l’abbattimento di regimi duri e sanguinari, nei quali il diritto era assente ma hanno, al contempo, concesso spazio di manovra a gruppuscoli, dapprima isolati, che si sono man mano organizzati in modo sempre più terribilmente efficiente, fino a giungere a ciò a cui stiamo assistendo.
Riacquistare il controllo pieno delle aree petrolifere, tenere alto il prezzo del petrolio, questo il vero obiettivo, mai dichiarato, delle “campagne di liberazione”, gestite dalle cancellerie occidentali. E adesso? Il controllo sui giacimenti è oggi più che mai lontano, il greggio viene venduto a prezzi stracciati e in più come effetti collaterali abbiamo da una parte un terrorismo islamico sempre più agguerrito, audace ed efficace, dall’altra centinaia di migliaia di profughi innocenti che bussano alle nostre porte in cerca di asilo per se e le proprie famiglie.
Davanti al fallimento completo di una politica estera fortemente condizionata dalle lobbies petrolifere, non possiamo che constatare tale situazione caotica che, per essere riassestata, ha bisogno di decenni.
Liberarsi dalla schiavitù dei combustibili fossili (petrolio e gas naturali) come fonte primaria di energia nei paesi industrializzati, diventa sempre più urgente. Già nel settembre 2002 (13 anni fa!!!) con l’uscita in libreria del best seller di Jeremy Rifkin “Economia all'idrogeno”, furono azzardate varie previsioni sullo scenario che stiamo vivendo e che, purtroppo, si sono rivelate quanto mai profetiche; le strade che conducono all’affrancamento dal petrolio, senza rinunciare a quei minimi a cui la civiltà occidentale ci ha abituato, sono svariate: energie rinnovabili, uso dell’idrogeno, ritorno alla ricerca sul “nucleare pulito”. Tutto ciò indurrebbe nel contempo ad un interesse internazionale sempre minore su quelle aree dove il petrolio si produce e sulle popolazioni che vi vivono; e i gruppi terroristici che si finanziano commerciando petrolio sul mercato nero avrebbero sempre meno risorse da dedicare alle guerre “sante” che combattono. Pensiamoci.
sabato 7 novembre 2015
DONI INASPETTATI
Il tardo autunno ci sta regalando uno sprazzo di “quasi estate”; dopo le abbondanti piogge la terra è tornata asciutta grazie alle temperature elevate, le mattine sono nebbiose si, ma dopo, a nebbia diradata, il paesaggio rurale si rallegra per un ricco ornamento di raggi solari. I colori dell’autunno, vivi in settembre ed ottobre, sono ormai spenti e gli alberi sono quasi del tutto privi di fogliame. In campagna è tutto un andirivieni di uomini e mezzi che si danno da fare per completare le semine, perché questa pausa calda e soleggiata potrebbe finire da un momento all’altro. Chi le ha… raccoglie le olive, chi no, come il sottoscritto, non si perde d’animo e pensa ad organizzarsi per l’anno prossimo.
Chi, solo dieci giorni fa, avrebbe immaginato tanto splendore? Ricordate: piogge che hanno prodotto danni ed eventi luttuosi a pochi passi da noi, sembrava proprio che il tempo fosse orientato all’inverno senza alcun tipo di indugio o ripensamento, ed invece… qualcuno, facendo bene, oggi approfittando del sabato, va addirittura al mare.
Sono doni inaspettati che la natura concede, e di cui dobbiamo essere grati: manca poco più di un mese e mezzo e saremo nel pieno del periodo natalizio. Per la verità io non sono affatto contento: le festività imminenti comporteranno spostamenti, spese, a volte malumori. Il freddo si farà sentire e le giornate particolarmente corte non predisporranno lo spirito ad essere allegro ma… così è la vita! Non lamentiamoci, via.
Chi, solo dieci giorni fa, avrebbe immaginato tanto splendore? Ricordate: piogge che hanno prodotto danni ed eventi luttuosi a pochi passi da noi, sembrava proprio che il tempo fosse orientato all’inverno senza alcun tipo di indugio o ripensamento, ed invece… qualcuno, facendo bene, oggi approfittando del sabato, va addirittura al mare.
Sono doni inaspettati che la natura concede, e di cui dobbiamo essere grati: manca poco più di un mese e mezzo e saremo nel pieno del periodo natalizio. Per la verità io non sono affatto contento: le festività imminenti comporteranno spostamenti, spese, a volte malumori. Il freddo si farà sentire e le giornate particolarmente corte non predisporranno lo spirito ad essere allegro ma… così è la vita! Non lamentiamoci, via.
domenica 1 novembre 2015
I MORTI
Ogn'anno, il due novembre, c'è l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll'adda fa' chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero
L’ incipit della celeberrima “livella” decurtisiana , introduce al tema del giorno: il culto dei defunti. A dire il vero da bambino io questa ricorrenza l’ho vissuta più come una festa, nel senso stretto della parola, che come un’occasione per il ricordo ed il rimpianto. Vedere tanta gente nel cimitero aggirarsi fra i vialetti mi riempiva d’allegria. E tale clima festoso era percepito come tale non solo dal sottoscritto ma anche da tante altre persone; il tutto accompagnato dal fatto che il tempo meteorologico in genere in questi giorni ha offerto giornate limpide e soleggiate. La gente venuta da fuori a far visita al cimitero incontrava parenti e amici che non vedeva, semmai, da anni e la gioia nel salutarsi ed abbracciarsi dopo un lungo periodo di lontananza era evidente anche da lontano.
Il tutto è cominciato a cambiare da quando quelle tombe, tra le quali mi aggiravo allegro e spensierato, hanno cominciato ad accogliere le persone che avevo amato, nonni prima, genitori poi. Uso frequentare il cimitero in ogni periodo dell’anno, anche quando il tempo è freddo o pioviggina, nel trascorrere della domenica o di qualunque altro giorno festivo per me è una tappa obbligata, dalla quale mi sottraggo raramente. Pertanto in questi primi giorni di novembre mi reco si al cimitero, ma lo faccio quasi per consolidare una tradizione ancora viva. I sentimenti e le emozioni dell’infanzia sono oggi mutati se non opposti, e mi viene da chiedere, a volte, cosa ci fa tanta gente nel nostro cimitero, quale sia l’utilità di queste visite. Cosa cercano donne e uomini affardellati di ceri e fiori pagati a peso d’oro. Il culto dei morti, secondo il mio modo di vedere, impone una visita raccolta, e il raccoglimento è favorito dal silenzio, cosa che manca assolutamente in questi giorni. Ed allora…
A egregie cose il forte animo accendono
l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta
Va cercato, forse in tali versi foscoliani la risposta al mio interrogativo? Una visita, seppure fugace e poco raccolta, al cimitero in questi giorni potrebbe in qualche modo migliorare chi la fa, nel ricordo della condotta di vita di un parente o di un amico ormai scomparso. Le “urne dei forti” d’altronde sono un po’ dovunque, nei grandi cimiteri monumentali delle metropoli, come in quelli dei piccoli paesi di campagna; donne e uomini, a volte senza alcuna fama, che dormono ed il cui esempio tuttavia ha costituito e costituisce ancora un paradigma di vita per tanti di noi che restiamo. E tali urne, tra l’altro, hanno il merito di fare “bella e santa” la terra che le accoglie al “peregrin”, poco importa se costui al cimitero ci viene, si o no, una volta l’anno.
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll'adda fa' chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero
L’ incipit della celeberrima “livella” decurtisiana , introduce al tema del giorno: il culto dei defunti. A dire il vero da bambino io questa ricorrenza l’ho vissuta più come una festa, nel senso stretto della parola, che come un’occasione per il ricordo ed il rimpianto. Vedere tanta gente nel cimitero aggirarsi fra i vialetti mi riempiva d’allegria. E tale clima festoso era percepito come tale non solo dal sottoscritto ma anche da tante altre persone; il tutto accompagnato dal fatto che il tempo meteorologico in genere in questi giorni ha offerto giornate limpide e soleggiate. La gente venuta da fuori a far visita al cimitero incontrava parenti e amici che non vedeva, semmai, da anni e la gioia nel salutarsi ed abbracciarsi dopo un lungo periodo di lontananza era evidente anche da lontano.
Il tutto è cominciato a cambiare da quando quelle tombe, tra le quali mi aggiravo allegro e spensierato, hanno cominciato ad accogliere le persone che avevo amato, nonni prima, genitori poi. Uso frequentare il cimitero in ogni periodo dell’anno, anche quando il tempo è freddo o pioviggina, nel trascorrere della domenica o di qualunque altro giorno festivo per me è una tappa obbligata, dalla quale mi sottraggo raramente. Pertanto in questi primi giorni di novembre mi reco si al cimitero, ma lo faccio quasi per consolidare una tradizione ancora viva. I sentimenti e le emozioni dell’infanzia sono oggi mutati se non opposti, e mi viene da chiedere, a volte, cosa ci fa tanta gente nel nostro cimitero, quale sia l’utilità di queste visite. Cosa cercano donne e uomini affardellati di ceri e fiori pagati a peso d’oro. Il culto dei morti, secondo il mio modo di vedere, impone una visita raccolta, e il raccoglimento è favorito dal silenzio, cosa che manca assolutamente in questi giorni. Ed allora…
A egregie cose il forte animo accendono
l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta
Va cercato, forse in tali versi foscoliani la risposta al mio interrogativo? Una visita, seppure fugace e poco raccolta, al cimitero in questi giorni potrebbe in qualche modo migliorare chi la fa, nel ricordo della condotta di vita di un parente o di un amico ormai scomparso. Le “urne dei forti” d’altronde sono un po’ dovunque, nei grandi cimiteri monumentali delle metropoli, come in quelli dei piccoli paesi di campagna; donne e uomini, a volte senza alcuna fama, che dormono ed il cui esempio tuttavia ha costituito e costituisce ancora un paradigma di vita per tanti di noi che restiamo. E tali urne, tra l’altro, hanno il merito di fare “bella e santa” la terra che le accoglie al “peregrin”, poco importa se costui al cimitero ci viene, si o no, una volta l’anno.
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