Non ho conosciuto Domenico, il giovane che ci ha appena lasciato, pertanto non possiedo particolari ricordi che mi leghino alla sua persona: chissà, sarà stata la forte differenza di età, gli interessi distanti, il fatto che trascorro gran parte della giornata fuori paese!
La vicenda, comunque è sempre la stessa, quando se ne va un giovane, uno che per le leggi della natura e della statistica avrebbe dovuto, ancora per molti anni, continuare a calpestare il suolo di questo strano pianeta: un paese sgomento che si chiede perché, gli amici che ne ricordano il garbo, la sua innata creatività e le altre doti, la famiglia affranta nel dolore.
Mi sembra giusta la decisione della Pro Loco di sospendere l’evento “Monte Maggiore Festival”, ormai imminente e per il quale erano già state impiegate risorse: non poteva che essere così, lo spirito solidale dei giovani pietramelaresi ancora una volta ha dimostrato la sua forza e la sua presenza.
Mi chiedo poi (e non so darmi una risposta definitiva), se è un vantaggio essere “di paese” anche in tale frangente; anche perché in una realtà urbana e sociale più grande di Pietramelara anche la morte passa inosservata o quasi. Si, la cosa avrebbe potuto produrre rumore, sicuramente sarebbe uscito qualche trafiletto sulla stampa locale, ma poi tutto in breve tempo sarebbe tornato nella più terribile delle normalità, lasciando una mamma e dei fratelli nel dolore e nello sgomento. Da noi no! E’ il paese ad essere addolorato, anche chi non ci vive più da decenni: Maria, che vive in Inghilterra, ad esempio, raccomandava ieri su fb agli amici di Domenico di fare visita alla mamma Paolina, di cui era stata amica di infanzia. Dimostrazione questa di una sensibilità derivante da valori che ci sono stati comunicati e che ci hanno reso qualcosa di diverso da “persone che vivono nello stesso luogo”, qualcosa che ci rende comunità; è evidente che per Maria vivere 40 anni tra gente anglosassone, non ha cambiato nulla in lei, che resterà pietramelarese per sempre.
Domenico è stato la tessera di un mosaico, altre ne saranno aggiunte, ma comunque al suo posto resterà il buco di una tessera mancante, che indurrà l’osservatore a chiedersi: “perché?”.
Scribacchiando per me
sabato 28 aprile 2018
venerdì 20 aprile 2018
UN RUOLO DIFFICILE
Sono figlio di insegnanti e può darsi che il mio punto di vista possa essere in qualche modo mediato dalla memoria dei miei genitori, ma quello che sta succedendo oggi nella scuola va ben oltre ogni limite di decenza!
Ricordo e ci sorrido (amaramente) su quanto possa essere cambiato il mondo: un tempo molti genitori, che sulla scorta della fama di educatore severo di mio padre, venivano anche a casa per chiedere come un favore di prendere con se figli particolarmente discoli e pertanto bisognosi di rigore in aula, oggi il contrario: padri che aggrediscono docenti anche per un semplice rimprovero verbale , come nell'immagine di copertina. Studenti che aggrediscono quotidianamente i professori ormai riempiono le cronache: insulti, umiliazioni, violenza fisica non sono purtroppo rari.
Non c’è d’altronde da meravigliarsi: gli episodi che le cronache riportano con tanto clamore, non sono che l’ennesima conferma a quanto vado dicendo da tempo: la perdita della funzione esercitata dai “ruoli”, all’interno della società. Ogni ruolo ha dignità e merita rispetto ma, per chiunque, evolversi da un ruolo ad uno migliore, la norma richiede impegno, studio e sacrificio: sono costi questi che però pochi vogliono sostenere e, nell’illusione di evitarli, ognuno è giunto all’assurda conclusione di poter fare ogni cosa, impresa, funzione. Gli effetti dirompenti di tale perdita sono evidenti un poco dappertutto: in politica, ad esempio, hanno di fatto dato spazio ad una classe dirigente incapace ed autoreferenziale, responsabile di un Paese dal futuro incerto e privo di considerazione internazionale.
“Il ruolo sociale degli insegnanti italiani” viene evocato da ogni ministro dell'Istruzione all'insediamento nella stanza nobile di viale di Trastevere, ma quel "ruolo sociale" calpestato, oggi, è una semplice questione di sicurezza e di onore da difendere, nei rari casi in cui il professore non abbassa la testa. Un ruolo difficile ed impegnativo: non c'è settimana che la cronaca non racconti una storia così. Episodi violenti crescenti in classe, in palestra, al portone. Ragazzini che picchiano in branco vecchi insegnanti, genitori che assalgono professori perché stavano educando i loro figli al vivere in comunità. A Reggio Calabria, in una classe superiore è arrivata la polizia a sedare la rissa tra ragazzine, la prof di turno non c'era riuscita: aveva rimediato uno schiaffone ed era finita al pronto soccorso. Ma non c’è affatto bisogno di andare tanto lontano: nello scorso febbraio, un ragazzo di 17 anni, studente all’istituto superiore Ettore Majorana di Santa Maria a Vico, a pochi chilometri da noi, si è presentato a scuola con un coltello e si è scagliato contro la docente di lettere Franca Di Blasio, di 54 anni, colpendola al volto davanti ai compagni, mentre erano in corso le lezioni, per futili motivi dovuti a presunte offese da parte della stessa: pare che la donna, visti gli scarsi risultati a scuola, volesse interrogarlo per fargli recuperare una insufficienza.
Il recupero dei ruoli parte dalla famiglia: attenzione, se non comunichiamo la loro importanza e funzione insostituibile, ci assumeremo la responsabilità di mandare i nostri figli presuntuosi, ma di fatto indifesi, a misurarsi con una società sempre più competitiva, che non perdona errori a nessuno.
Ricordo e ci sorrido (amaramente) su quanto possa essere cambiato il mondo: un tempo molti genitori, che sulla scorta della fama di educatore severo di mio padre, venivano anche a casa per chiedere come un favore di prendere con se figli particolarmente discoli e pertanto bisognosi di rigore in aula, oggi il contrario: padri che aggrediscono docenti anche per un semplice rimprovero verbale , come nell'immagine di copertina. Studenti che aggrediscono quotidianamente i professori ormai riempiono le cronache: insulti, umiliazioni, violenza fisica non sono purtroppo rari.
Non c’è d’altronde da meravigliarsi: gli episodi che le cronache riportano con tanto clamore, non sono che l’ennesima conferma a quanto vado dicendo da tempo: la perdita della funzione esercitata dai “ruoli”, all’interno della società. Ogni ruolo ha dignità e merita rispetto ma, per chiunque, evolversi da un ruolo ad uno migliore, la norma richiede impegno, studio e sacrificio: sono costi questi che però pochi vogliono sostenere e, nell’illusione di evitarli, ognuno è giunto all’assurda conclusione di poter fare ogni cosa, impresa, funzione. Gli effetti dirompenti di tale perdita sono evidenti un poco dappertutto: in politica, ad esempio, hanno di fatto dato spazio ad una classe dirigente incapace ed autoreferenziale, responsabile di un Paese dal futuro incerto e privo di considerazione internazionale.
“Il ruolo sociale degli insegnanti italiani” viene evocato da ogni ministro dell'Istruzione all'insediamento nella stanza nobile di viale di Trastevere, ma quel "ruolo sociale" calpestato, oggi, è una semplice questione di sicurezza e di onore da difendere, nei rari casi in cui il professore non abbassa la testa. Un ruolo difficile ed impegnativo: non c'è settimana che la cronaca non racconti una storia così. Episodi violenti crescenti in classe, in palestra, al portone. Ragazzini che picchiano in branco vecchi insegnanti, genitori che assalgono professori perché stavano educando i loro figli al vivere in comunità. A Reggio Calabria, in una classe superiore è arrivata la polizia a sedare la rissa tra ragazzine, la prof di turno non c'era riuscita: aveva rimediato uno schiaffone ed era finita al pronto soccorso. Ma non c’è affatto bisogno di andare tanto lontano: nello scorso febbraio, un ragazzo di 17 anni, studente all’istituto superiore Ettore Majorana di Santa Maria a Vico, a pochi chilometri da noi, si è presentato a scuola con un coltello e si è scagliato contro la docente di lettere Franca Di Blasio, di 54 anni, colpendola al volto davanti ai compagni, mentre erano in corso le lezioni, per futili motivi dovuti a presunte offese da parte della stessa: pare che la donna, visti gli scarsi risultati a scuola, volesse interrogarlo per fargli recuperare una insufficienza.
Il recupero dei ruoli parte dalla famiglia: attenzione, se non comunichiamo la loro importanza e funzione insostituibile, ci assumeremo la responsabilità di mandare i nostri figli presuntuosi, ma di fatto indifesi, a misurarsi con una società sempre più competitiva, che non perdona errori a nessuno.
venerdì 13 aprile 2018
CUCCU'
Oggi la pubblicità anima tutti i mass media disponibili: dalla TV ai social network, dalla radio agli sms sui nostri telefonini ma, fino a qualche decennio fa come funzionava? Negli anni sessanta e settanta, la televisione era già entrata in forze in un gran numero di case e famiglie del “bel paese”, che stava vivendo un momento di particolare prosperità economica; era il tempo di “Carosello”: 10 minuti di brevi scenette pubblicitarie appena dopo il telegiornale della sera. Si trattava senz’altro di un segno di grande modernità, tuttavia nei nostri borghi la vita ed il progresso procedevano a ritmo sensibilmente più lento, e il compito di veicolare messaggi ed annunci veniva affidato anche ed ancora a mezzi che oggi potrebbero far sorridere.
Vi era una figura, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, che rispondeva proprio all’esigenza di comunicare notizie, annunci, opportunità offerte alla popolazione: si trattava del banditore, un uomo maturo, dalla voce chiara e forte, che girava per le vie del paese e, dietro compenso, ci diceva che quel giorno sarebbe mancata l’acqua, che in una determinata masseria si vendeva carne “ a basso macello” (con prezzi sensibilmente inferiori a quelli ordinari di mercato), che da Pepp’nella la pescivendola quella mattina, gli alici erano particolarmente freschi e a buon prezzo, che presso tale casa era esposta una “frasca” (insegna per una mescita di vino estemporanea) ...e così via. A fine estate del ’73, in occasione dell’ultima epidemia di colera, il nostro ebbe particolarmente da fare, perché il comune e le autorità sanitarie lo incaricarono di diffondere e ripetere tra la popolazione le più elementari norme igieniche, in modo da prevenire il contagio.
Si chiamava Luigi e veniva da Riardo, forse a causa di questo suo mestiere la feroce ironia della nostra gente gli affibbiò un curioso nomignolo: Cuccù. Non usava la classica trombetta per farsi ascoltare, ma faceva precedere ogni bando con un forte “Attenzione”, seguito dal testo. Un brav’uomo, che cercava di sbarcare il lunario grazie a un mestiere destinato a scomparire di li a poco: forse lui stesso ne era consapevole. Gli ultimi “bandi”, credo che fossero stati gridati per strada all’inizio degli anni ottanta, una pubblicità rurale che vale la pena di ricordare con nostalgia.
Come al solito vi era poi chi con il suo comportamento singolare coloriva il paese, anche in relazione all’argomento di cui scribacchio: si racconta che un tale zì ‘Ntonio, notorio buontempone, un giorno rincasava dal lavoro a ora di pranzo, giunto che fu a casa, evidentemente affamato, chiamò la moglie, ma costei non rispondeva, perché era uscita per commissioni; la delusione si accrebbe quando entrato notò che la tavola non era stata ancora imbandita, allora senza stare li a pensarci più di tanto cercò il banditore e, trovatolo, gli chiese di bandire che “zi ‘Ntonio ha persa a muglière, pe chi ‘a trova, na bella mazzetta”, in sostanza una mancia competente per colui che avesse ritrovato e riaccompagnato a casa la consorte smarrita. La cosa fece scalpore e suscitò l’ira della donna, che si sentì ferocemente derisa, insieme a diffusa ilarità: si sa che la mia gente, un tempo, era serena e quello che era successo bastava ed avanzava, per una sonora risata.
Vi era una figura, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, che rispondeva proprio all’esigenza di comunicare notizie, annunci, opportunità offerte alla popolazione: si trattava del banditore, un uomo maturo, dalla voce chiara e forte, che girava per le vie del paese e, dietro compenso, ci diceva che quel giorno sarebbe mancata l’acqua, che in una determinata masseria si vendeva carne “ a basso macello” (con prezzi sensibilmente inferiori a quelli ordinari di mercato), che da Pepp’nella la pescivendola quella mattina, gli alici erano particolarmente freschi e a buon prezzo, che presso tale casa era esposta una “frasca” (insegna per una mescita di vino estemporanea) ...e così via. A fine estate del ’73, in occasione dell’ultima epidemia di colera, il nostro ebbe particolarmente da fare, perché il comune e le autorità sanitarie lo incaricarono di diffondere e ripetere tra la popolazione le più elementari norme igieniche, in modo da prevenire il contagio.
Si chiamava Luigi e veniva da Riardo, forse a causa di questo suo mestiere la feroce ironia della nostra gente gli affibbiò un curioso nomignolo: Cuccù. Non usava la classica trombetta per farsi ascoltare, ma faceva precedere ogni bando con un forte “Attenzione”, seguito dal testo. Un brav’uomo, che cercava di sbarcare il lunario grazie a un mestiere destinato a scomparire di li a poco: forse lui stesso ne era consapevole. Gli ultimi “bandi”, credo che fossero stati gridati per strada all’inizio degli anni ottanta, una pubblicità rurale che vale la pena di ricordare con nostalgia.
Come al solito vi era poi chi con il suo comportamento singolare coloriva il paese, anche in relazione all’argomento di cui scribacchio: si racconta che un tale zì ‘Ntonio, notorio buontempone, un giorno rincasava dal lavoro a ora di pranzo, giunto che fu a casa, evidentemente affamato, chiamò la moglie, ma costei non rispondeva, perché era uscita per commissioni; la delusione si accrebbe quando entrato notò che la tavola non era stata ancora imbandita, allora senza stare li a pensarci più di tanto cercò il banditore e, trovatolo, gli chiese di bandire che “zi ‘Ntonio ha persa a muglière, pe chi ‘a trova, na bella mazzetta”, in sostanza una mancia competente per colui che avesse ritrovato e riaccompagnato a casa la consorte smarrita. La cosa fece scalpore e suscitò l’ira della donna, che si sentì ferocemente derisa, insieme a diffusa ilarità: si sa che la mia gente, un tempo, era serena e quello che era successo bastava ed avanzava, per una sonora risata.
venerdì 6 aprile 2018
GIALLI E DELITTI PREUNITARI
Siamo comunemente portati a pensare che nei secoli scorsi la vita nel nostro borgo natio fosse scandita esclusivamente da un continuo andirivieni di contadini dal paese alla campagna e viceversa, dal risuonare di botteghe artigiane, da servitori intenti ad occuparsi di signori e delle loro ricche dimore ma… non è proprio così! Dai registri parrocchiali emerge anche una sotterranea e delittuosa Pietramelara sette/ottocentesca, con fatti e misfatti che oggi avrebbero avuto a buon diritto accesso alle pagine di cronaca nera.
Eccovene qualche esempio più significativo.
Santagata Giuseppe di 24 anni, morì il 30/12/1781, in località in via ubi dicitur a castiello , il sacerdote annota: repentina morte propter ictus gladii in gutture receptus (morte improvvisa per un colpo di spada sferrato alla gola). Il progresso intanto va avanti, la polvere e le armi da sparo sono giunte anche dalle nostre parti, e il 18/02/1789 perisce in seguito a ferite mortali Mancino Giulio di 44 anni, in località sotto l'orologio, il sacerdote annota: ictu schopi percussus die trigesima mensis Januarii prope janua ubi dicitur alla Porta dell'Oliva (ferito il 30 gennaio nei pressi della Porta dell’Oliva da un colpo di arma da fuoco).
Un certo Riccio Nicola dell’età di anni 36 , proveniente dalla Calabria ultra (attuali provincie di Reggio e Catanzaro) trovò la morte il 01/05/1796, al Borgo di San Leonardo , il sacerdote annota “ ictu Jati vulgo detto ronga verberatus a latronibus” (per un colpo di roncola sferrato da briganti).
Il doppio nome di De Angelis alias Broccoli Andrea, di età imprecisata , da Riardo, ci induce a pensar male, fu ucciso (per un regolamento di conti?) il 04/04/1799 in località “alli mancini o sia alla cerquella alla massaria dello sipone” , il sacerdote annota “post peritiam judicis delatum” (portato via dopo l’ispezione giudiziaria).
Ed ancora: un tale Lanza Geronimo, età 30 anni “littore del Principe di Roccaromana” , da Marigliano fu assassinato in località all'Acqua sant'Angelo il 11/07/1803; una guardia del corpo, un bodyguard si direbbe oggi, del famoso Lucio Caracciolo (1771-1833), probabilmente perito nell’assolvimento del dovere; si sa infatti che la famiglia Caracciolo aveva vasti possedimenti all’Acqua Sant’Angelo, e probabilmente il delitto avvenne nel corso della visita del famoso personaggio storico a uno di questi, forse (ipotizzo) generato da una controversia particolarmente accesa, con un amministratore o un colono.
Tuttavia il protagonista dell’episodio più sconcertante (tra l’altro segnalatomi dallo stesso Don Roberto), quello che maggiormente desta curiosità ed eccita la fantasia, è un frate alcantarino, ramo della famiglia francescana allora presente nel convento di S. Pasquale. Il suo nome secolare è ignoto, quello da monaco frate Andrea della Santa Visitazione, di anni 45, rimase colpito il 25/09/1796 ai pantani “ictu schopeti” (da un colpo di fucile); un agguato, una rapina, la punizione per aver importunato più del dovuto una fanciulla? … non lo sapremo mai (in foto di copertina la pagina del registro)
Come si spiegano tanti delitti in comunità da sempre dedite al lavoro e notoriamente tranquille? Direi per un insieme di cause e di fattori: la diffusa miseria, in primo luogo, madre di una lotta di classe strisciante ma attiva ancor prima che venissero formulate le teorie marxiste (1867), e che dopo l’unità d’Italia diede vita al brigantaggio come fenomeno socio politico. Va considerata poi una presenza dello stato ancora troppo poco avvertibile, senza risorse e mezzi in un territorio peraltro difficile per morfologia, dotato di rifugi, macchie ed anfratti: la diffusione capillare dei Carabinieri, dopo la riunificazione, è stata dettata proprio da quest’ultima esigenza.
Eccovene qualche esempio più significativo.
Santagata Giuseppe di 24 anni, morì il 30/12/1781, in località in via ubi dicitur a castiello , il sacerdote annota: repentina morte propter ictus gladii in gutture receptus (morte improvvisa per un colpo di spada sferrato alla gola). Il progresso intanto va avanti, la polvere e le armi da sparo sono giunte anche dalle nostre parti, e il 18/02/1789 perisce in seguito a ferite mortali Mancino Giulio di 44 anni, in località sotto l'orologio, il sacerdote annota: ictu schopi percussus die trigesima mensis Januarii prope janua ubi dicitur alla Porta dell'Oliva (ferito il 30 gennaio nei pressi della Porta dell’Oliva da un colpo di arma da fuoco).
Un certo Riccio Nicola dell’età di anni 36 , proveniente dalla Calabria ultra (attuali provincie di Reggio e Catanzaro) trovò la morte il 01/05/1796, al Borgo di San Leonardo , il sacerdote annota “ ictu Jati vulgo detto ronga verberatus a latronibus” (per un colpo di roncola sferrato da briganti).
Il doppio nome di De Angelis alias Broccoli Andrea, di età imprecisata , da Riardo, ci induce a pensar male, fu ucciso (per un regolamento di conti?) il 04/04/1799 in località “alli mancini o sia alla cerquella alla massaria dello sipone” , il sacerdote annota “post peritiam judicis delatum” (portato via dopo l’ispezione giudiziaria).
Ed ancora: un tale Lanza Geronimo, età 30 anni “littore del Principe di Roccaromana” , da Marigliano fu assassinato in località all'Acqua sant'Angelo il 11/07/1803; una guardia del corpo, un bodyguard si direbbe oggi, del famoso Lucio Caracciolo (1771-1833), probabilmente perito nell’assolvimento del dovere; si sa infatti che la famiglia Caracciolo aveva vasti possedimenti all’Acqua Sant’Angelo, e probabilmente il delitto avvenne nel corso della visita del famoso personaggio storico a uno di questi, forse (ipotizzo) generato da una controversia particolarmente accesa, con un amministratore o un colono.
Tuttavia il protagonista dell’episodio più sconcertante (tra l’altro segnalatomi dallo stesso Don Roberto), quello che maggiormente desta curiosità ed eccita la fantasia, è un frate alcantarino, ramo della famiglia francescana allora presente nel convento di S. Pasquale. Il suo nome secolare è ignoto, quello da monaco frate Andrea della Santa Visitazione, di anni 45, rimase colpito il 25/09/1796 ai pantani “ictu schopeti” (da un colpo di fucile); un agguato, una rapina, la punizione per aver importunato più del dovuto una fanciulla? … non lo sapremo mai (in foto di copertina la pagina del registro)
Come si spiegano tanti delitti in comunità da sempre dedite al lavoro e notoriamente tranquille? Direi per un insieme di cause e di fattori: la diffusa miseria, in primo luogo, madre di una lotta di classe strisciante ma attiva ancor prima che venissero formulate le teorie marxiste (1867), e che dopo l’unità d’Italia diede vita al brigantaggio come fenomeno socio politico. Va considerata poi una presenza dello stato ancora troppo poco avvertibile, senza risorse e mezzi in un territorio peraltro difficile per morfologia, dotato di rifugi, macchie ed anfratti: la diffusione capillare dei Carabinieri, dopo la riunificazione, è stata dettata proprio da quest’ultima esigenza.
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