Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

sabato 23 marzo 2024

UNO STRUMENTO PRESTIGIOSO

 

“Uno dei punti di vanto di cui i pietramelaresi possono andar fieri è senz’altro l’organo monumentale della Chiesa di San Rocco: lo storico strumento musicale, realizzato intorno al 1911 dalla ditta Inzoli di Crema, dopo un lungo periodo di quasi abbandono, fu restaurato negli anni ’80 dalla stessa ditta”, iniziava così un breve articolo sul grande strumento, che pubblicai sul Corriere di Caserta nel settembre del 2006. Tale incipit, devo riconoscerlo, conteneva un’imprecisione, in quanto la realizzazione è di dieci anni prima, trattandosi dell’opera 254 di Pacifico Inzoli (vedi foto di copertina), organaro di Crema (CR) che progettò e realizzò il grandioso strumento musicale. Da uno scritto di Domenico Caiazza apprendo che la chiesa di San Rocco, dalla sua stessa fondazione è stata dotata di un organo a canne; quello di Inzoli fu costruito ed inaugurato nel 1901, poco dopo l’ennesimo restauro della Chiesa, dovuto a crolli parziali della volta, e dovrebbe essere il terzo, infatti il primo risale alla fondazione della chiesa nel tardo ‘500, il secondo sostituì il primo intorno al 1750.
Nell’ autunno del 1878, si verificò un ulteriore crollo della volta che non danneggiò l’organo a canne ivi esistente; da una nota inviata nel 1901 dall’allora Arciprete Angelone all’Inzoli apprendiamo che: “L’organo che di una certa importanza è grande: fu scampato in occasione della rovina della chiesa e dopo vari anni di abbandono vuolsi ora restaurare”. Giunto a Pietramelara, sembra evidente che recuperare quello strumento, sopravvissuto a crolli ed abbandono, non apparve possibile all’Inzoli, che si espresse per una realizzazione ex novo, riutilizzando del vecchio organo solo dodici canne in legno. L’Inzoli era un vero specialista nel campo, basti pensare che tra i circa 400 organi da lui ideati e costruiti, vanno ricordati quello della Cattedrale di Cremona, del Santuario di Loreto e quello di Pompei. L’attuale organo di San Rocco vanta ben 1087 canne sonore, ed è racchiuso in un’elegante cassa lignea (vedi foto n. 2).
La ditta Inzoli, ereditata dai suoi discendenti, si occupò anche del restauro dell’organo, all’indomani della riapertura della chiesa di San Rocco, dopo circa un triennio di chiusura per il terremoto del 1980. Tale lunga e meticolosa opera, che durò circa un anno, comportò lo smontaggio completo di ogni parte, disinfestazione delle stesse con stuccatura dei fori dovuti a i tarli, verniciatura protettiva, lavaggio e rimessa in forma delle canne in metallo, ricostruzione di alcuni registri eliminati in seguito ad interventi inappropriati, quali Tromba 8’, Oboe 8’ e Voce Umana 8’. Alcuni tasti furono sostituiti mantenendo la placcatura originale, i registri tutti vennero reincisi con le proprie diciture, infine le pelli dei mantici che immettevano aria nelle canne furono completamente sostituite.
La Chiesa madre di San Rocco ricca di opere, bellezza e storia, giace oggi chiusa da lungo tempo per indugi vari delle istituzioni coinvolte, tuttavia da tempo si è sviluppata la tradizione di concerti organistici in essa, alla cui importanza culturale, si somma il fatto che Pietramelara, paese di grandi risorse, ma alquanto defilato dal punto di vista geografico, viene proiettato in un circuito di eventi che tocca realtà urbane di importanza ben maggiore, tra cui si cita, ad esempio, Sorrento, con la partecipazione di concertisti provenienti da ogni angolo del mondo, che si esibiscono insieme all’organista ufficiale, professoressa Andreana Pilotti.
 

Bibliografia: D. Caiazza: “Il restauro dei dipinti di S. Rocco in Pietramelara”, origini e vicende di una chiesa e del suo patrimonio artistico, 1989, ed. Banca Popolare Nicolò Monforte

venerdì 8 marzo 2024

40 ANNI DI ACQUA CON IL CONTAGOCCE

 

Sembrano sopite le forti polemiche di qualche mese fa sulla pressione idrica ridotta (o nulla) al rubinetto di casa. Meno male! ... me ne sono tenuto a debita distanza, e adesso con il clima più sereno si possono fare delle considerazioni in merito. Nel luglio del 2005 scrivevo sul Corriere di Caserta: “si sa che durante questa stagione aumentano i prelievi a carico delle falde, ma gli apporti, al contrario, diminuiscono fino ad annullarsi. A Pietramelara, tuttavia, il quadro non dovrebbe mai manifestarsi a tinte tanto fosche: i pozzi realizzati negli anni ’80 dalla Protezione Civile, insieme al capiente serbatoio di Monte Maggiore, nonché la possibilità di attingere direttamente dall’Acquedotto della Campania Occidentale, dovrebbero - in teoria - scongiurare in modo assoluto uno stato di carenza di acque potabili. Ciononostante, da circa un mese siamo costretti ad assistere ad una riduzione generalizzata della pressione dell’acqua erogata dai rubinetti, con tutti gli altri inconvenienti connessi: mancanza d’acqua ai piani superiori degli edifici e malfunzionamento delle caldaie per la produzione di acqua calda. Molti lavoratori hanno, ad esempio, lamentato che al ritorno a casa, la sera, si ritrovano nell’impossibilità di una doccia!”. 
Visto?...Un problema sentito dalla popolazione che, a mia memoria, risale ai primi anni ’70:  allora la propaganda faziosa aveva fatto circolare la voce che erano le bufale di una certa azienda agricola, a privare i cittadini di un bene di necessità inderogabile come l’acqua; uno “sfioro”, assolutamente indispensabile nel punto più alto del percorso della condotta pantani/monticello, era al centro di quelle polemiche, l’acqua che fuoriusciva nei momenti di maggior pressione finiva in un abbeveratoio, altrimenti avrebbe dovuto ruscellare e perdersi.
Le bufale non pascolano più da anni in quel punto, ma il problema si è acuito…a chi addossare la responsabilità allora? Da allora ad oggi, si sono avvicendate almeno sei/sette amministrazioni diverse (in uno o più mandati), e lo scenario purtroppo non tende a modificarsi, e se prima si soffriva per ridotta pressione solo in estate, ahimè attualmente il disagio è diffuso nell’intero anno. Sommessamente ritengo che la continua espansione della rete idrica, che ha raggiunto ogni più remoto angolo del territorio comunale, in mancanza di un sensibile aumento della quantità di acqua immessa in rete, è semplice demagogia amministrativa! Come potrebbe lo stesso corpo idrico di quaranta anni or sono, alimentare una rete che nel frattempo serve un numero di utenze ed una superficie più che raddoppiati? Inoltre la rete è vetusta, essendo stata realizzata tra gli anni ’50 e ’60, e si rompe se la pressione viene aumentata, anche di poco.
Tale situazione di disagio, viene vissuta in modo particolarmente drammatico soprattutto nei quartieri più alti: il “Rione Svizzero” ed il Borgo sono, come al solito, i più penalizzati, insieme ai piani superiori dei condomini sorti nel frattempo.  Senza assolutamente addentrarci nel complesso e spinoso campo dei tecnicismi, allora il problema è  essenzialmente di natura politica. La politica politicante, che ha voluto affidare la gestione del servizio idrico a enti, come E.I.C.Idrico Terra di Lavoro S.p.A., non ci fa sperare nulla di buono neanche per il futuro prossimo!

venerdì 1 marzo 2024

UN RESTAURO E I SUOI PROTAGONISTI

 

Non si sa ancora, dopo più di un anno, se, come e quando riaprirà la nostra Chiesa di San Rocco, maggiore edificio di culto del nostro paese, descritta tempo fa tra le pagine di questo blog scribacchiato (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2018/02/la-chiesa-di-san-rocco.html); ritengo inutile ricercare le responsabilità di tale situazione, tra le istituzioni ecclesiastiche e/o tra quelle civili; oggi invece vi voglio parlare di come si affrontavano i problemi nel passato recente, a proposito della rimozione e restauro della croce sommitale della chiesa di San Rocco, appunto.
Un restauro resosi necessario per le ingiurie del tempo, quello operato alla croce nel ormai lontano 2006, ne parlai in un pezzo pubblicato su “Il Corriere di Caserta”, nel dicembre del 2006. Questo l’esordio dell’articolo: “La grande croce metallica che sovrasta la Chiesa di San Rocco ha dimensioni veramente notevoli, 3 metri di altezza per 2 di apertura, anche se –forse- guardandola dalla piazza non ci si fa troppo caso. Realizzata in ferro nei primi anni del XX secolo, ha una struttura con cellule illuminate da lampade elettriche. Nel corso di un recente sopralluogo, operato nello scorso autunno, l’ardito tecnico che si avventurò a varie decine di metri di altezza sul punto sommitale della facciata, poté notare che l’opera era in uno stato di deterioramento avanzato, che la ruggine l’aveva aggredita in vari punti e che nelle cellule che ospitano le lampade si erano insediati nidi di vespe ed altri insetti”.
foto n. 2
Don Roberto, allora parroco anche in quella Chiesa, non era il tipo che rimanda la soluzione dei problemi! ... si mise immediatamente al lavoro ed in breve tempo individuò due artigiani locali, Giulio Tabacchino e Salvatore Mormile, con la fattiva collaborazione di Antonio Corsaro (insieme in foto 2) e ci aveva visto giusto… costoro in un breve lasso di tempo furono in grado di poter riportare la grande croce, simbolo della nostra religione, al primitivo splendore: essa, infatti, fu rimossa dalla facciata con una potente gru (nella foto di copertina), inoltre fu ripulita, ed allo scopo, poi, di proteggerla nel tempo dalle intemperie, sottoposta a zincatura. A lavoro di restauro terminato fu possibile ammirare l’opera “da vicino”, adagiata sul basolato di piazza San Rocco, i numerosi fedeli o semplici curiosi, erano fortemente meravigliati di quanto grande fosse l’opera, che osservata dalla base dello scalone non sembra affatto tale.