“…e roppu San Roccu, a primm’ acqua è viernu”, (dopo la metà di agosto la prima pioggia segna l’inizio dell’inverno, ndr) un adagio fin troppo noto qui da noi, un modo come un altro di predisporre l’animo ai giorni che stanno per venire.
Ai tempi in cui la società era quasi solo rurale, fine agosto e inizio settembre significavano soprattutto metter mano agli attrezzi, predisporre la vendemmia, preparare i campi alla semina dei cereali, raccogliere il “raurignu” (granturco, ndr), fare una provvista di legna da ardere.
E oggi?... qual’ è il portato di questi ultimi giorni di agosto, con le vacanze ancora fresche nella memoria?
La società è cambiata, e continua a cambiare: pochi di noi hanno da fare in campagna, ma comunque questo periodo sembra sempre l’inizio di qualcosa di nuovo, un caposaldo da cui partire per cominciare un nuovo ciclo.
Certo, la giornata sempre più corta intristisce l’animo, tuttavia l’impressione di qualcosa di nuovo che stia per cominciare è sempre viva; del caldo non se ne può più e le giornate terse ed assolate di settembre, con il cielo azzurro intenso e la brezza che si respira dopo che è piovuto, sono un dono che ognuno di noi si aspetta.
…A primm’acqua è viernu: un monito che incombe quanto una minaccia; ma la pioggia continua a farsi desiderare, e l’afa la fa ancora da padrona. I meteorologi televisivi, moderni sciamani mediatici, avevano annunciato la “burrasca di fine agosto” come in genere si fa per le star dello spettacolo, o come una sorta di supereroe in grado di liberare il pianeta da una calamità incombente, ma le previsioni, almeno dalle nostre parti, si sono rivelate infondate.
Ansia, speranza, positività dell’attesa, sensazioni dell’animo che contrastano in noi stessi sono la costante del momento: anche se ci rifacciamo alla storia recente, settembre è un mese che in genere connota sempre qualcosa di nuovo, rispetto ai giorni di inizio estate, anche se, in più di un caso, le novità si sono rivelate tutt’altro che positive.
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