Organizzata dal movimento Fridays For Future, la protesta 'green' Climate Action Week, era in programma dal 20 al 27 settembre 2019: oggi il giorno culmine. Sono 150 i Paesi di tutto il mondo che hanno scelto di aderire alla settimana per la lotta ai cambiamenti climatici , iniziata con la grande marcia a New York guidata della giovane attivista svedese Greta Thunberg e conclusa oggi, venerdì 27, appunto, con il terzo Sciopero Globale per il clima.
L’aspetto mediatico più evidente è il successo riscosso da questa giovane, ma cosa c’è dietro?
Com'è possibile che questa ragazza sia stata chiamata a parlare di fronte a esperti venuti da ogni parte del mondo?
Da tempo, i media svedesi stanno evidenziando vari lati poco edificanti della vicenda. In particolare, molti hanno sottolineato come dietro alla ragazza vi sia un discusso personaggio, tale Ingmar Rentzhog e, per giunta, è assurdo che si sia fatta di costei una sorta di rock-star presente a ogni consesso internazionale!
Greta a parte, e premesso quanto sopra, vi è da dire però che gli effetti di una situazione di squilibrio climatico, con un surriscaldamento planetario, sono sotto gli occhi di chiunque.
Autorevoli Enti governativi come il NOAA (U.S. National Oceanic and Atmospheric Administration) e il Goddard Institute for Space Studies (NASA), da tempo raccolgono dati relativi alla temperatura sulla superficie della Terra (oceani e terraferma), un lavoro veramente imponente: le misurazioni sono effettuate da qualcosa come 6.300 stazioni di ricerca sparse in tutto il Pianeta.
L'analisi più recente mostra senza possibilità di errore che il 2018 è stato il quarto anno più caldo mai registrato (il più caldo dal 1880 è stato il 2016), e che il mese di aprile 2019 è risultato, a livello globale, il "secondo aprile" più caldo di sempre.
Non c'è, insomma, alcun dubbio: la Terra si sta scaldando, e il ruolo delle attività umane (in sintesi: le emissioni di gas serra) nell'incremento e nell'accelerazione del fenomeno non può più essere messo in discussione ma… quali sono gli conseguenze per il futuro?
Impatto sul ciclo dell’acqua e quindi sulla disponibilità delle risorse idriche, se le attuali tendenze dovessero perdurare assisteremmo a una maggiore disponibilità di acqua nelle zone dove le risorse idriche sono già abbondanti, e ad una minore disponibilità di acqua nelle aree già affette dalla scarsità (Africa e Asia).
Deterioramento della qualità del suolo, effetto che a sua volta si ripercuoterà su sull’agricoltura. Questo impatto sull’agricoltura potrebbe portare a una ridotta disponibilità di cibo nei Paesi già a rischio denutrizione.
A causa dell’innalzamento del livello del mare molte zone costiere sono soggette a erosione delle coste, fenomeni che mettono a rischio settori economici quali la pesca, l’agricoltura e il turismo.
Aumento della frequenza di inondazioni, alluvioni, ondate di calore, uragani ecc. Questi eventi spesso causa morte e danni economici ingenti.
Gravi conseguenze per la salute umana, come ad esempio la diffusione di malattie infettive (malaria, tenia, febbre gialla, ecc.) in alcune zone, l’aumento dei decessi soprattutto tra la popolazione anziana a causa di ondate di calore o freddo estremo.
Qualcosa deve cambiare, qualche sacrificio in più va fatto, soprattutto nella parte del mondo più economicamente sviluppata, è un paradigma questo a cui, Greta o non Greta, non si sfugge!
Scribacchiando per me
venerdì 27 settembre 2019
domenica 22 settembre 2019
I PATRIARCHI
Non c’è specie coltivata più dell’ulivo che abbia stretto un legame così stretto tra l’uomo, la sua civilizzazione, e la genesi del paesaggio mediterraneo. Così, per quanto mi riguarda, nella mia ormai ultrasessantennale esperienza di uomo, agronomo e zappaterra, non c’è specie coltivata che più delle altre abbia generato in me una passione più profonda nel conoscerla, allevarla, coltivarla, raccoglierne i frutti.
Ancora si trae olio, al Sud, da ulivi, dicono, messi a dimora dai compagni di Ettore che affrontò Achille, di Enea che fondò Roma, di Paride che sedusse Elena e segnò la rovina di Troia.
Pino Aprile, grande scrittore e giornalista impegnato nel riscatto del sud, nel suo best seller “Terroni” dedica un capitolo intero, dal titolo “I Patriarchi”, all’olivo ove racconta il rapporto di convivenza tra i più antichi testimoni del meridione e i suoi abitanti. Questi testimoni sono gli alberi di ulivo che da secoli, se non millenni, accudiscono i popoli che hanno vissuto nel sud Italia. Riporto tale passaggio del libro per chiarire il legame che c’è stato tra i popoli vissuti nel meridione e queste piante speciali.
L’ulivo è pianta domestica: può vivere così a lungo, svilupparsi, dividersi, derivare, rinascere da un pollone e ricominciare, solo se, per tutto il tempo, l’uomo la cura; se pota i rami bastardi e alleggerisce la pianta; le tiene, zappando, sgombro il terreno intorno da essenze infestanti e più aggressive (molte); la libera dal legno morto. Quando ciò non avviene, l’ulivo inselvatichisce, decade e diviene sterile in pochi anni, quasi sempre soffocato dall’avanzata della quercia, che gli toglie terra e sole.
Pensate per un attimo cosa vorrebbe dire se gli esuli troiani, in fuga alla distruzione del loro mondo, si portarono appresso i codici e gli dei, per cementare il patto fra di loro e le piante di ulivo, per stringerne uno con la nuova terra. Il patto era: io ti darò olive per accompagnare il pane, olio per la cucina e la lucerna, legna per il focolare; tu mi darai acqua se piove poco, farai respirare con la zappa le mie radici, toglierai il legno sterile dalle mie spalle.
Ciò premesso, io faccio l’olivicoltore per hobby, per quel poco d’olio e per il piacere di aggirarmi fra quegli alberi che ho piantato, concimato, allevato, potato ma … cosa sarà dei miei ulivi una volta che sarò ritornato alla terra? Continueranno per secoli a produrre, anche quando di me si sarà smarrita anche la memoria, o saranno divorati dall’incuria e dalle spine? Non lo so … a tal proposito comunque, riporto una frase di mio nonno, vecchio contadino, intrisa di saggezza antica: maledetto quell’uomo che pianta solo per se e per il suo tempo, senza pensare ai propri figli e a tutte le generazioni future.
Ancora si trae olio, al Sud, da ulivi, dicono, messi a dimora dai compagni di Ettore che affrontò Achille, di Enea che fondò Roma, di Paride che sedusse Elena e segnò la rovina di Troia.
Pino Aprile, grande scrittore e giornalista impegnato nel riscatto del sud, nel suo best seller “Terroni” dedica un capitolo intero, dal titolo “I Patriarchi”, all’olivo ove racconta il rapporto di convivenza tra i più antichi testimoni del meridione e i suoi abitanti. Questi testimoni sono gli alberi di ulivo che da secoli, se non millenni, accudiscono i popoli che hanno vissuto nel sud Italia. Riporto tale passaggio del libro per chiarire il legame che c’è stato tra i popoli vissuti nel meridione e queste piante speciali.
L’ulivo è pianta domestica: può vivere così a lungo, svilupparsi, dividersi, derivare, rinascere da un pollone e ricominciare, solo se, per tutto il tempo, l’uomo la cura; se pota i rami bastardi e alleggerisce la pianta; le tiene, zappando, sgombro il terreno intorno da essenze infestanti e più aggressive (molte); la libera dal legno morto. Quando ciò non avviene, l’ulivo inselvatichisce, decade e diviene sterile in pochi anni, quasi sempre soffocato dall’avanzata della quercia, che gli toglie terra e sole.
Pensate per un attimo cosa vorrebbe dire se gli esuli troiani, in fuga alla distruzione del loro mondo, si portarono appresso i codici e gli dei, per cementare il patto fra di loro e le piante di ulivo, per stringerne uno con la nuova terra. Il patto era: io ti darò olive per accompagnare il pane, olio per la cucina e la lucerna, legna per il focolare; tu mi darai acqua se piove poco, farai respirare con la zappa le mie radici, toglierai il legno sterile dalle mie spalle.
Ciò premesso, io faccio l’olivicoltore per hobby, per quel poco d’olio e per il piacere di aggirarmi fra quegli alberi che ho piantato, concimato, allevato, potato ma … cosa sarà dei miei ulivi una volta che sarò ritornato alla terra? Continueranno per secoli a produrre, anche quando di me si sarà smarrita anche la memoria, o saranno divorati dall’incuria e dalle spine? Non lo so … a tal proposito comunque, riporto una frase di mio nonno, vecchio contadino, intrisa di saggezza antica: maledetto quell’uomo che pianta solo per se e per il suo tempo, senza pensare ai propri figli e a tutte le generazioni future.
martedì 17 settembre 2019
SESSANTA
Cosa mi rimane dei miei sessant’anni vissuti in un attimo? Per rispondere diciamo che io, blogger scribacchiante, non voglio tediare i miei quattro lettori con un diario ne con un bilancio… soddisfazioni e batoste (che non sono mancate) mi hanno fatto crescere, tenere i piedi saldamente a terra, e rendermi sempre conto, nel bene e nel male, di quello che sono.
Mi piace ricordare di più le cose belle, anche se ad esse è legata la tristezza per volti carissimi che non vedrò più. I miei genitori che mi hanno dato tanto in affetto, valori positivi e risorse materiali per quanto hanno potuto. I miei amici che hanno rallegrato l’infanzia, l’adolescenza e la gioventù; è bello ancor oggi trascorrere delle ore insieme a ricordare e sorridere, magari raggiungere a sessant’anni suonati una delle cime del Monte Maggiore e godere di una vista mozzafiato su un territorio ancora non minato dalle negatività prodotte dagli avidi; pensare adesso a coloro che hanno condiviso con me un pezzo di strada e oggi riposano mi induce ancora una volta, nella mestizia, a ringraziare per il mio stato di salute ancora buono.
La mia Pietramelara, che per quanto cambiata (non in meglio) è sempre un porto in cui sentirsi al sicuro dalle tempeste: ho lottato per essa, avrei voluto offrirle un contributo maggiore ma, tant’è… ch’amm’ a fa!
Il mio lavoro a cui dedico la parte principale della giornata: non è stato semplice ne poco impegnativo ritagliarsi un ruolo, ma posso dire che la stima che avverto è tangibile, e che si prova non poca soddisfazione nel vedere che le iniziative poste in essere frequentemente si traducono in tangibili realtà. I miei hobby: l’orto, l’oliveto, la piccola casa in campagna, fatica non sempre coronata da frutti, ma sicuramente un modo sano e salutare per riconciliarsi con la natura nell'esiguo tempo libero a disposizione, tra l’altro mi danno la possibilità di mettere in pratica ciò che ho studiato; è bello confrontare le proprie esperienze con coloro che condividono questa passione.
E veniamo a loro, alla mia famiglia, stare insieme a loro tre, magari la sera, ti fa sentire appagato di tutto ciò che hai profuso in energie durante la giornata. Considero le mie figlie il dono più bello ed importante che la vita mi ha concesso, e desidero per loro due il futuro a cui ambiscono, e che le ripaghi dei sacrifici che fanno, giorno per giorno.
E’ questo il modo di ringraziarvi, carissimi, per i tantissimi auguri che in questo momento mi raggiungono con ogni mezzo: il piacere di riceverli mi emoziona non poco, anche perché a volte giungono espressioni augurali da parte di persone che sono state oggettivamente trascurate.
Mi piace ricordare di più le cose belle, anche se ad esse è legata la tristezza per volti carissimi che non vedrò più. I miei genitori che mi hanno dato tanto in affetto, valori positivi e risorse materiali per quanto hanno potuto. I miei amici che hanno rallegrato l’infanzia, l’adolescenza e la gioventù; è bello ancor oggi trascorrere delle ore insieme a ricordare e sorridere, magari raggiungere a sessant’anni suonati una delle cime del Monte Maggiore e godere di una vista mozzafiato su un territorio ancora non minato dalle negatività prodotte dagli avidi; pensare adesso a coloro che hanno condiviso con me un pezzo di strada e oggi riposano mi induce ancora una volta, nella mestizia, a ringraziare per il mio stato di salute ancora buono.
La mia Pietramelara, che per quanto cambiata (non in meglio) è sempre un porto in cui sentirsi al sicuro dalle tempeste: ho lottato per essa, avrei voluto offrirle un contributo maggiore ma, tant’è… ch’amm’ a fa!
Il mio lavoro a cui dedico la parte principale della giornata: non è stato semplice ne poco impegnativo ritagliarsi un ruolo, ma posso dire che la stima che avverto è tangibile, e che si prova non poca soddisfazione nel vedere che le iniziative poste in essere frequentemente si traducono in tangibili realtà. I miei hobby: l’orto, l’oliveto, la piccola casa in campagna, fatica non sempre coronata da frutti, ma sicuramente un modo sano e salutare per riconciliarsi con la natura nell'esiguo tempo libero a disposizione, tra l’altro mi danno la possibilità di mettere in pratica ciò che ho studiato; è bello confrontare le proprie esperienze con coloro che condividono questa passione.
E veniamo a loro, alla mia famiglia, stare insieme a loro tre, magari la sera, ti fa sentire appagato di tutto ciò che hai profuso in energie durante la giornata. Considero le mie figlie il dono più bello ed importante che la vita mi ha concesso, e desidero per loro due il futuro a cui ambiscono, e che le ripaghi dei sacrifici che fanno, giorno per giorno.
E’ questo il modo di ringraziarvi, carissimi, per i tantissimi auguri che in questo momento mi raggiungono con ogni mezzo: il piacere di riceverli mi emoziona non poco, anche perché a volte giungono espressioni augurali da parte di persone che sono state oggettivamente trascurate.
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