Smorzati anche gli ultimi echi della campagna elettorale, le elezioni sono passate già da più di un mese e mezzo, è possibile un’analisi della situazione generale del nostro piccolo paese? Certo! … e di sicuro ne guadagnerà la serenità dell’analisi, anche perché più nessuno è alla ricerca di voti.
La complessità del quadro è elevata, pertanto non si può fare a meno di scegliere, fra i tanti, due o tre indicatori, giudicati più importanti, su cui fondare l’esame della situazione: lo stato dell’ambiente, l’economia locale e la coesione sociale.
Pietramelara non è immune problemi ambientali: scarso controllo del territorio, diffusa mancanza di senso civico, disattenzione delle istituzioni hanno “cancrenizzato” i problemi dell’abusivismo più o meno legalizzato, dell’inquinamento delle falde superficiali e sotterranee, della raccolta dei rifiuti, differenziata solo sulla carta. Le responsabilità sono talmente evidenti che il gioco della ricerca del colpevole appare quasi infantile! I frutti di tale stato di degrado si concretizzano in imbruttimento di un paesaggio caratterizzato da singolare armonia, aumento a dismisura delle patologie tumorali, ed il disagio della cittadinanza che vede il proprio impegno a differenziare, più e più volte deluso da raccolte “omnibus” per ogni tipo di rifiuto urbano.
L’economia versa in uno stato di prostrazione profondo, accentuato da una crisi planetaria e generalizzata. La moria di attività economiche è giornaliera e, soprattutto nel centro storico, ha prodotto l’aspetto urbano di una città fantasma: quasi tutte le saracinesche sono costantemente abbassate e le poche attività che sopravvivono lo fanno a costo di enormi sacrifici o per mancanza di alternative occupazionali. Il carico fiscale è opprimente; si avverte, inoltre, la mancanza del cosiddetto “marketing territoriale”, che eserciti funzione di richiamo nei confronti di eventuali turisti. E’ vero: ogni tanto si celebra qualche cerimonia a carattere sovracomunale, che qualcuno si ostina ancora a chiamare “Grandi Eventi”, ma, passata la giornata, tutto torna a tacere come sempre.
La coesione sociale, terzo ma non ultimo indicatore da esaminare, è anch’essa ai minimi storici. In una comunità caratterizzata da senso dell’ospitalità e proverbialmente incline alle relazioni umane e familiari, ci si richiude sempre più in se stessi. La piazza ha da tempo perso la funzione secolare di “agorà”: chi vi si reca allo scopo di scambiare quattro chiacchiere, memore di tradizioni vissute sin da ragazzo, è destinato a rimanere deluso il più delle volte. Anche le iniziative destinate alla gioventù, per quanto meritorie, non riescono a conseguire che benefici momentanei.
E’ questo il frutto, il portato dell’azione delle ultime tre/quattro amministrazioni comunali, che hanno concentrato il proprio operato quasi esclusivamente sulle opere pubbliche, ignorando il fabbisogno di servizi che la popolazione rivendica a volte a gran voce.
Scusate, miei cari “quattro lettori”, lo sfogo di chi si definisce dichiaratamente ed onestamente “di parte”, ma non credo, tuttavia, che bisogni essere “di parte” per notare quanti e quali problemi affliggano la nostra comunità, alla quale comunque mi onoro di appartenere.
Un appello, infine, a chi a visto rinnovarsi, da parte dell’elettorato, il mandato ad amministrare: siete ancora in tempo… correggete il tiro!
Scribacchiando per me
martedì 26 giugno 2012
sabato 16 giugno 2012
RIFLESSIONE SEMISERIA II
Mi ha fatto visita stamattina un amico diverso dai soliti! Ero intento nei lavori di campagna che, di consueto, riservo per il sabato. Solo, come si può essere soli in una delle nostre terre: i rumori che ti giungono da lontano sono prodotti dai motori dei trattori, dalle bestie al pascolo, da rabbiose imprecazioni attutite dalla distanza, e che percepisci come tali solo per il tono.
Immerso nei miei pensieri, la mia attenzione è stata destata all’improvviso da uno sfrascare tra i viluppi di una siepe a qualche metro: temendo un serpente mi avvicino guardingo, ma mi si para davanti un fagiano maschio per nulla intimorito di me: “salve, amico mio” mi saluta quasi con aria di sfida, ma l’empatia che si stabilisce è immediata. “Salve” rispondo.
E lui: “Sono stato portato qui circa un mese fa, a bordo di un furgone, racchiuso in una gabbia di legno, sono nato e sono stato allevato in un centro di riproduzione selvaggina, a pochi chilometri, conosco bene il genere umano perciò mi sono avvicinato a te senza alcun timore. Appena liberato ho cominciato a svolazzare qua e la... ma sai che questo è proprio un bel posto? Dove stavo prima, gli uomini mi portavano da mangiare e da bere. Avevo una compagna della mia stessa specie, è stata scaricata insieme a me da un’altra gabbia, siamo rimasti insieme uno o due settimane, ma l’altro ieri qualcuno me l’ha portata via”.
“Ecco…” ho replicato “vedi, carissimo, al genere umano a cui tu sei tanto affezionato e grato per averti allevato e sfamato, appartiene probabilmente anche chi ti ha privato della compagna, adesso ti aggiri solo tra gli ulivi, ma stai attento, diffida dagli uomini perché potrebbero avere intenzioni poco rassicuranti anche nei tuoi confronti”.
“Suvvia” ha ripreso “per quanto non sappia, per mia natura, volare molto alto, conosco bene le opere dell’uomo…prendi ad esempio questa campagna che ci circonda: fossi, alberature, siepi, vigne, masserie, e tante altre cose belle e buone prodotte dalla mente e dalle braccia umane. Sono sicuro che chi, nel corso di secoli, è stato capace di realizzare tanto non può essere cattivo per sua natura”.
Questo dialogo che ormai aveva preso corpo tra me, che mi spostavo fra i filari di ulivo, e lui che mi seguiva come un fido cagnolino, si è concluso quando gli ho fatto notare: “Aver perso la compagna di una vita avrebbe trascinato nella disperazione, almeno per qualche giorno, un appartenente al genere umano, mentre tu mi hai raccontato la cosa come la più normale. Questa la differenza fra animali ed uomini, salvo poi tornare, appena il dolore è lenito, a compiere azioni che neppure il più feroce dei lupi o la più scaltra fra le volpi saprebbe ideare”.
Un battito di ali vigoroso, vero spettacolo della natura, il suo saluto di commiato, ed in pochi secondi era già lontano centinaia di metri da me.
venerdì 1 giugno 2012
Ha uno strano alone stasera la Luna!
Ha uno strano alone stasera la Luna! La luce che emana è una luce malinconica; malinconica quanto la stagione che stiamo attraversando, costellata quasi ogni giorno da pioggerelline londinesi.
In campagna è tutto un lussureggiare di erbe, ma i frutti, quelli, non si vedono. Neppure l’odore del fieno, così frequente e diffuso di questi tempi, si fa avvertire. Per forza!... Con tutta questa pioggia nessuno sfalcia.
Ed è la pioggia la vera protagonista di questa fine primavera, a volte insieme ad un freddo umidissimo che penetra fin nelle ossa.
Se di una cosa possiamo esser certi, è il fatto di non andare incontro ad una siccità estiva prolungata: di pioggia ne è caduta tanta che ormai i bacini e le falde sono stati rimpinguati a dovere.
…Ma l’estate dov’è?
Fa pensare ad una di quelle primedonne che prima di esordire sul palcoscenico, si fanno attendere dai propri beniamini con ritardi voluti e ben congegnati. Sappiamo che essa è appena dietro l’angolo, quasi nascosta dietro ad un drappo del sipario, ma orgoglio ed amor proprio sono più forti della voglia di inondare di se la scena.
Quando l’estate verrà la luce sarà forte ed il caldo opprimente, soffriremo non poco per essa, ma ugualmente la desideriamo con trasporto, stanchi come siamo di questo sprazzo di novembre a fine primavera. Un novembre fuori stagione che, di mattina presto, non manca di manifestarsi in una delle sue vesti più tipiche: la nebbia.
Abbiamo voglia di spiaggia, di mare, di gelati e granite, di anguria, di donne generose vestite in modo succinto, di serata trascorse in piazza fino a tardi, sui tavolini del bar a discutere di mille cose; abbiamo voglia di stancarci del caldo e desiderare una pioggia d’agosto, di quelle che appena finite ritemprano la temperatura, ma anche lo spirito.
In campagna è tutto un lussureggiare di erbe, ma i frutti, quelli, non si vedono. Neppure l’odore del fieno, così frequente e diffuso di questi tempi, si fa avvertire. Per forza!... Con tutta questa pioggia nessuno sfalcia.
Ed è la pioggia la vera protagonista di questa fine primavera, a volte insieme ad un freddo umidissimo che penetra fin nelle ossa.
Se di una cosa possiamo esser certi, è il fatto di non andare incontro ad una siccità estiva prolungata: di pioggia ne è caduta tanta che ormai i bacini e le falde sono stati rimpinguati a dovere.
…Ma l’estate dov’è?
Fa pensare ad una di quelle primedonne che prima di esordire sul palcoscenico, si fanno attendere dai propri beniamini con ritardi voluti e ben congegnati. Sappiamo che essa è appena dietro l’angolo, quasi nascosta dietro ad un drappo del sipario, ma orgoglio ed amor proprio sono più forti della voglia di inondare di se la scena.
Quando l’estate verrà la luce sarà forte ed il caldo opprimente, soffriremo non poco per essa, ma ugualmente la desideriamo con trasporto, stanchi come siamo di questo sprazzo di novembre a fine primavera. Un novembre fuori stagione che, di mattina presto, non manca di manifestarsi in una delle sue vesti più tipiche: la nebbia.
Abbiamo voglia di spiaggia, di mare, di gelati e granite, di anguria, di donne generose vestite in modo succinto, di serata trascorse in piazza fino a tardi, sui tavolini del bar a discutere di mille cose; abbiamo voglia di stancarci del caldo e desiderare una pioggia d’agosto, di quelle che appena finite ritemprano la temperatura, ma anche lo spirito.
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