La prima cosa che viene da chiederti mentre percorri l’erto sentiero che ti conduce in quel luogo è la seguente: “… ma è mai possibile che uomini e donne di ventidue/ventitre secoli fa erano così diversi da noi da affrontare una prova così dura per assistere ad uno spettacolo teatrale?”; si, ma poi, appena giunti, la suggestione di quelle pietre e lo sguardo che spazia su un panorama mozzafiato fanno passare in second’ordine la domanda che ti eri posto.
La scoperta o, se vogliamo, la riscoperta avvenne nell’anno 2000 ed è dovuta al prof. Nicolino Lombardi di S.Potito Sannitico, dirigente scolastico dinamico, appassionato di volo ultraleggero e di foto aeree. In una mattina particolarmente tersa, dal minuscolo abitacolo ebbe l’intuizione e cominciò a scattare, e dopo, in studio l’esame più attento delle immagini confermò che qualcosa di importante stava per ritornare alla luce.
Il Teatro Tempio San Nicola, in agro del comune di Pietravairano venne costruito presumibilmente in età Romana-Repubblicana ( quarto/quinto secolo a.C.) ed è unico nel suo genere sopratutto per il suo posizionamento in altura. Si tratta di un complesso di fortificazioni di varia tipologia e grandezza con mura in opera poligonali che si caratterizzano lungo le dorsali ad una quota che va dai 300-600 metri. Arroccate su posizioni elevate esse dovevano rappresentare l'elemento più caratterizzante del paesaggio antico, perlomeno in epoca preromana. Le dimensioni del complesso archeologico non sono molto grandi, ma comunque in grado di porre allo studioso o al semplice visitatore, come il vostro blogger scribacchiante, innumerevoli domande, fra le quali quella di cui vi parlavo all’inizio dell’articolo.
La tipologia della parte inferiore è chiaramente quella di un teatro le cui gradinate si trovano in uno stato di conservazione variabile dal buono, al discreto, al completamente cancellato; gli ordini di gradini sono una quindicina circa, il settore meglio riconoscibile è rappresentato dall'edificio scenico, la tecnica edilizia impiegata sembra essere “ad opera incerta”, realizzata con scapoli di calcare locale, di grosse e medie dimensioni, appena sbozzati, uniti da tenace malta, rappezzati con rari blocchi di tufo.
A ragion veduta, bisogna comunque dire che lo sforzo fisico necessario a raggiungere il sito è ampiamente ripagato dalle emozioni che vi si vivono. Personalmente, da profano di queste cose, mi sono fatto l’idea che l’orografia del luogo, nei tempi in cui il teatro funzionava doveva essere ben diversa: forse il complesso edificio doveva sorgere al centro o ai margini di un ampio pianoro che ospitava anche un villaggio fortificato, e che tale morfologia è stata stravolta nel lungo lasso di tempo che è intercorso, per l’effetto di cataclismi di varia natura (frane e terremoti). Quanto possa essere verosimile tale ipotesi non lo so, compito di chi mi legge confermarla o confutarla ma, a poche ore dalla visita, rimane in me un senso di meraviglia e di stupore positivo nel pensare a quanto questo ritrovamento contribuisca alla convinzione di un’antica civiltà nell’alto casertano, la nostra, non solo dedita alla pastorizia, all’agricoltura ed alle armi, ma dotata di un culto del bello assolutamente singolare per il tempo che viveva.