Scribacchiando per me
venerdì 22 febbraio 2013
BUON COMPLEANNO
Si è da poco concluso il secondo anno di vita di “scribacchiando per me”. Una storia fatta di riflessioni serie (e semiserie), sensazioni ed emozioni esternate mettendo a volte il pudore da parte; una storia che sa anche di tradizioni e ricordi (più o meno recenti) di una vita trascorsa ad osservare.
E’ stato questo il mio percorso degli ultimi due anni: non sono mancate le soddisfazioni, “scribacchiando” è molto vicino al traguardo dei diecimila accessi, “soglia psicologica” di grande rilevanza, tanto per usare un termine mutuato dal gergo borsistico; i miei scritti hanno raggiunto angoli del pianeta che forse di persona non visiterò mai, così come non sono mancate le cocenti delusioni, ma tant’è… la vita è fatta anche di questo.
E adesso…che ne sarà della mia creatura?... per quanto altro tempo essa rimarrà insieme a quelli che, con un vezzo, amo definire “i miei quattro lettori”? Chissà.
Io scribacchio e, come dice lo stesso titolo del blog, lo faccio per me stesso; questo vuol dire che sedermi dieci minuti (o poco più) alla tastiera del PC quando la sera è calata, o di mattina mentre albeggia, risponde ad una mia esigenza primaria: quella del comunicare! La stessa esigenza che, in altri tempi e contesti, mi ha spinto a salire su un palco per dire ad una piazza gremita quanto grande fosse la mia delusione e la mia rabbia per il modo pedestre con cui il mio paese è stato ed è amministrato; la stessa esigenza che mi ha portato e mi porta (senza alcun ritorno economico) a collaborare con vari giornali e testate, oppure ancora che mi fa amare il mio pendolarismo ferroviario per la possibilità che mi offre di interagire per mezzora con i miei compagni di viaggio.
Scrivere o, se preferite, scribacchiare, abbassa notevolmente il mio stato di tensione interna; non so se vi è mai capitato di dover dire una cosa a qualcuno e non trovar pace fin quando non lo si è fatto. Così sono io: a volte sono pervaso da idee e sensazioni che generano in me stesso agitazione, e la serenità viene ritrovata solo dopo aver comunicato tali idee e sensazioni alla carta o alla tastiera del PC.
Ciò premesso, è molto probabile che “scribacchiando” rimanga con voi per ancora molto tempo, o, meglio, fino a quando voi continuerete a visitarlo con piacere. BUON COMPLEANNO “SCRIBACCHIANDO”.
sabato 9 febbraio 2013
Lassatem’ sstà
Questa coda d’inverno ci sta regalando giorni veramente particolari: o ricchi di pioggia o, al più, poveri di sole. I giorni della merla sono trascorsi ormai da qualche settimana, ma sembra che il freddo, quello tosto, solo adesso si è ricordato di farci visita. In cielo un sole “malato” che non riscalda nessuno, forse neppure se stesso, e la terra rimane ancora bagnata, fradicia per le recenti ed abbondanti piogge.
Chi di noi deve uscire di casa per un servizio o per vedere qualcuno, se non si intabarra a dovere rischia seri malanni e, nella migliore delle ipotesi, soffre per il freddo pungente.
Sono questi i giorni del caminetto, della gioiosa fiamma, netta contrapposizione visiva al grigiume che si osserva dalle finestre e dai balconi. E’ questo il tempo di oziare in casa avendo cura di se stessi e del proprio spirito: un buon libro ed una fumante tazza di tè possono essere i migliori compagni. La televisione in tale contesto può anche non esserci, può veramente essere degradata a mero “complemento di arredo”; tuttavia in queste situazioni, ci avete fatto caso? …il peggiore dei nemici è il telefono, fisso o cellulare che sia. La suoneria stridula interrompe quell’atmosfera calda ed accogliente che con tanto impegno hai cercato di creare, ed allora le alternative sono due: o ignorarla correndo il rischio che il rompiscatole di turno, impaziente com’è, ti venga a cercare addirittura a casa, o rispondere.
Se si è scelta l’opzione B, i guai cominciano appena dopo il “pronto”, con un capo che ti rammenta ogni tuo impegno per la giornata a seguire, paventando conseguenze disastrose in caso di mancato tempestivo adempimento, oppure con un parente a cui sembra che i propri giorni stiano per terminare a minuti, tanta è l’ansia delle richieste espresse; ed hai voglia di dire “state tranquilli”, “sono qui per questo”…non funziona! Che dire poi delle chiamate contemporanee sul fisso e sul cellulare: si deve sul momento generare una gerarchia per optare a chi rispondere per primo, e mentre sei impegnato in tale “amletico dubbio”…ecco, ci mancava solo il citofono! Per fronte alla necessità ti trasformi in uno di quei “one man band” che suonano tre o quattro strumenti in contemporanea, utilizzando con singolare efficienza ogni parte del corpo: un tamburo a zaino suonato con un tirante legato alla caviglia, un organetto tra le mani e tanti campanellini appesi ad un cappello, fatti suonare con movimenti ripetuti della testa. Sei così: il citofono con la destra, la cornetta del fisso con la sinistra, il cellulare aperto appoggiato su un tavolo che gracchia come se niente fosse…
La voglia più impellente che scaturisce dalle meningi è quella di dire che stai riposando, che vorresti ritemprarti di una settimana agitata, ma, come al solito, si ascolta, si annuisce e si prega che il supplizio termini al più presto, ed una volta che la cornetta è stata riposta, parte il liberatorio: “lassatem’ sstà”.
Chi di noi deve uscire di casa per un servizio o per vedere qualcuno, se non si intabarra a dovere rischia seri malanni e, nella migliore delle ipotesi, soffre per il freddo pungente.
Sono questi i giorni del caminetto, della gioiosa fiamma, netta contrapposizione visiva al grigiume che si osserva dalle finestre e dai balconi. E’ questo il tempo di oziare in casa avendo cura di se stessi e del proprio spirito: un buon libro ed una fumante tazza di tè possono essere i migliori compagni. La televisione in tale contesto può anche non esserci, può veramente essere degradata a mero “complemento di arredo”; tuttavia in queste situazioni, ci avete fatto caso? …il peggiore dei nemici è il telefono, fisso o cellulare che sia. La suoneria stridula interrompe quell’atmosfera calda ed accogliente che con tanto impegno hai cercato di creare, ed allora le alternative sono due: o ignorarla correndo il rischio che il rompiscatole di turno, impaziente com’è, ti venga a cercare addirittura a casa, o rispondere.
Se si è scelta l’opzione B, i guai cominciano appena dopo il “pronto”, con un capo che ti rammenta ogni tuo impegno per la giornata a seguire, paventando conseguenze disastrose in caso di mancato tempestivo adempimento, oppure con un parente a cui sembra che i propri giorni stiano per terminare a minuti, tanta è l’ansia delle richieste espresse; ed hai voglia di dire “state tranquilli”, “sono qui per questo”…non funziona! Che dire poi delle chiamate contemporanee sul fisso e sul cellulare: si deve sul momento generare una gerarchia per optare a chi rispondere per primo, e mentre sei impegnato in tale “amletico dubbio”…ecco, ci mancava solo il citofono! Per fronte alla necessità ti trasformi in uno di quei “one man band” che suonano tre o quattro strumenti in contemporanea, utilizzando con singolare efficienza ogni parte del corpo: un tamburo a zaino suonato con un tirante legato alla caviglia, un organetto tra le mani e tanti campanellini appesi ad un cappello, fatti suonare con movimenti ripetuti della testa. Sei così: il citofono con la destra, la cornetta del fisso con la sinistra, il cellulare aperto appoggiato su un tavolo che gracchia come se niente fosse…
La voglia più impellente che scaturisce dalle meningi è quella di dire che stai riposando, che vorresti ritemprarti di una settimana agitata, ma, come al solito, si ascolta, si annuisce e si prega che il supplizio termini al più presto, ed una volta che la cornetta è stata riposta, parte il liberatorio: “lassatem’ sstà”.
lunedì 4 febbraio 2013
DELLA SOLITUDINE
Non vi sembri, carissimi, irriverente l’accostamento ma, da:
Solo e pensoso i più deserti campi
vo misurando a passi tardi e lenti;
e gli occhi porto, per fuggir, intenti
dove vestigio uman l'arena stampi.
del Petrarca, e siamo intorno al 1300, fino a:
Uscir nella brughiera di mattina
dove non si vede un passo
per ritrovar se stesso
di Lucio Battisti, praticamente nostro contemporaneo, passando per i “sovrumani silenzi, e profondissima quiete” dell’infinito Leopardiano, ritorna sempre questo bisogno dei poeti, dei creativi, di rimanere soli ed allontanarsi dalla folla per sentire sempre più nettamente il suono delle proprie emozioni,
Cos’ è che spinge un uomo a cercare nella natura la risposta ai propri perché, qual è il motivo più recondito di questo voler fuggire,allontanarsi a tutti i costi dai propri simili? Risponde ad un’utilità precisa questo bisogno compulsivo di evadere con la mente, liberare la fantasia, che ricorre da sempre, come si è già detto sopra, anche nella nostra letteratura?
Ritengo che in questo, come per tanti altri comportamenti dell’animo umano, non vi sia una spiegazione logica e condivisibile.
La filosofia “del pensiero debole”, poi, che, come sanno i miei quattro lettori, professo da tempo, porta anche me a volte a ripercorrere (indegnamente) i passi di quei poeti in cerca di solitudine. Ed allora, i campi ed i sentieri divengono il mio vero elemento, anche in inverno, quando la tramontana ti frusta il viso e piega gli alberi più sottili. Nelle cuffiette alle orecchie, scorre musica, ma chi la sente? Ed allora mi ritrovo ad osservare la valle da qualche punto, un po’ più in alto: sotto gli occhi boschetti, fossi gonfi di pioggia, frutteti e vigne, in lontananza l’antico borgo ma… nulla tra essi cattura la mia attenzione; sono, di fatto, immagini virtuali che la mente non realizza; la mente, lei, rimane prigioniera di pensieri, ricordi, volti e situazioni vissuti e visti più o meno di recente; e questo vorticoso turbinio di impressioni ed emozioni dura fino alle prime case dell’abitato dove, con il clacson, un amico che passa veloce ti saluta, riportandoti nella realtà.
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